Tesina integrativa finale

 

LA VALUTAZIONE DEI PIANI E DEI PROGETTI
 
Con il termine "valutazione" si intende un attività sociale collegata necessariamente con le altre attività sociali che sono i diversi modi d' uso e di programmazione dell’ utilizzo delle risorse.
La soluzione dei problemi valutativi richiede l uso strumentale di differenti tecniche tra le quali vi è l estimo: si è soliti assegnare al termine valutazione almeno due significati: uno relativo alla determinazione del valore monetario di un bene; l altro relativo alla determinazione del valore da imputare a cose, soggetti e fatti ai fini della loro assegnazione ad una categoria mediante il rapporto tra due o più concetti. Dal punto di vista logico tale definizione, significa esprimere giudizi di equivalenza di due cose per lo stesso impiego. Il primo concetto rappresenta una previsione secondo cui in determinate circostanze, l' oggetto della stima e il valore monetario potranno essere considerati di pari "peso" nella società e per questo scambiabili fra loro. Nel secondo significato per la valutazione non è necessaria una misura monetaria che può essere sostituita da una misura quantitativa o qualitativa anche senza alcun nesso con lo scambio di mercato, questo problema valutativo è molto più complesso perché non può essere risolto con i normali metodi e strumenti di estimo. In questo caso la finalità della valutazione non è il giusto prezzo ma un numerario appositamente predisposto per i diversi fini dell’ analisi, infatti nelle valutazioni dei progetti di trasformazione urbana e territoriale possono sovrapporsi più finalità, convenienze economiche di natura conflittuale e aspettative degli utenti fra loro diverse, una delle finalità nella valutazione dei progetti urbanistici ed edilizi può consistere ad esempio nella scelta tra alternative progettuali concorrenti.
 
