Considerazioni sulle lezioni di Estimo svolte finora

 

E’, a mio avviso, molto interessante constatare come ogni lezione finora svolta abbia trattato un tema differente, ma ugualmente pertinente, nell’ambito dell’estimo e del restauro: il progetto di allestimento di un museo,  il restauro ben riuscito di una palazzina significativa come quella di Libera ad Ostia, il recupero invece probabilmente impossibile del Foro Italico, che rappresenta, purtroppo, un esempio di deturpazione di un Bene Pubblico.

Mi ha sinceramente colpito la duplice visita a Palazzo Massimo alle Terme, in cui è stato possibile  capire, grazie alla grande disponibilità degli architetti Stefano Cacciapaglia e Carlo Celia e dell’ingegnere Arianna Vicari, quali siano gli obiettivi  che  si pongono di fronte a chi intraprende un’opera di rifunzionalizzazione, tema caro a noi studenti che abbiamo deciso di fare del Restauro la nostra scelta di vita. E’ infatti innanzitutto indispensabile la lettura e la comprensione del luogo in cui si opera, e trasmettere la sensazione che il manufatto non potrebbe trovarsi in un posto diverso da quello in cui si è scelto di collocarlo ( “bisogna  appaesare l’opera d’arte”, ci disse Carlo Celia ). Non si possono poi certo trascurare i costi di costruzione e di gestione, che devono anche prevedere quelli che saranno i successivi costi di manutenzione, e che, specie in casi come questo, vanno rispettati e mantenuti immutati. Il costo complessivo è stato di poco superiore ai 500.000 € e il lavoro ha riguardato una superficie di 600 mq e circa 70 opere d’arte.

L’intervento nella Sala del Teatro è sicuramente quello che mi ha più affascinato, in quanto ho riscontrato notevoli miglioramenti rispetto alla situazione in cui verteva la stanza prima dei lavori. La maggior parte delle statue si presentava infatti ai visitatori dalla parte posteriore e non era possibile la piena lettura delle sculture, a causa del colore chiaro delle pareti e dei sostegni, che si confondevano con il marmo dei monumenti. Si è così proceduto innanzitutto con l’ideazione di un percorso organico e di una diversa collocazione  delle opere, in modo tale da attribuire ad ognuna di esse il giusto valore. In secondo luogo non solo è stato dato un colore scuro alle pareti,  ma sono anche state rivestite le marmoree basi delle statue. Infine, per risolvere i problemi di illuminazione, è stato inserito un controsoffitto nero, composto da originali elementi illuminanti, fatti con pannelli componibili in PVC.

L’architetto Roberta Rinaldi ci ha invece raccontato la sua esperienza riguardante il restauro della Palazzina di Adalberto Libera, collocata ad Ostia. I lavori sono risultati abbastanza difficili, a causa soprattutto dei proprietari degli appartamenti, molto poco disposti a spendere soldi per migliorare la qualità del posto in cui vivono. Ma i risultati sono stati grandiosi: l’edificio valeva nel 1999 1.500 € al mq, mentre adesso è salito a 5.000 € al mq. Questo credo possa darci un’idea di quanto la nostra attività possa portare, se svolta bene, grandi benefici.

