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blog di Maurizio Mazzer

Seconda relazione parte 3 (ultima)

Seconda relazione parte 3 (ultima)

 

Francesca Bottaro: Biblioteca

Il lavoro svolto da Francesca è un esempio di come un progetto già sviluppato viene influenzato dall’uso di REVIT. Come più volte sottolineato da Converso il package REVIT lavora per oggetti, oggetti che sono organizzati in un Data Base.

 Il prossimo corso guadagnerebbe in chiarezza se ai discenti verranno forniti i rudimenti sui Data Base: cosa sono ? Perché il loro uso ha rivoluzionato molti settori dell’economia ? Mi risulta che ai discenti della nostra facoltà non viene somministrato alcun corso relativo ai Data Base.

L’innesto di REVIT nel progetto di Francesca ha messo in evidenza punti di forza e punti di debolezza. L’oggetto “Biblioteca” ha subito una profonda trasformazione dopo l’introduzione dell’energia elettrica come medium illuminotecnico.

Sarebbe una esercitazione interessante progettare una biblioteca che non utilizza l’energia elettrica per fornire i device illuminanti (solo l’illuminazione solare per la lettura) e nel seguito trasformare la biblioteca introducendo device che sono alimentati da energia elettrica.  

I tentativi per l’uso di un curtain wall ha messo in luce i limiti dei modi di pensare l’architettura praticati dai discenti. REVIT semplicemente bandisce l’uso pittorico del discorso architettonico, non lo ammette come strumento di progettazione; REVIT impone, di volta in volta, l’uso di famiglie di oggetti da un menù di famiglie parametrizzate, ovvero REVIT assume che il progettista conosca nei dettagli le varie opzioni relative ad un curtain wall, ovvero assume che il progettista conosca di quali componenti un curtain wall è composto, come si dimensionano, e come si montano: nulla di arbitrario. Quindi fare architettura equivale a giocare con la scatola delle costruzioni ?

Nulla di più lontano dalla realtà. Purtroppo la nostra Facoltà è ambigua al riguardo e non si sforza di “disambiguare” l’agire della disciplina architettonica. Molte volte ho visto i discenti navigare nel WEB, copiare immagini di una costruzione assemblata in qualche punto del nostro pianeta e riproporla al docente, con qualche modifica, durante il corso immaginando di aver compreso l’edificio semplicemente dopo aver guardato alcune foto ed eventuali piante.

Tale modo di fare mi suggerisce che il discente non ha capito un acca della disciplina “architettura”. A parte il fatto che senza una ispezione diretta del manufatto nessuna persona è in grado di comprendere il manufatto stesso, l’esame della sola documentazione tecnica aiuta ad iniziare una riflessione sul manufatto. La disciplina architettonica è processo (ideativo, normativo, costruttivo, ecc.),  prodotto (cantiere, fondazioni, infrastrutture, edifico a vista diretta, ecc) ed uso del manufatto architettonico (quali popolazioni lo usano, come lo usano, quando lo usano, quali futuri usi sono previsti, ecc.). Per semplificare il discorso non accenno al contesto nel quale il manufatto è stato ideato e collocato, argomento sul quale sono stati scritti migliaia di volumi.

Guardare alla singola foto di un manufatto è equivalente a considerare una singola strada nel contesto urbano ed equivale a guardare ad un singolo pixel di una immagine: si commette lo stesso errore!

Tornando all’esempio della nostra biblioteca una buona scelta didattica consiste nell’elencare cosa è vietato e cosa è permesso in una biblioteca, come utilizzare la luce solare senza incappare nell’abbaglio (il prof. Bianchi insegna che leggere un testo con la luce solare diretta equivale a rovinarsi gli occhi ed a rovinare il teso), come integrare funzioni contrapposte nello stesso ambiente. In una biblioteca la lettura dei testi impone zone di silenzio quasi assoluto, zone ove i libri vengono consultati “spot” e zone attrezzate per leggere le riviste (zone con brusio ammesso), zone attrezzate per consultare i cataloghi e chiedere aiuto ai bibliotecari (zone con parlato ammesso). Progettare queste zone è un esercizio astratto e tale fase richiede l’uso di strumenti matematici astratti (grafi, diagrammi, concept, ecc.). I discenti quindi devono essere abituati all’uso di questi strumenti matematici e devono comprendere che la progettazione parametrica è lo strumento adatto, l’unico che permette al progettista di passare dalla fase astratta ai prototipi di manufatti architettonici.

 

Un altro aspetto importante affrontato da Francesca è l’arredo della biblioteca, al riguardo ha usato istanze di famiglie disponibili ed ha fatto esperienza delle loro potenzialità e dei loro limiti cercando di adattarle al contesto da lei progettato. Purtroppo non ha considerato la gerarchia imposta dalle funzioni.