PROCESSI DECISIONALI 
 
I processi decisionali descrivono come si giunge ad effettuare determinate scelte. Per fare un esempio, se ci mettessimo a guardare la vetrina di un negozio, penseremmo se il prezzo indicato sia convivente o se sia compatibile con le nostre disponibilità finanziarie. Le tecniche di valutazione attraverso i processi decisionali ci portano a fare delle scelte che di dovranno mostrare coerenti con gli obiettivi preposti e fattibili anche in base agli oggetti che dovranno essere valutati a priori. Nell' esperienza italiana la pianificazione urbana e territoriale e la valutazione dei progetti è una pratica consolidata. 
Più critica e complessa è la questione della valutazione dei piani; malgrado gli studi effettuati non sono stati acquisiti affidabili strumenti metodologici di valutazione ed adeguati alla complessità dei problemi decisionali sottesi al piano. Questo anche perché c è l'esigenza di non configurare più i piani come elaborati astratti, assicurare alle risorse investire livelli di efficacia, efficienza ed equità soddisfacenti. Dobbiamo dire che ogni progetto di intervento sul territorio è oggetto di valutazione.
Riassumendo un piano ed un progetto pubblico per poter trovare una fonte di finanziamento devono possedere:
-Requisiti di fattibilità tecnici, requisiti di fattibilità economici, requisiti di fattibilità ambientale.
Tutto ciò minimizzando le risorse da investire, ovvero assegnata una certa quantità di risorse, si devono massimizzare gli effetti desiderati. C è da dire anche che emergendo nuovi problemi che riguardano la qualità degli interventi di trasformazione e quindi la necessita di predisporre giudizi di valore adeguati, anche se resta diffusa l opinione che le valutazioni quantitative abbiano un affidabilità maggiore di quelle qualitative.
Cosa certa è che tale approccio metodologico permette di discernere nel progetto i contributi interdisciplinari necessari alla soluzione del problema, selezionando ed ordinando secondo un procedimento razionale i diversi fattori in gioco che concorrono alla fattibilità dell’ intervento. Molte delle nostre periferie metropolitane e centri storici necessitano di interventi di riqualificazione piuttosto complicati da realizzare e da gestire:
-Per i molteplici fattori fisici da controllare ed esaminare; per la necessità di ricercare intese e reciproche convenienze tra soggetti pubblici e privati interessati alla trasformazione; per la ridistribuzione dei vantaggi ottenuti tramite le valorizzazioni conseguenti all’ intervento che tra l altro sono difficilmente prevedibili e quantificabili nella loro estensione spaziale e temporale.
-Per ciò che attiene alla pianificazione nel contesto territoriale ed urbano.
Selezionare proposte alternative; definire priorità quando ci si muove in ambienti conflittuali o in situazioni di scarse risorse; individuare destinazioni d uso appropriate, preesistenze architettonico ed ambientali che si vogliono conservare; generalizzare valori economici quantitativi insieme ai valori simbolico-culturali prevalentemente qualitativi; prevedere conseguenze ed effetti dell'intervento, sono questi ormai i temi "caldi" che circondano le fasi di piano e di progetto, fasi che mai come ai giorni d'oggi devono essere prestabilite e pensate con giusto criterio e nei minimi particolari, condizioni senza le quali non ci si può considerare "competitivi" nel mercato.
Analisi stime valutazioni: è questo il percorso di fattibilità che avviene grazie alla simulazione degli effetti conseguenti alla esplicitazione degli obiettivi e alla raccolta delle conoscenze e dei dati nel momento della elaborazione. Risulta, comunque, impossibile definire un manuale o un prontuario completo e valido da seguire per lo studio di fattibilità di progetti e piani per la varietà dei contesti urbani o territoriali che richiedono soluzioni mai identiche.
L' estimo non può non prendere atto che lo spettro delle valutazioni va sempre più ampliandosi fino ad interessare beni e/o risorse a forte caratterizzazione qualitativa per i quali è necessario che venga espresso un valore dal punto di vista della collettività e al di fuori della logica di scambio, c è sempre più richiesta ed esigenza di curare al meglio ogni aspetto per il quale sia necessario una valutazione sia qualitativa che quantitativa.
L' espandersi dell’ intervento dello stato nell’ economia, pone problemi ignorati nel passato come:
-l' amministrazione e gestione dei beni immobili di proprietà dello stato e di altri beni pubblici; il giudizio di fattibilità di opere pubbliche e di altri investimenti; la valutazione e la gestione di opere protette; la valutazione di interventi di tipo urbanistico.
La maggiore incertezza è l esprimere in moneta beni o situazioni che sono soltanto suscettibili di essere descritte ma non misurate. Mentre per i beni privati le problematiche valutative sono circoscritte al valore di mercato per i beni pubblici venendo meno il valore di mercato le tematiche valutative sono affrontate dal punto di vista della collettività e rientrano in una configurazione disciplinare di interesse pubblico.
L' estimo quindi nella sua esistenza resta un metodo di analisi che vale per tutti i casi indipendentemente dalla loro natura e richiede fasi di carattere generale anche se l estimatore esercitando la sua professione è diventato un conoscitore profondo delle cose o delle situazioni che è chiamato a valutare.
Così vi sono estimatori dei beni rustici, di diritti d’acqua, di fabbricati urbani, come vi sono estimatori di danni subiti dagli incendi o dalla grandine e persino specialisti nel valutare partite deteriorate di grano o di caffè. A questi casi di può aggiungere il gran numero di stime necessarie quando l esecuzione di un opera pubblica richiede l' esproprio per causa di pubblica utilità.
Il binomio stima mercato è come sappiamo il fondamento del processo valutativo quindi le procedure di stima dovrebbero essere oggetto di adattamenti alle mutate realtà mercantili.
Nelle stime comparative il modello di stima uniparametrico (in cui il tipo di parametro è presso che esclusivamente di tipo tecnico ed in particolare dimensionale: superficie, volume, ecc…) è affiancato anche dal modello pluriparametrico che utilizza simultaneamente più parametri di confronto.
Di fatto si finisce per adottare un modello di stima uniparametrico che presuppone un campione con forti caratteristiche di omogeneità e riduce notevolmente le possibilità di indagine, ma in ogni caso la stima comparativa pluriparametrica presenta connotati metodologici superiori e dovrebbe trovare maggiore accoglienza tra i professionisti.
L estimo è una disciplina di riferimento deve fornire la capacita di insegnare attribuire una somma di moneta a beni per i quali non vi è formazione di prezzi di mercato. Per cui, nelle possibilità è bene porre su scala monetaria tutti quello che, caso per caso, non porta ad effettuare delle ipotesi “forzate” e poco verosimili; anche perché una stima qualitativa può rimanere appannaggio di “addetti ai lavori”, mentre i soggetti che dovrebbero giudicare l operato del valutatore (decisori politivi, collettività, ecc…), non hanno altre scelte che “prendere o lasciare” non potendo inserirsi sul merito del percorso logico che ha generato il risultato.
Il vero problema consiste nel dimensionamento monetario dei servizi qualitativi: non può esistere un prontuario o uno schedario che metta in relazione aspetti o situazioni qualitative con un qualcosa che si riferisca al mercato, quindi qualcosa di tangibile e misurabile con gli strumenti adottati nell'estimo classico. I fatti certi riguardano la opportunità che ai beni pubblici venga attribuito un valore ma, sulla procedura più corretta da seguire, soprattutto sulla scala della stima, le incertezze sono tante.
Come già osservato, l incertezza che assume maggior rilevanza, riguarda la scala più adeguata in base alla quale esprimere un giudizio di valori di beni e risorse a forte caratterizzazione qualitativa (cioè in grado di fornire servizi qualitativi). Si può dire che il prezzo continua ad essere lo strumento più importante nella formulazione dei giudizi di valore: sia quando si stima un bene strettamente ancorato al mercato e sia quando si stima un bene e/o servizio pubblico che invece non ha alcun riferimento diretto con il mercato.
Consideriamo pero che non sono pochi coloro che ritengono le stime monetarie insufficienti a governare le valutazioni di beni incommensurabili ed intangibili.
L' estimo non è economia, o parte della stessa, come molti si ostinano a considerare, in quanto i problemi che devono essere risolti da entrambi sono notevolmente diversi. Le due discipline operano su piani completamente differenti, pur nel pieno riconoscimento che entrambe hanno bisogno della conoscenza, più completa e particolare possibile, delle motivazioni della condotta umana e dei rapporti che ogni soggetto stabilisce con i mezzi, le cose che ogni azione deve utilizzare.
L esigenza di una certa analisi estimativa è stata avvertita dalla società per effettuare un controllo della correttezza di alcune e ben precise azioni svolte da ciascun soggetto economico, sia individuale che collettivo. L intento è di verificare l accettabilità di ciascun comportamento economico, rispetto ad un obiettivo ben preciso, per garantire la giustizia economica.
Nella valutazione estimativa la soggettività scompare. L' esigenza di una oggettivazione dei comportamenti economici trova un pieno soddisfacimento nel riferimento all’ indicatore chiamato dalla dottrina estimativa con il termine valore di mercato. 
A tale concetto di valore è sempre stato attribuito un ruolo essenziale per giudicare l accettabilità del prezzo stabilito dai due contraenti. Lo stesso prezzo diventa strumento dialettico di ragionamento e, rappresenta, un giudizio di valore sull’ equità a livello collettivo di un dato comportamento.
 