L’operazione, trattandosi di una struttura di proprietà privata, ha riguardato la facciata e gli spazi comuni, mentre non ha potuto interessare elementi come gli infissi, su cui invece sarebbe stato utile poter intervenire, a causa del dissenso dei proprietari. In realtà il vincolo paesaggistico presente nella zona vietava anche l’intervento sulle parti esterne, ma in questo caso è stato possibile intraprendere l’opera perché si è garantito il rifacimento allo Stato normale, tramite l’ausilio dei disegni originali dell’autore. Come in ogni intervento accade, i problemi durante il cantiere non sono di certo mancati, anche perché si trattava di un edificio molto vicino al mare. E’ stato necessario, per esempio, rifare per due volte le ringhiere, poiché la prima volta il fabbro ha usato ferro pre-zincato e di conseguenza la zincatura è saltata dopo pochi mesi e sono usciti punti di ruggine. In prossimità del mare è infatti opportuno utilizzare ferro zincato a caldo e verniciato a polvere, perché, nonostante questa procedura richieda certamente costi più elevati, garantisce di contro maggiore resistenza. Altra faccenda complicata riguardava la facciata, la quale, oltre a presentare un colore che non corrispondeva a quello originale di Libera, era in forte stato di degrado, a causa degli erronei interventi di manutenzione straordinaria degli anni ’70-’80, durante i quali era stato utilizzato il quarzo plastico, materiale che creava un film che dava compattezza all’insieme, ma che non faceva traspirare il muro, tanto che questo era successivamente “esploso”, aprendo  vari buchi. E’ stato quindi necessario spicconare la parete per levare lo strato di intonaco e inserirne uno nuovo, il quale, a sua volta, ha mostrato cavillature. Il gruppo Kerakon, ovvero la ditta fornitrice, ha però in questo caso fornito il materiale per risolvere il problema. Attraverso indagini e varie analisi di colore, oltre al bianco della facciata, si  è deciso di utilizzare una specifica tonalità di blu sotto i balconi, già usata da Libera nei soffitti di altre palazzine.

Il totale dei costi per il lavoro è stata di circa 200.000 €, nei quali non è stato facile rientrare, sia a causa del doppio appalto che delle problematiche, come quelle elencate, riscontrate in corso d’opera. Sta ovviamente all’abilità dei progettisti trovare i giusti espedienti per rientrare nelle cifre stabilite, portanto comunque ad un risultato di qualità.

L’ultimo esempio analizzato è stato quello del Foro Italico, che nasce dall’idea politica di costruire impianti dedicati alla mistica fascista. Doveva essere infatti un luogo in cui rappresentare i vari aspetti dell’ideologia: quello sociale, quello politico e anche quello ludico. Si trattava di un’Opera Pubblica, finanziata interamente dallo Stato, collocata in un posto in cui era possibile “adeguarsi alla natura”, alla maniera dei Greci, che, al contrario dei Romani, i quali si sviluppavano in alzato, tendevano a scendere verso gli invasi naturalistici, così come succedeva alle pendici della collina di Monte Mario. Il progetto di Enrico Del Debbio per lo Stadio dei Cipressi prevedeva per l’appunto un impianto che si adeguava al degradare del colle, ma, come in molti casi avviene, alla fine non fu realizzato, e lo scopo per cui era stato scelto quel sito non venne  compiuto.

Alla realizzazione del Foro di Mussolini ha largamente contribuito Luigi Moretti, personaggio per lungo tempo considerato “ingombrante”, in quanto facente parte della destra economica italiana, e al giorno d’oggi rivalutato. Egli ideò nel 1933 la Casa delle Armi, un edificio straordinario, che aveva nella sua concezione architettonica il senso del vuoto e dei giochi di luce: si trattava infatti di volumi vuoti, in cui la luce, radente o soffusa, illuminava la pietra. Questo concetto è però nel corso degli anni stato aggredito, attraverso l’attribuzione di una funzione incongrua. Nel 1974, in un periodo in cui l’avversione per il Fascismo si estendeva anche alla sua intera architettura, la costruzione fu destinata a tribunale politico. Al suo interno vennero edificati 7.000 mc e furono così colmati quei vuoti, tanto voluti dall’autore, per farne un recettacolo di nuove funzioni. Inoltre si è scavata una trincea per costruire un garage, ed è evidente che si tratta di un danno a cui non si può porre rimedio, un danno che ha irrimediabilmente compromesso l’integrità di un Bene così prezioso. Il restauro di questo pezzo di storia della nostra città, infatti, verrebbe a costare circa 15 miliardi di euro! Chi mai è disposto a spenderli?

Un altro esempio, certamente meno drammatico, di deturpazione all’interno del Foro è quello dello Stadio dei Marmi, diventato negli anni luogo di pubblicità, scenografia di eventi non idonei, oggetto di “degenerazioni d’uso”.

