Serramenti e decoro architettonico in condominio: fin dove arriva la tua libertà e quando scatta il divieto sancito dalla legge e opponibile dagli altri condomini.
È una domanda che torna ciclicamente nelle assemblee e negli studi legali: posso sostituire in autonomia le finestre del mio appartamento? La risposta, per chi vive in condominio, è più sfumata di quanto si creda. Dentro casa tua sei libero di rinnovare impianti, tinteggiare, cambiare sanitari o sostituire tubazioni senza chiedere permessi, purché non si arrechino danni a parti comuni o a terzi.

Ma quando l’intervento tocca elementi visibili dall’esterno – finestre, portefinestre, scuri, persiane, parapetti e balconi – non puoi fare come ti pare: la legge lo vieta, perché entra in gioco il decoro architettonico dell’edificio. Il decoro architettonico, richiamato espressamente dall’articolo 1122 del Codice civile (opere su parti di proprietà o uso individuale), è l’insieme di forme, colori, materiali, cornici e scansioni che compongono l’immagine esteriore del fabbricato. Non è un concetto estetico soggettivo, ma un bene giuridico comune: l’armonia complessiva che rende l’edificio riconoscibile e coerente.
La giurisprudenza ha ribadito che finestre e balconi, pur insistendo su porzioni di proprietà esclusiva, contribuiscono alla composizione architettonica del fronte. Emblematico il caso dei balconi “aggettanti”: la Cassazione (sent. 24 febbraio 2020, n. 4909) ha chiarito che frontalini, sottobalconi ed elementi decorativi che si inseriscono nel prospetto sono da considerarsi beni comuni, proprio perché partecipano alla fisionomia dell’edificio. In quest’ottica, l’articolo 1102 c.c. sui limiti d’uso delle cose comuni e l’articolo 1122 c.c. vietano al singolo interventi che alterino, anche localmente, la facciata.
Cosa bisogna fare per poter modificare finestre e balconi in condominio
Sul piano condominiale, l’assemblea non deve autorizzare la sostituzione degli infissi interni all’unanimità, salvo che un regolamento contrattuale (approvato all’unanimità) preveda espressamente un obbligo di preventiva approvazione o uno standard uniforme di serramenti. Resta però fermo un duplice onere: il proprietario deve informare l’amministratore prima di iniziare i lavori; e, qualora l’intervento risulti lesivo del decoro, il condominio può agire in giudizio per ottenere la rimozione e il ripristino, con spese a carico esclusivo dell’autore.

Non c’è solo il diritto condominiale. L’intervento sui serramenti tocca anche l’edilizia e, in molti casi, i vincoli. La sostituzione con caratteristiche analoghe, senza modificare disegno, materiali, colori e dimensioni dei fori, rientra di norma nell’edilizia libera (secondo il Glossario approvato con il D.M. 2 marzo 2018 e le prassi comunali).
Se però cambi proporzioni del vano, colori e profili in modo percepibile o incidi sui prospetti, può essere richiesto un titolo abilitativo: CILA o SCIA per la manutenzione straordinaria, fino al permesso di costruire quando vi è modifica dei prospetti ai sensi del D.P.R. 380/2001, con declinazioni regionali e regolamentari.
Ancora più stringenti sono i casi di immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistica (D.lgs. 42/2004). In centro storico o in aree vincolate, la finestra è spesso parte integrante del lessico architettonico locale: profili sottili, essenze lignee, partiture delle specchiature e colori codificati.
Qui la sostituzione richiede l’autorizzazione paesaggistica (ordinaria o semplificata ai sensi del D.P.R. 31/2017) e, se l’immobile è vincolato, il nulla osta della Soprintendenza. Un errato passaggio dal legno mordenzato scuro a un PVC bianco lucido, per esempio, può essere bocciato e ordinato in ripristino.





