Da oggi non puoi più parcheggiare davanti al tuo garage: la sentenza cambia tutto

La Cassazione ha deciso che non puoi più parcheggiare davanti al tuo garage: ecco perché.

Hai sempre parcheggiato davanti al tuo garage credendo, quasi legittimamente, di poterlo fare perché era una tua proprietà? Ogni volta che non ti andava di mettere l’auto in garage o quando non trovavi altro posto, lasciavi il tuo veicolo là, senza temere nulla?

garage
Da oggi non puoi più parcheggiare davanti al tuo garage: la sentenza cambia tutto Design.rootiers.it

Ma ecco che cambia tutto: una sentenza ha deciso che da oggi non puoi più parcheggiare davanti al tuo garage. Ecco cosa cambia, perché e cosa rischi.

Perché non puoi più parcheggiare davanti al tuo garage?

Una decisione di legittimità destinata a ridisegnare le abitudini in migliaia di cortili condominiali: parcheggiare davanti al proprio garage, nello spazio che si affaccia su un’area comune, non è un diritto “naturale” del proprietario del box. Lo diventa solo se è previsto espressamente nel rogito o comunque in un titolo scritto che attribuisca in modo chiaro e inequivoco un uso esclusivo.

porta del garage
Perché non puoi più parcheggiare davanti al tuo garage? Design.rootiers.it

In assenza di tale previsione, l’assemblea può vietare la sosta su tutto il cortile, senza che nessuno possa rivendicare una deroga personale in virtù del possesso del box. Il principio è stato ribadito in una recente pronuncia della Suprema Corte, che mette un punto alle interpretazioni più elastiche della consuetudine condominiale: il fatto che “da sempre” qualcuno abbia parcheggiato davanti alla propria serranda non crea un diritto, se i documenti di proprietà indicano quell’area come bene comune e non contemplano servitù o attribuzioni di uso esclusivo.

La vicenda-tipo che emerge dai tribunali è nota a molti condomini: un proprietario di appartamento con box, abituato a fermare l’auto davanti al garage, si oppone a una delibera che vieta la sosta nel cortile. Ritiene di avere un vantaggio acquisito, talvolta sostenendo che le spese per il passo carrabile giustifichino la sosta.

Ma per i giudici la spesa per il passo carraio riguarda la possibilità di accesso e transito, non un diritto di occupazione esclusiva di suolo comune. Il nodo sta nella distinzione tra regolamentare l’uso del bene condominiale e trasformarne una porzione in appannaggio privato: nel primo caso basta una delibera legittima; nel secondo si crea una vera e propria servitù, che richiede il consenso unanime di tutti i comproprietari e un atto scritto.

Questa cornice giuridica ha ricadute molto concrete. In primo luogo, gli amministratori non sono tenuti a tollerare “parcheggi di cortesia” davanti ai box se l’assemblea ha vietato la sosta; anzi, hanno il dovere di far rispettare il regolamento, anche mediante sanzioni nei limiti di legge. In secondo luogo, i proprietari di box devono distinguere tra la possibilità di fermarsi per il tempo strettamente necessario a carico e scarico o per manovra, compatibilmente con il regolamento, e l’occupazione prolungata del cortile, che è altra cosa e, in mancanza di titolo, è vietabile.

garage di una villetta
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La giurisprudenza sottolinea un messaggio di fondo: gli spazi comuni appartengono a tutti i condomini e la loro destinazione non può essere alterata a favore di uno solo senza un accordo espresso. Attribuire a un singolo un “posto fisso” su area comune non è una semplice prassi organizzativa, ma un vincolo reale che incide sulla proprietà degli altri. Per questo la legge, allineandosi a un principio di tutela della collettività, pretende l’unanimità per costituire servitù o diritti esclusivi sul bene comune.

Sul fronte opposto, sono considerate pienamente legittime le delibere che impongono il divieto generale di sosta per preservare sicurezza, accessi di emergenza e fluidità di manovra. Il cortile, infatti, resta utilizzabile per le funzioni coerenti con la sua natura: transito pedonale e veicolare, accesso ai garage, carico e scarico nei tempi tecnici, manutenzioni. Ciò che viene esclusa è l’occupazione stabile dello spazio, che impedisce ad altri di fruirne.

Per chi compra o vende immobili con box, la sentenza suona come un invito alla diligenza: non basta “darsi la parola” tra vicini o fare affidamento su abitudini consolidate. Occorre verificare gli atti: rogiti, regolamento condominiale di natura contrattuale, eventuali mappe o planimetrie che attribuiscano diritti esclusivi, patti integrativi approvati all’unanimità. Se nulla di tutto questo esiste, la pretesa al parcheggio davanti alla serranda non ha fondamento.

Gli amministratori, dal canto loro, sono chiamati a una gestione chiara e comunicativa. Un regolamento ben scritto, cartellonistica visibile e una prassi coerente nel far rispettare le regole aiutano a prevenire contenziosi. In molti stabili, per esempio, si adottano soluzioni intermedie: tempi massimi di sosta per operazioni di carico e scarico, aree di fermata breve tracciate a terra, rotazione di spazi temporanei nei periodi di punta. Sono scelte che rientrano nella discrezionalità assembleare, purché non sfocino nell’assegnazione esclusiva di porzioni del bene comune senza l’unanimità.

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