C’è poi lo Stadio Olimpico, opera di Annibale Vitellozzi, a cui le Olimpiadi del 1990 sono costate care: per quest’evento infatti, anzi per un'unica partita che è stata giocata al suo interno, l’opera è stata pesantemente trasformata. Sono infatti state costruite travi alte 14 metri e aggiunte delle parti che non sono più state tolte. E’ valsa la pena di “violentare” una testimonianza romana come l’Olimpico per avere dei profitti? Non sarebbe stato meglio costruire uno stadio appositamente per le Olimpiadi? Io credo di sì. Come credo sia assurdo inserire delle travi di acciaio che intaccano l’ossatura portante della Casa delle Armi solo per guadagnare spazi destinati agli uffici, o come penso sia da pazzi organizzare gare di sci allo Stadio dei Marmi. Ci sono dei limiti che non andrebbero superati, specie quando si tratta di processi irreversibili, che ledono la memoria collettiva.

La lezione di oggi e l’ultima parte della scorsa lezione hanno riguardato tematiche più teoriche, nozioni che è fondamentale avere per poter avere padronanza dell’estimo.

In occasione della discussione sul Foro Italico si è parlato di Opera Pubblica, ma cosa è esattamente un Bene Pubblico? Esso merita di documentazione d’archivio, di un progetto di valorizzazione e di una valutazione per scelte sostenibili. Abbiamo poi visto la distinzione tra Beni demaniali  e Beni  patrimoniali, per passare successivamente alla definizione di Fattibilità, che ha il fine di fornire indicazioni qualitative e quantitative che permettano di VALUTARE la convenienza di un progetto, sotto ogni punto di vista. Si tratta ovviamente di un’operazione molto delicata e complessa, soggetta all’elevata durata temporale del progetto e all’elevata incertezza che grava sui benefici e sui costi.

Infine si è parlato dei procedimenti di stima del costo di recupero, che sono di tre tipi: sintetico-comparativo, analitico-ricostruttivo e misto. Nel primo caso, quello forse che ha intrinsecamente più limiti, il costo dell’opera viene desunto dal suo confronto con opere simili di cui il costo è noto, ed è il metodo che abbiamo usato nel Laboratorio di progettazione architettonica e urbana 3. Nel secondo caso invece è determinato tramite l’analisi del processo produttivo e il computo metrico, e quindi si fa una classificazione, una misurazione e una determinazione dei prezzi unitari. Nel terzo caso il valore di costo è ottenuto aggregando elaborazioni di tipo analitico e passaggi di natura sintetica, e c’è quindi  una parte “a misura” e una parte “a corpo”. Naturalmente le fasi del costo di produzione sono diverse nell’eventualità in cui si parli di recupero e in quella in cui si parli di una nuova costruzione. Le fasi invece del costo di costruzione sono praticamente uguali nei due casi: si hanno la manodopera, i materiali, i noli e trasporti, le spese generali e l’utile dell’imprenditore. Ovviamente, nella condizione del recupero, il costo di costruzione non tiene conto solo della creazione di nuove strutture, ma anche  delle opere di demolizione, consolidamento, ripristino e sostituzione, e c’è un’elevata incidenza del fattore manodopera.

Ogni argomento affrontato finora ruota intorno al Restauro. Ma cosa si intende con questa parola? Che differenza c’è tra i termini Restauro, Manutenzione, Conservazione e Ripristino? Il professore ci ha riportato una definizione per ognuno di questi vocaboli, mettendoli a confronto in termini di modificazioni morfologiche e materiche. La manutenzione, il restauro  e il ripristino infatti le prevedono entrambe, mentre la conservazione ammette esclusivamente modificazioni materiche. La conservazione poi intende l’architettura come un documento storiografico, che deve rimanere allo stato di fatto, il ripristino la percepisce come documento storico, portatore di un messaggio inequivocabile. L’aspetto critico è lasciato tutto al restauro, che ha un’idea dell’architettura come OPERA APERTA, disponibile alle interpretazioni critiche. Il restauratore infatti deve formulare dei giudizi ed effettuare delle scelte, prendere una posizione netta. Anche Bonelli in “Architettura e Restauro”  parla del restauro come un “ processo critico e poi atto creativo”, un ciclo che si conclude con un giudizio. Che idea abbiamo del Restauro? Come intendiamo rapportarci all’antico? Il nostro percorso di studi deve portare ognuno di noi innanzitutto a formulare un proprio e personale pensiero al riguardo.