Visita al cantiere del Teatro argentina

Entrare in un cantiere ancora attivo è sempre significativo per chi si accinge a fare il mestiere dell’architetto. Salire sulle impalcature poste davanti alla facciata principale del Teatro Argentina, facendo attenzione ai movimenti propri e di chi ci sta intorno, con un po’ di insicurezza e vedere invece chi ha già il mestiere che procede con andatura sicura, provare a seguirne i passi. Osservare gli strumenti del cantiere, chi lavora minuziosamente e i primi risultati. Il tutto accompagnato dalle spiegazioni dell’Arch. Carlo Celia, che ci racconta le scelte progettuali operate in questo cantiere con grande energia e passione. Il Teatro Argentina è stato realizzato nel 1732, ma la facciata venne realizzata da P. Holl quasi un secolo dopo, nel 1826, anche se la conformazione attuale è opera di G. Ersoch, progetto del 1887. Nel corso del ‘900 ci sono stati due restauri: il prino negli anni ’70 in cui è stato costruito un cordolo in cemento, per conferire all’edificio maggiore stabilità e resistenza in caso di sisma ed inoltre sono state compiute delle integrazioni sulle statue ed uno strato di colletta cementizia (4-5 cm ca.) su di esse che ne ha aumentato il volume; con il restauro del 1993 invece si realizza una finitura non adeguata al supporto, una tinteggiatura, probabilmente composta di resine acriliche, che si è staccata dagli intonaci sottostanti come una pellicola. Per questi motivi, i restauri che sta conducendo l’Arch. Celia, cercano di restituire al Teatro il suo aspetto originario, devono fare i conti non solo con il degrado dovuto agli agenti naturali e del tempo, ma anche con queste precedenti scelte di restauro, anche se non sempre questi interventi realizzati precedentemente sono reversibili. Lo strato cementizio che è stato aggiunto come rivestimento nei precedenti restauri del complesso scultoreo, è stato rimosso laddove era possibile, in altre parti avrebbe compromesso la stabilità della scultura, è stato lasciato. Questa precedente applicazione ha inoltre causato in alcuni punti un’accelerazione del degrado delle barre di ferro che erano all’interno delle statue, in questo caso è stato scelto di “passivare” il ferro, interrompendo con l’applicazione di sostanze l’ossidazione di questo materiale, ove era possibile, in altri casi si è proceduto con la sostituzione. Prima di passare alla realizzazione dei nuovi lavori di restauro, inoltre, è stato necessario procedere con il descialbo della finitura applicata nel ’93. La scelta fondamentale che è stata compiuta con questo restauro è stata quella di realizzare le integrazioni e le nuove opere con i materiali della tradizione, compatibili con gli strati sottostanti ed un approfondito studio delle fonti, nonché della stratigrafia degli strati di intonaco rinvenuti, al fine di operare un restauro il più possibile filologico. Per raggiungere questo obbiettivo si è scelto di integrare le parti mancanti del complesso scultoreo con degli stucchi a base di calce naturale e per la finitura grassello e polvere di marmo. Per quanto riguarda l’intonaco, anche qui, la scelta è stata di usare del latte di calce colorato con delle terre naturali (terra di siena naturale o bruciata, terra d’ombra…) per la parte di fondo, per il finto bugnato invece si è optato per un colore travertino. Anche gli infissi sono stati sverniciati (erano stati colorati di grigio) e lasciati color legno naturale ricoperti solo da uno strato protettivo a base di cera. Rimane inoltre da osservare che la realizzazione di questo restauro non è di iniziativa pubblica, bensì privata: la ditta Mecenarte autofinanzia i propri lavori di restauro ponendo sui ponteggi in facciata un grande telo pubblicitario, probabilmente criticabile, ma comunque temporaneo, per cui dopo la rimozione sarà possibile di nuovo ammirare la bellezza di questo importante teatro romano.