Elenco in ordine di importanza decrescente le funzioni: conservazione dei testi e del materiale vario, lettura, condizionamento per le persone, consultazione dei testi e degli archivi, prestito e restituzione. Ebbene a parte le sedie di cui abbiamo a disposizione una lista infinita una biblioteca richiede un arredo fatto su misura ben diverso da quello utilizzato in un negozio, arredo che deve soddisfare vincoli di budget e vincoli illuminotecnici, arredo che deve permettere l’uso di strumenti classici (la penna ed i fogli per le note) e strumenti informatici (pc, scanner, stazioni di lavoro multimediali). L’arredo ed i corpi illuminanti devono essere robusti e funzionali, l’aspetto estetico ha bassa priorità nella scelta del progettista ed i vincoli visivi restringono le scelte possibili. Colori sgargianti, superfici riflettenti, strutture sghembe e strutture che producono riverbero acustico devono essere bandite: i discenti possono immaginare un biblioteca come una chiesa laica, uno spazio dove le conoscenza è prodotta.

 

Miguel Reyna :Parapetto rigato

Per questo progetto Miguel ha utilizzato il package Grasshopper plugin gratuito di Rhinoceros; questo package ha una interessante interfaccia grafica ma ovviamente questo non basta a rendere più facile lo sviluppo di un progetto. L’obiettivo di Miguel era assemblare un prototipo in scala di un parapetto utilizzando una macchina a controllo numerico per il taglio di alcuni componenti. Tre errori hanno obbligato Miguel a svolgere un lavoro continuo di rettifica sul programma preparato con Grasshopper; il primo errore è stato un errore di metodo, il secondo un errore di errata previsione della forma di alcuni componenti (le strisce) , il terzo errore è stato causato dalla mancata conoscenza delle fasi di assemblaggio che un parapetto richiede.

 

Partiamo da questo ultimo errore. La forma molto interessante proposta per il parapetto richiede l’uso dell’acciaio quale materiale costruttivo, legno ed altri materiali sintetici devono essere esclusi in quanto un parapetto è una barriera che deve prevenire cadute accidentali. Le “strisce” saranno quindi ricavate dal taglio di una bandella flessibile, la bandella verrà saldata alla componente “attacco a terra” del parapetto, tale componente verrà chiamato base per comodità e nel caso reale sarà costituita da uno scatolare in acciaio, di sezione rettangolare, ancorato a terra.

La base non richiede parametrizzazione essendo la sua forma rettilinea, la distribuzione degli attacchi tra la base e le strisce (saldate nel caso reale) è stata giustamente parametrizzata per avere a disposizione gradi di libertà sulla forma del parapetto. Per scelta del progettista gli incastri tra bandelle e base sono paralleli all’asse longitudinale della base. Il corrimano del parapetto è di forma ondulata e per eseguire l’ancoraggio tra le strisce ed il corrimano nel caso reale dovranno essere praticati tagli passanti che accolgono la bandella (le strisce). La bandella verrà saldata alla faccia inferiore e superiore del corrimano ondulato, le successive operazioni di levigatura, pulitura e trattamento delle superfici interessano solo per la stima del costo totale del parapetto. La distribuzione dei tagli passanti del corrimano è stata correttamente parametrizzata ed è stata introdotta la rotazione delle bandelle tra la base ed il corrimano.

Veniamo al primo errore: errore di metodo. Miguel doveva semplicemente descrivere il suo design usando poche equazioni matematiche: la distribuzione degli incastri alla base, la forma del corrimano, il suo posizionamento nello spazio, la distribuzione dei tagli nel corrimano. Con semplici metodi di geometria analitica in 3D avrebbe definito un set di equazioni parametriche delle entità sinora descritte, entità che Miguel ha cercato di rappresentare utilizzando un package non adeguato, sovradimensionato rispetto il suo obiettivo, ovvero Grasshopper. Utilizzando semplice geometria analitica ed un semplice programma di calcolo come excel avrebbe, con poche ore di lavoro definito la lista dei componenti da tagliare, la posizione delle asole ed evrebbe eviato di commettere il secondo errore.

Le coordinate degli estremi delle asole che accolgono una singola bandella, senza bisogno di descrivere analiticamente la curva che i lati lunghi della bandella forma nello spazio quando viene “torta”avrebbero evidenziato la impossibilità di usare un nastro non elastico nel prototipo in scala che Miguel voleva assemblare.

Concludo questa relazione ricordando che il primo strumento che deve essere utilizzato quando si vuole sviluppare un design parametrico è la matematica, ovvero la piattaforma più potente che abbiamo a disposizione.

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