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Ratiocinatio e Fabrica – Forma e materia

 

Ratiocinatio e Fabrica – Forma e materia

 

Il sapere dell’architetto è ricco degli apporti di numerosi ambiti disciplinari e di conoscenze relative a vari campi, e al suo giudizio vengono sottoposti i risultati prodotti dalle alte tecniche. L’attività legata a tale sapere risulta da una componente teorica e da una pratica. L’aspetto pratico consiste nell’esercizio continuato e consumato dell’esperienza, mediante il quale qualsiasi realizzazione si debba eseguire viene eseguita manualmente, plasmando la materia secondo un disegno prefissato, mentre la riflessione teorica è in grado di render conto e dare dimostrazione dei manufatti realizzati dall’abilità tecnica mediante il calcolo delle proporzioni.

Viruvio Libro I “de architectura”

 

Già Vitruvio innesca l’intreccio dialettico tra ‘forma’ e ‘materia’ un interrelazione che scandisce tutta la storia del fare Architettura e del essere architetto. Architetto! Un ruolo professionale che con Vitruvio ha i suoi inizi e riflessioni teoriche su chi e la figura dell’Architetto in opposizione al riduttivo e tradizionale ruolo di Practicus o dell’Aedilis. Che erano comunque figure professionali specializzate ma che appartenevano alle Arti meccaniche e non alle Arti figurative.

Un architetto, per Vitruvio, e colui che sa di forma e sa plasmare e sottoporre a forma la materia trasfigurando il suo aspetto naturale degli stessi materiale che intende o deve impiegare.

 

Architetto – continua Leon Battista Alberti – chiamerò colui che con metodo sicuro e perfetto sappia progettare razionalmente e realizzare praticamente, attraverso lo spostamento dei pesi e mediante la riunione e la congiunzione di corpi, opere che nel modo migliore si adattino ai più importanti bisogni dell’uomo. A tal fine è necessaria la padronaza delle più alte discipline.

 

La figura del architetto e quindi quella del intellettuale con un bagaglio culturale e artistico, capace di “plasmare la materia”.

Secondo Maurizio Gargano.  Creare un architettura dai connotati formali consoni, sintoni, cioè con le aspirazioni di una committenza che, attraverso l’investimento di capitali, consente la realizzazione di un progetto altrimenti destinato a rimanere su carta. Creare un architettura “stimata” apprezzata, che ha un prezzo con ciò che sostanzia e che risulta garantita nella sua realizzabilità proprio in virtù di una configurazione formale adeguata alla domanda della propria committenza. Una configurazione che solo una persona colta, un Architetto, è in grado di cogliere e garantire, specialmente quando mutano, i bisogni e le esigenze della committenza.

 

L’Architetto è come il dirigente di una orchestra, che non e il professionista di ogni strumento, ma che ha le conoscenze giuste per organizzare e dirigere nel armonia perfetta tutti i strumenti nel esecuzione della sinfonia….
Ecco perche a mio avviso Mies van der Rohe dice “L’Architettura è espressione della volontà di un’epoca e rappresenta i valori di quell’epoca e degli uomini che vivono in essa”.
Perche l’Architetto, il “Dirigente”, incanala tutte le voci del espressione umana nella FORMA e nella MATERIA. L’Architettura quindi e la forma d’arte che meglio rappresenta la tracia incontestabile del espressione e della volontà umana di un epoca.

L’artista – dice Frank Lloyd Wright – non deve semplicemente comprendere lo spirito del suo tempo ma deve dare inizio al processo di cambiamento di tale spirito.

 

L’Intellettuale professionista Moderno, l’Architetto moderno quindi, deve avere la capacità di interpretare la discrezionalità dei bisogni della committenza e la capacità di saper cogliere e di dare-forma a quella “novitas”che già Leon Batista Alberti ricercava, dare forma a quel nuovo per cui non è più sufficiente la tradizione, il sapere tradizionale di mastro artigiano.

Secondo Maurizio Gargano nel Forma e Materia. Un architetto moderno, e capace di immaginare una nuova forma: in grado di porre in immagine, di dare-forma visibile ai desideri e ai bisogni concreti di una committenza che intende appartenere al mondo attraverso nuovi modi d’essere. Una committenza che, nell’appartenere al mondo, vuole farsene attiva e innovativa protagonista. E che ha bisogno di un architetto che riesca a rispondere puntualmente a una domanda di forma, che riesca a offrire un’adeguata soluzione formale a un ideale bisogno, quando questo si traduce in una richiesta concreta di architettura. La puntuale discrezionalità di un architetto moderno si dà attraverso l’abilità di mostrarsi come anello congiuntivo tra committenza e maestanze attive nel settore edile. Ma mostrandosi pure come unico e indiscutibile responsabile del processo ideativo-creativo di un’architettura: anello iniziale e inevitabile dell’altrettanto indissolubile catena progettuale e costruttiva che lega insieme i molteplici attori del fare-architettura nelle fasi meramente operative. Responsabile della forma più che mero responsabile della materia.

