Quando si vende la prima casa, capire se la plusvalenza è tassata può cambiare tutto. Tempo di possesso, residenza reale e scelte fiscali fanno la vera differenza
Vi è capitato sicuramente e se non vi è capitato vi capiterà. Volete comprare casa e decidete di vendere la vostra, magari grazie a un upgrade economico che vi consente di migliorare in tempi stretti. E lì, all’improvviso, qualche amico più informato di voi vi pronuncia la fatidica parola: plusvalenza.
In realtà la parola fatidica è tasse, quelle che si devono pagare in alcuni casi quando si vende la prima casa. È un tema che sembra complicato, ma in realtà si può spiegare con chiarezza, soprattutto alla luce delle norme attuali. Andiamo ad esaminare insieme la situazione per cercare di venirne a capo.
Intanto che cos’è la plusvalenza? Per plusvalenza immobiliare si intende il guadagno ottenuto tra il prezzo di acquisto e quello di vendita di una casa. Se compri a 150.000 euro e rivendi a 200.000, la differenza – 50.000 – è la plusvalenza. Non sempre però questo guadagno viene tassato. Dipende da due fattori: da quanto tempo possiedi l’immobile e come lo hai utilizzato.
La regola più semplice è questa: se sono passati più di cinque anni dall’acquisto, puoi vendere senza preoccuparti di tasse sulla plusvalenza. Vale per tutte le abitazioni, non solo per la prima casa. È un incentivo pensato per scoraggiare le compravendite speculative a breve termine.
E se vendi prima dei cinque anni? Qui le cose si fanno più delicate. La vendita entro cinque anni comporta tassazione sulla plusvalenza, ma solo se l’immobile non è stato abitazione principale per la maggior parte del periodo di possesso.
Se ci hai vissuto davvero, con residenza e vita quotidiana dimostrabile (utenze, consumi, corrispondenza), non pagherai nulla. Se invece la casa era un investimento, o non è stata mai la tua residenza abituale, allora la plusvalenza è tassata.
Oggi la tassazione può avvenire in due modi:
La plusvalenza tassabile non è solo la differenza secca tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto. Puoi sottrarre tutte le spese documentate: imposta di registro o IVA versata all’inizio, parcella del notaio, provvigioni dell’agenzia, eventuali lavori di ristrutturazione certificati. Questo dettaglio spesso fa la differenza tra pagare e non pagare.
Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate e la Cassazione hanno ribadito che non conta l’intenzione di speculare: ciò che conta è l’uso effettivo dell’immobile. Chi ha usufruito di bonus edilizi importanti (come il Superbonus) e rivende a breve potrebbe trovarsi a dover giustificare il guadagno extra, soprattutto se la casa non è stata realmente abitata.
Capire come funziona la plusvalenza sulla prima casa evita brutte sorprese e permette di scegliere con calma la soluzione fiscale migliore. Parlare con il notaio prima di firmare può fare la differenza, soprattutto se si vuole approfittare dell’imposta sostitutiva e chiudere subito ogni questione con il Fisco.
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