Il valore della permanenza

In seguito alla lezione dello scorso Venerdì ho cercato di attualizzare le considerazioni fatte sul valore della permanenza storica al nostro progetto d’esame. Quello che ci viene richiesto in questo laboratorio è lo studio, l’analisi e la progettazione dei rivestimenti esterni di un monumento storico, nel mio caso il palazzo Pallavicini Rospigliosi.

Nella scorsa lezione sono stati citati suggestivi esempi di permanenze, si è parlato di monumenti quali il Pantheon, San Pietro, il foroTraiano e di intere città che con il loro impianto urbano testimoniano le loro origini: come Como con il suo sistema cardo decumano ancora perfettamente intatto, al quale si è aggiunto un innesto ottocentesco, Mileto che cresce su una maglia stradale a scacchiera risalente al IV secolo A.C., Nimes protetta dalle mura romane e poi da quelle medievali, fino ad approdare a New York che con Broadway Avenue ci racconta del tragitto verso il mare degli indiani d’America.

Mi ritrovo ora a studiare i documenti di cantiere del nostro caso di studio risalenti al XV secolo, leggo e rileggo parole un po’ arcaiche che parlano di cornici, mezzanini, paraste e capitelli, tutti elementi che ci raccontano del passato della nostra civiltà, mi accorgo come la sorte di essere testimonianza fisica della storia cada su immensi assetti urbani come su piccolissimi dettagli.

Agli urbanisti, agli architetti ai restauratori e alle soprintendenze spetta il compito di prendersi cura di queste testimonianze fisiche del passato, quasi sempre le permanenze storiche presentano interventi relativi ad epoche diverse, spesso contrastanti tra loro, questo compito necessita una scelta: la scelta di intervenire prediligendo di dar voce ad un epoca piuttosto che ad un’ altra . Questa scelta venne fatta da chi commissionò l’abbattimento dei due campanili del Pantheon nel XIX secolo, manifestando la volontà di ridare al monumento il suo primordiale aspetto di tempio pagano. Stessa volontà guidò chi decise l’abbattimento delle superfetazioni che avevano trasformato durante il medioevo l’anfiteatro di Arles in una vera e propria cittadella fortificata.

La necessità di fare una scelta spetta anche a noi, nel piccolo della nostra esperienza didattica: Quale aspetto cromatico restituire al palazzo Pallavicini Rospigliosi nella nostra proposta di restauro? Quello candido ed omogeneo della prima metà del ‘600, o marcare una differenziazione cromatica tra sfondo e parti aggettanti come è stato fatto nell’ultimo intervento?... L’urgenza di scegliere genera in noi una sana inquietudine, un rispettoso timore verso le epoche che si sono susseguite prima del presente, una necessità di conoscere così da poter affidare alla cultura questa scelta….forse è il modo buono per iniziare.