 

In un età contemporanea, con l’evoluzione della informatica, sembra che si cerchi di più una presunta ‘libertà’ in luogo di una utopistica ‘uguaglianza’, i pionieri della ‘architettura digitale’ riproporranno la questione del rifiuto dello standard propagandando l’idea di poter gestire, attraverso l’uso del computer, un processo di progettazione interattivo con chi deve usare l’architettura. Effetto di questa tendenza è il conseguente impegno rivolto all’indirizzo della progettazione di “software” in cui l’architetto contemporaneo mette a disposizione del singolo cliente un sistema che possa consentirgli di scegliere ciò che lo aggrada attingendo a una serie infinita di configurazioni.

In questa ricerca di questo genere di progettazione digitale interattiva, sono impegnati architetti o studi associati come: Shop, Greg Lyn, Asymptote o Ram + Tv.

La realtà virtuale dei modelli digitali non-standard suggeriti dalla rivoluzione informatica, come suggeriscono delle ricerche di Greg Lyn interessante non tanto alla forma del prodotto in serie quanto alla differenza formale fra i prodotti industriali di una stessa serie, senza incremento di costi. Oltre alla dialettica tra standards tradizionali e nuove standardizazioni non-standard

 

(Kurt M. Forster. Giornale dell’Architettura (luglio/Agosto 2004))

“Gli ordini classici, i principi statici dello spazio assoluto, non hanno più senso in una realtà del caos, del flusso, dello spazio incurvato”

 

In assenza di materiali adeguati a una puntuale costruzione effettiva delle “fluide” o “liquide” immagini virtualmente ideate-progettate con i nuovi ‘media’ nell’attesa di una materia consona alla nuova forma. in ogni caso non può essere ignorata una realtà tutt’altro che marginale per la storia futura di una disciplina quale è quella dell’architettura: lo stimolo che proprio la ricerca formale, prodotta dalla cosiddetta “dicitalizzazione” dell’architettura, potrà produrre in ambito tecnologico. Si sta assistendo e per la prima volta nella storia della disciplina architettonica a una inbversione di tendenza:non più architetti che producono architettura plasmando la materia a disposizione (sia sfrutando o forzando i tradizionali materiali construttivi disponibili, sia sperimentando le possibilità offerte da materiali provenienti dai più diversi laboratori tecnologici) ma un idea di forma, un “pensiero delle forme” che potrebbe addirittura stimolare e orientare proprio la ricerca tecnologica verso la messa a punto di materiale adeguati a quelle forme ‘digitali’. Forme che si renderanno inevitabilmente necessarie per soddisfare una committenza che verosimilmente avrà bisogno di nuovi universi formali e di nuove concezioni dell’abitare. Ma per un’aggettivazione effettivamente degna di questa fase di “Metamorfosi” e in attesa di ‘nuovi’materiali che diano ‘nuova tettonicità’ a questo universo formale.

In appropriata risulta, dunque, la definizione di architettura per simili ricerche o espressioni formali. È il caso di accantonare la classica definizione di architettura a favore di una appellativo più appropriato a questo nuovo genere di ricerca etica e formale: “Morphetica” potrebbe essere allora definita una simile produzione. E “morphetico” sarà l’artefice attento e cosciente a produrre una forma “morphè” richiesta ed apprezzata da quella specifica committenza interessata a tali configurazioni per le finalità più eterogenee o che valuterà come opportune.

Citando Maurizio Gargano, dal suo libro Forma e Materia, nonostante la priorità che gli e dato alla Forma nei confronti della Materia e tenendo anche conto del fatto che al computer – ritenuto il strumento principale della cosiddetta “architettura digitale” – si possa creare qualunque forma, tutto ciò non deve consentire a un architetto di progettare una forma qualunque. Non deve giustificare un aproliferazione di forme aliene dalla possibilità di dare vita a costruzioni reali, a edifici “pensati per essere usati”, a edifici progettati pensando “ai bisogni ma anche ai desideri di chi userà quegli spazi”, ricordando quanto sostenuto da Ellen Van Loon dello Studio OMA. Forme reali e non virtuali. Architetture che diano forma concreta ai reali “bisogni” e ai “desideri” ideali di quella committenza che “userà quegli spazi” e che ne farà esperienza anche dall’interno.

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