Teatro Argentina

La visita al cantiere del Teatro Argentina, è stata una interessante occasione per avere un contatto diretto con la materia del restauro dei rivestimenti esterni e per avere esplicative spiegazioni dagli addetti ai lavori.

L’architetto Carlo Celia e l’ing. Arianna Vicari, ci hanno presentato il progetto di restauro affrontando molti argomenti:

la sicurezza sul cantiere, il rapporto con le istituzioni, l’aspetto economico (il progetto è completamente finanziato da privati), la storia dei restauri precedenti, la scelta progettuale, le tecnologie e i materiali utilizzati, questo ultimo aspetto è stato poi maggiormente approfondito, quando, salendo sui ponteggi, ci siamo fisicamente avvicinati alla facciata.

Per quanto riguarda la storia del Teatro sappiamo che questo venne inaugurato nel 1732, la facciata realizzata nel 1826 su progetto di P.Holl, e modificata da G. Ersoch nel 1884.

Nel corso del 900, due furono i restauri maggiori: il primo negli anni ’70 e il secondo nel 1993. Alcune scelte progettuali di questi restauri nel tempo si sono rilevate negative sia dal punto di vista estetico che strutturale. In particolare, nel primo restauro, venne introdotto (secondo le leggi sismiche di allora) un cordolo in cemento armato sulla sommità, ma poi si è scoperto che la rigidezza del cemento armato può danneggiare la muratura sottostante durante eventuali eventi sismici, infatti i due materiali reagiscono diversamente alle sollecitazioni. In facciata invece vediamo protagonista del triste restauro il gruppo statuario che corona il prospetto, sul quale si è intervenuto con una colletta cementizia  che ha eliminato l’effetto di stucco, aumentato il volume delle statue, e indebolito l’effetto chiaroscurale.

Nel 1993 si è invece effettuata una scialbatura in resina vinilica dell’intero prospetto che ha alterato l’immagine della facciata non consentendone tra l’altro la traspirazione.

Il restauro attuale, diretto dall’architetto Carlo Celia, si pone come obiettivo principale quello di

restituire alla facciata l’aspetto originario, trovando cura e rimedio, dove è possibile, agli errori fatti durante i restauri precedenti.

In particolare , per quanto riguarda le sculture, queste sono state liberate dalla colletta cementizia , e le parti mancanti sono state integrate con degli stucchi a base di calce naturale, per la finitura è stato utilizzato grassello e polvere di marmo.

Per gli intonaci, è stato necessario togliere la scialbatura in resina vinilica dell’ultimo restauro, e per la nuova tinteggiatura sono stati utilizzati materiali tradizionali quali latte di calce colorato con pigmenti naturali (terra di Siena naturale o bruciata, terra d’ombra), mentre per il finto bugnato si è usato un color del travertino.

La generosità degli addetti ai lavori nel narrarci aspetti teorici e pratici del loro mestiere è stata un’ ulteriore prova di come un’ operazione di restauro risulta benefica  quando mostra la volontà di essere,  prima di tutto, un atto culturale.