blog di Livia Gangarossa

considerazioni sulle ultime lezioni

 

Nelle ultime due lezioni si è affrontato il problema dei costi del recupero e del restauro.

La casa delle armi, opera di Moretti al foro italico, è stata deturpata negli anni ’70-’80 e ad oggi non è più riconoscibile. Inizialmente pur essendo stata ideata utilizzando il cemento armato, la concezione architettonica prevedeva effetti di luce tramite giochi di vuoto.Però a causa di una rifunzionalizzazione non congrua, che non ha tenuto conto dell’idea progettuale iniziale mantenendo solamente l’involucro, si è arrivati ad una clamorosa deturpazione. In questo caso non ci troviamo davanti a un intervento di recupero inteso come l’insieme d’interventi e di trasformazioni che si integrano il più possibile nel rispetto dell’esistente.

Davanti a questi scempi, che non ci offrono più l’idea progettuale iniziale, come si può agire? Le categorie d’intervento da seguire sono molteplici e sono state definite dalla legge 457/78:

  • manutenzione: atto finalizzato al superamento e prevenzione di danni; modifiche materiali e morfologiche
  • conservazione: conferma lo stato di fatto; modifiche materiali ma senza modifiche morfologiche
  • ripristino: ricondurre un insieme a una condizione originaria  
  • restauro: può portare alla costituzione di una diversa situazione materica e morfologica; l’architettura è vista come un’ “opera aperta” disponibile a “interpretazioni”
  • demolizione. 

La scelta però viene dettata ulteriormente da altri fattori, tra i quali, forse il più incisivo di questi tempi: le risorse economiche a disposizione. Un esempio di recupero dettato dalla convenienza economica è lo stadio olimpico, deturpato dall’esigenza di avere uno stadio per i mondiali di calcio del 1990. L’intera struttura è stata demolita, al di fuori della Tribuna Tevere che comunque è stata modificata con l’aggiunta di spalti in legno lamellare. E di fronte a questa deturpazione noi architetti come potremmo agire? Il recupero è proprio impossibile e come afferma Marconi “il cemento armato ha già in se il concetto di demolizione”.  

Fino ad oggi, infatti si è intervenuti su edifici/monumenti utilizzando materiali non idonei alla fabbrica,  non pensando al fatto che anche tali interventi necessitino di manutenzione. Solo con la carta del restauro del 1972 si parla per la prima volta di “reversibilità” nell’intervento.

Quando parliamo di restauro o recupero non possiamo intenderli come operazioni facili da attuare in poco tempo, sono realizzati grazie ad un processo critico e ad un atto creativo e danno forma ad una nuova fruizione. 

Un punto di partenza per qualsiasi tipo di intervento, è il tener conto della storia dell’area e della permanenza, in modo tale da adattare il tipo di interevento stesso ad ogni singolo caso. La permanenza in un certo senso detta delle leggi sul nuovo e nello stesso tempo deve essere animata dalla propria vita e non deve dipendere da ciò che le si addossa. Ma questo non vuol dire che la presenza storica preclude la modernità, bisogna saper leggere e interpretare ciò che ci arriva dal passato in modo tale da valorizzarlo, creando un equilibrio con il nuovo.