Pensioni: non presentare questo documento entro fine ottobre ti costa fino a 1800 euro

Pensioni: non perdere la scadenza di fine ottobre per la presentazione di un documento fondamentale, rischi di perdere fino a 1800 euro. Scopri cosa fare subito per evitare penalizzazioni.

Chi punta alla pensione anticipata nel 2026 ha una scadenza che non può permettersi di ignorare: entro fine ottobre 2025 va presentata all’INPS la domanda necessaria al riconoscimento del diritto e/o la domanda di pensione.

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Pensioni: non presentare questo documento entro fine ottobre ti costa fino a 1800 euro (design.rootiers.it)

Saltare questo passaggio in tempo utile può tradursi in ritardi di mesi sull’erogazione dell’assegno, con un mancato incasso che, nella prassi segnalata, può arrivare a 1.800 euro o più. Il nodo è la cosiddetta “finestra mobile”, il periodo di attesa che intercorre tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza effettiva del trattamento.

Che cos’è la finestra mobile e perché incide sulle pensioni

La finestra mobile è il meccanismo che posticipa l’inizio dei pagamenti rispetto alla data in cui si raggiungono i requisiti per la pensione anticipata. In pratica: maturi i contributi richiesti, presenti la domanda, ma l’assegno parte dopo un certo numero di mesi. Se non avvii le pratiche entro i tempi indicati dall’INPS, la decorrenza slitta ulteriormente e i mesi persi non vengono recuperati. Da qui il rischio concreto di rinunciare, di fatto, a una o più mensilità.

pensionati parlano dei documenti per la pensione
Che cos’è la finestra mobile e perché incide sulle pensioni (design.rootiers.it)

Un esempio pratico rende l’idea: con un assegno potenziale di 900 euro al mese, un ritardo di due mesi nella decorrenza comporta una perdita di 1.800 euro lordi. Se l’importo atteso è più alto o il rinvio supera i due mesi, la somma non incassata cresce di conseguenza. Per questo la finestra mobile va rispettata in modo rigoroso, programmando per tempo l’invio della documentazione.

Secondo il quadro confermato dalla manovra 2026, i canali di uscita anticipata restano in campo con aggiustamenti minimi sui requisiti contributivi. Tra questi, la pensione anticipata ordinaria, con soglie di 42 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 43 anni e 1 mese per gli uomini nel 2026; opzione donna, con regole specifiche di accesso e calcolo; APE sociale, destinata a determinate categorie tutelate; e quota 41, per chi rientra nei criteri previsti.

Al di là delle denominazioni, il punto operativo non cambia: chi desidera la decorrenza nel 2026 deve attivarsi entro ottobre 2025 per evitare scivolamenti della finestra e ritardi nell’erogazione.

Il documento chiave è la domanda all’INPS per il riconoscimento del diritto alla pensione anticipata e, quando richiesto, la domanda di pensione vera e propria. A seconda della misura (anticipata ordinaria, opzione donna, APE sociale, quota 41), può essere necessaria una fase preliminare di verifica dei requisiti e di certificazione del diritto, seguita dalla domanda di liquidazione.

Per ridurre il rischio di intoppi e rigetti, è consigliabile scaricare e controllare l’estratto conto contributivo, verificando eventuali buchi o periodi figurativi non accreditati; predisporre documento d’identità, codice fiscale, IBAN per l’accredito, eventuale documentazione su lavori gravosi/usuranti o periodi riscattati e ricongiunti; acquisire, se necessario, certificazioni mediche e amministrative richieste per APE sociale e altre misure agevolate; verificare la maturazione dei requisiti alla data prevista, considerando eventuali variazioni minime sui requisiti contributivi nel 2026.

Confidare nella decorrenza automatica senza domanda e senza istruttoria, la pensione non viene erogata; sottovalutare la finestra, i mesi di attesa decorrono dalla maturazione dei requisiti, ma ritardi nell’invio della domanda possono spostare in avanti la prima mensilità utile; ignorare discrepanze contributive, un estratto conto con errori può bloccare o ritardare l’istruttoria; aspettare l’ultimo giorno, a ridosso delle scadenze si moltiplicano code, appuntamenti e richieste di chiarimenti.

Per avere un’idea dell’impatto di un ritardo, basta moltiplicare la mensilità lorda attesa per il numero di mesi di slittamento. Con 900 euro lordi, due mesi equivalgono a 1.800 euro; con 1.200 euro, lo stesso ritardo pesa 2.400 euro. La cifra è indicativa e dipende dall’importo dell’assegno e dalla durata dello slittamento, ma rende chiaro perché l’invio della domanda entro ottobre 2025 sia determinante per chi vuole percepire la pensione anticipata nel 2026 senza perdere risorse preziose.

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