La razionalizzazione dei mercati

Una signora scrive una lettera al giornale quotidiano della città in cui opera. Ha un banco al mercato di quartiere, da anni vende i prodotti della sua piccola azienda agricola. Racconta di come, dopo il trasferimento nella nuova sede, gli sia passata la voglia di lavorare: ambiente razionale che ha interrotto tutta la comunicazione del vecchio mercato confuso ed i rapporti con i colleghi vicini, con i clienti, con i passanti si sono drammaticamente abbassati. Mi ricorda subito Barthes ed il suo "parlare all'orecchio del saggio, ma in pieno mercato", il suk, i caffè all'aperto, la piazza, lo struscio al corso.

«Vivo in una società di emittenti (e anch’io lo sono): ogni persona che incontro o che mi scrive, mi manda un libro, un testo, un bilancio, un annuario, una protesta, un invito a uno spettacolo, a una mostra ecc. Il godimento di scrivere, di produrre, preme da tutte le parti; ma dal momento che il circuito è commerciale, la produzione libera rimane inghiottita, sconvolta e come smarrita; nella maggior parte dei casi, i testi, gli spettacoli vanno dove non vengono richiesti; incontrano, per loro disgrazia, delle “relazioni”, non degli amici, e ancor meno dei partner; il che fa sì che questa specie di eiaculazione collettiva della scrittura, nella quale si potrebbe vedere la scena utopica d’una società libera (in cui il godimento circolerebbe senza passare attraverso il denaro), degenera oggi in apocalisse».

Roland Barthes.