Prime impressioni di fattibilità: i casi di Palazzo Massimo alla Terme e della palazzina di Libera a Ostia

Prime impressioni di fattibilità: i casi di Palazzo Massimo alla Terme e della palazzina di Libera a Ostia.

Il Palazzo Massimo alle Terme fu costruito tra il 1883 e il 1887. Il palazzo, che svolse la funzione di collegio d’istruzione fino al 1960, negli anni ottanta è stato acquistato dallo Stato italiano e restaurato per la valorizzazione del patrimonio archeologico di Roma. La sede museale, inaugurata nel 1998, ospita le sezioni di arte antica, numismatica e oreficeria del Museo Nazionale Romano.

I nuovi allestimenti, degli architetti Carlo Celia e Stefano Cacciapaglia, che sostituiscono quelli precedenti dell’arch. Costantino Dardi hanno lo scopo di esaltare le sculture antiche e collocarle nel modo migliore all’interno della nuova sistemazione.

Nel nuovo allestimento i due architetti volendo mantenere leggibile la struttura del vecchio convitto Massimo hanno dovuto ripensare l’organizzazione dello spazio che presentava un’altezza di oltre nove metri.

Per raggiungere questo obiettivo hanno optato per l’utilizzo di un sistema di pannelli, di dimensioni differenti che essendo disposti su piani differenti si rendono permeabili lasciando vedere la struttura di aggancio di questi con le murature,  che unisce insieme la necessità di abbassare la quota e di ospitare i sistemi illuminanti.

Nel progetto al fine di rendere più visibile e far esaltare le opere l’intervento ha riguardato l’introduzione del colore sulle pareti delle sale, con diverse sfumature di grigio.

Nel nuovo allestimento è stato ripensato e rinnovato il sistema di illuminazione anche con l’uso della tecnologia LED che consente di unire allo stesso tempo un miglior effetto visivo delle opere e una  riduzione dei costi di gestione e manutenzione. La luce dei led, infatti, esalta la porosità della materia, lascia emergere le venature del marmo, esalta i panneggi e le ombre creando un’atmosfera magica.

Il  secondo caso riguarda l’intervento di restauro della palazzina di Adalberto Libera a Ostia.

 La palazzina di via Capo Corso uno dei capolavori di Adalberto Libera, un maestro dell’architettura del Novecento, si presentava nel 1933 come un gioiello del razionalismo italiano. Dopo anni a causa della mancanza di manutenzione verteva in un evidente stato di degrado reso ancora più evidente dal disinteresse degli inquilini.

Il recupero dell’opera di Libera si deve all’impegno del Dipartimento di Studi urbani dell’Università Roma Tre, del Prof. Alfredo Passeri unitamente all’opera dell’arch. Roberta Rinaldi.

L’intento è quello, come dichiarato dallo stesso Prof. Alfredo Passeri, di creare un percorso da compiere a piedi, provvedendo al restauro dei beni architettonici presenti ad Ostia.

La prima grande difficoltà incontrata è stata quella di cercare di comunicare ai proprietari dell’immobile la necessità di recuperare il capolavoro dell’architetto trentino.

Il degrado dell’opera era evidente: l’intonaco originario era stato coperto con un intonaco plastico, formato da granuli di quarzo, che non permettendo la giusta traspirazione ha causato il distacco di ampie parti del rivestimento di facciata. Inoltre la salsedine, dovuta alla vicinanza al mare, aveva aggredito il ferro delle ringhiere rendendole non più utilizzabili.

La palazzina presentava, e in alcuni casi presenta ancora, interventi  incongrui compiuti dagli inquilini.

L’intervento quindi si proponeva di ridare all’opera di Libera la sua immagine originaria, quella immagine che ne aveva fatto uno dei capolavori del razionalismo italiano.

 

Dalle problematiche individuate nei due casi appare chiaro l’importanza dello studio di fattibilità che punta ad analizzare la fattibilità economica, organizzativa e tecnica del progetto.

A Palazzo Massimo alle Terme i lavori di Carlo Celia e Stefano Cacciapaglia mirano ad esaltare le opere contenute nel museo ma a causa di problemi economici il nuovo allestimento si è limitato solo ad alcune sale, lasciando nelle altre la precedente sistemazione. Inoltre, l’adeguamento dell’edificio a funzione museale ha comportato, per motivi di sicurezza, l’installazione delle scale di emergenza, che nonostante poste nel fronte meno visibile certo non offrono un contributo estetico positivo all’edificio.

Nella palazzina di Libera invece la prima difficoltà, essendo uno stabile privato, è stata quella di riuscire a comunicare, agli inquilini proprietari dell’immobile, l’importanza di effettuare i lavori. Inoltre nonostante il controllo costante da parte dell’arch. Roberta Rinaldi, a lavoro ultimato, sono emersi diversi difetti che hanno reso necessario interventi puntuali in alcune aree della palazzina.

 

Virgilio Ciancio