Un dialogo in rete, che va oltre lo spazio e il tempo, colpisce la mia attenzione.
I protagonisti di questo botta e risposta sono due figure distinte che s’incrociano nella comune indagine sulla relazione tra architettura e produzione: Greg Lynn e Le Corbusier.
Una prima domanda mi sorge spontanea:
Se Le Corbusier avesse avuto gli strumenti che la rivoluzione digitale oggi ci mette a disposizione, si sarebbe avvicinato alla posizione di Greg Lynn che afferma che la sua architettura può essere allo stesso tempo sia di serie che personalizzabile? Un’architettura basata su un sistema che stabilisce un set di variabili nella definizione del progetto, come si può rapportare al concetto di standard?
Forse per capire meglio, dovrei inizialmente chiedermi in cosa consista realmente questa rivoluzione digitale, che secondo il professor Gargano, potrebbe essere posta allo stesso livello di rottura che apportarono le regole della prospettiva nel processo progettuale di un architetto.
Una cosa è evidente: con la continua nascita di nuovi software l’architettura è protesa verso il digitale. Ma questo cosa implica? Cambiamenti.
Cambiamenti nella strumentazione e anche nel modo di ragionare, sia nella fase progettuale, che in quella produttiva. I metodi tradizionali di costruzione possono essere ora contrastati da una produzione basata sulla creazione di prototipi prefabbricati di elementi architetturali.
Il processo design-build, è radicalmente modificato, iniziando ad esempio anche dallo sfruttare il digitale per cercare di interagire con l’aumento costante del numero degli “attori” che sono coinvolti in questo processo. Il computer ha permesso all’architetto di ripensare al processo progettuale, anche in termini di procedure e di avere risultati non ottenibili con le convenzionali metodologie di progettazione e costruzione.
Come intendere quindi il digitale? Come una rottura? O come uno step ulteriore all’interno di un lungo processo, che permette anche all’architetto stesso di arrivare fino all’ultimo, ovvero la produzione?
Basti semplicemente pensare agli SHoP architects, che alla presentazione di un progetto, oltre alla convenzionale documentazione cartacea, con piante, prospetti e sezioni, aggiungono disegni che sono strettamente collegati alla reale esecuzione del progetto. Presentano, infatti, strategie e procedure di assemblaggio, tabelle, sequenze di montaggio, esplosi assonometrici, diagrammi, interamente estratti dai modelli digitali e che non possono essere considerati solamente strumentali. E’ forse qui che si manifesta la vera essenza di questi progetti, piuttosto che nelle viste 3d?
E’ questa la rottura? Forse ci sto arrivando…
Tutte queste sperimentazioni digitali permettono la customizzazione dei componenti costruttivi, e la creazione di un processo che va dalla modifica di elementi standard, al loro assemblaggio in configurazioni non standard, fino ad arrivare a una produzione unica, ma soprattutto che mantiene alta l’attenzione al budget!
L’esempio dell’installazione Dunescape rende evidente il concetto: il processo del “contouring” permette di generare una serie continua di sezioni parallele di un corpo dalla geometria dinamica in continuo cambiamento, grazie al quale ne è possibile la riproduzione, utilizzando stecche standard di legno, ricomposte grazie a uno schema molto complesso di assemblaggio, prodotto dagli stessi progettisti.
Tutto ciò mi riporta a riflessioni addirittura filosofiche: è possibile quindi generare la varietà attraverso la combinazione infinita di particelle elementari? Il combinarsi di queste, permette di generare l’opposto all’uniformità dell’atomo di partenza.
Forse è qui che volevo arrivare.
La generazione delle infinite variazioni.
Tornando all'inizio: Un’architettura basata su un sistema che stabilisce un set di variabili nella definizione del progetto, come si può rapportare al concetto di standard?
La rottura potrebbe essere quindi riconosciuta nella consapevolezza che oggi l’architetto ha nei confronti della flessibilità del progetto, con le sue infinite variabili, parametri, cambiamenti che rendono il progetto più complesso, ma che il digitale permette in qualche modo di gestire.
Partendo da un elemento di base, il software parametrico, permette di gestire le infinite variazioni di un determinato dettaglio, e di arrivare a una produzione seriale di elementi sempre diversi, con il presupposto di mantenere gli stessi costi di produzione di una produzione in serie di elementi non variabili.
Consapevolezza che determina ulteriori cambiamenti. Sono affascinata dalla messa in discussione della figura dell’architetto, sempre stata protagonista di dibattiti, a partire dal suo significato etimologico, che lo vede come “tecnico-operaio” della costruzione, fino ad arrivare alle varie interpretazioni del suo ruolo, un demiurgo che rivela-manifesta, che pro-duce la manifestazione dell’idea presupposta, che pro-getta ovvero che getta fuori, verso la fabbrica, l’idea. Insomma una figura chiave, tra ratiocinatio e fabrica, ma che oggi grazie a questa “rivoluzione”, dispone di uno strumento, che è il digitale, che gli permette di effettuare una più accurata sperimentazione e esplorazione, per raggiungere un approccio progettuale e produttivo molto più flessibile.
"Quando il risultato guida il processo, andremo sempre e solo dove siamo già stati.
Se, invece, il processo guida il risultato, potremmo non sapere dove stiamo andando, ma sapremo di essere nella direzione giusta."
Bruce Mau, Incomplete Manifesto for Growth, 1998
dECOi Architects - One Main Street
(uno dei gruppi di progettisti presenti nella mostra "Architectures non-standard" allestita al Centre Pompidou nel 2004)
Tesi pubblicata nella rivista Architectural Magazine
The New Non Standard, by Johnatan Enns
FONTI BIBLIOGRAFICHE:
Shop Works - Collaborazioni costruttive in digitale - Stefano Converso (Edilstampa, 2008)
Forma e materia - Ratiocinatio e Fabrica nell'architettura dell'età moderna - Maurizio Gargano (Officina Edizioni, 2006)
The Autopoiesis of Architecture - A new framework of Architecture - Patrik Schumacher (John Wiley and Sons Ltd Publication)
WEB:
EXTENDED PLAY - Verso un modo di produzione non standard
EXTENDED PLAY - Dialogo trans storico fra Le Corbusier e Greg Lynn