Valutazione estimativa e valutazione economica: le differenze
 
Come gia chiarito precedentemente, possiamo distinguere due tipo di valutazione:
La teoria estimativa tradizionale esprime il giudizio di stima in termini di prezzo di mercato e fornisce valori monetari che indirizzano le azioni economiche materiali, servizi personali, situazioni contrattuali e normative, danni alle persone, alle cose e così di seguito, un'altra valutazione estimativa invece attiene la stima dei costi necessari per il progetto in un ambito definito. In tali circostanze la teoria estimativa formula un giudizio monetario preventivo.
Nell ambito di queste finalità il valore stimato varia in rapporto alla natura e alla composizione della risorsa, al contesto ambientale ove è posta, alle operazioni e agli interventi che possono essere seguiti secondo le normative di leggi.
Nei termini propri, la teoria estimativa formula un giudizio monetario che è essenzialmente la previsione di un prezzo di mercato; esprime la logica del mercato provvedendo alla simulazione del mercato reale e fornendo valutazioni alle quali si attribuisce la maggiore probabilità di verificarsi.
I principi ed i metodi estimativi possono far parte del processo pianificatorio: l allocazione delle risorse private che presentano un prezzo di mercato, può avvenire tramite il sistema dei prezzi. Invece per le risorse pubbliche che non presentano per definizione un prezzo di mercato, l allocazione avviene tramite la valutazione dei prezzi di conto monetari oppure attraverso altri numeri non monetari. La divergenza tra i prezzi di mercato e di conto, ha come fondamento la divergenza tra giudizio economico e politico (il potere economico mira ad ottenere una allocazione delle risorse diversa da quella derivante dalle scelte individuali).
In presenza poi di interventi che investono risorse private e pubbliche , come ad esempio le risorse ambientali, si privilegia l impiego di un sistema di prezzi di mercato e di conto, che per le risorse pubbliche si fondano sulle misure della disponibilità a pagare o ad accettare dei soggetti.
 
La pianificazione e il processo di valutazione
 
Il processo o metodo di valutazione nella pianificazione urbana e regionale presuppone anzitutto e per quanto possibile chiarezza concettuale sul significato da attribuire alla stessa pianificazione.
La nozione di pianificazione è quel processo attraverso il quale di è predisposto o si predispone un insieme coordinato di decisioni, tali decisioni determinano cosi gli atti della pianificazione e si traducono ovviamente in cose concrete; e rappresentano l essenza stessa del concetto di pianificazione.
Sottolineare che la pianificazione è un processo significa infatti che essa ha carattere di continuità nel tempo: deve esistere sempre uno stretto collegamento tra un singolo piano e quello successivo. La stessa attività pianificatoria si traduce nella formulazione e nell’ attuazione più o meno completa di piani successivi e collegati l uno all’ altro, abbiamo quindi piani a breve, a medio e a lungo termine.
Con l aumentare dell’ orizzonte temporale. Aumenta la condizione di incertezza nella quale si opera, è necessario che i piani si presentino al massimo possibile flessibili ed accettabili.
Lunghezza dell’ arco di tempo nel quale il processo è o verrà articolato; grado di coordinamento dato dall’ insieme di decisioni realizzate e future evitando al massimo decisioni singole e disarticolate tra loro; acquisizioni di specifici parametri necessari per l impiego di mezzi adeguati nei tempi, nei modi, nell’ entità; grado di conseguimento degli obiettivi prefissati o di alcuni di essi, o di parti.
L individualizzazione di appositi parametri costituisce la parte essenziale della pianificazione e rappresenta una base insostituibile e preliminare per procedere a valutazioni “mirate”.
Anche il processo di valutazione, l accertamento o la previsione del valore relativo all’ avvenuta o futura pianificazione urbana ed, in senso più lato, territoriale, non può che essere relativo ad un certo momento storico ed a determinate condizioni e possibilità della vita civile e sociale.
In definitiva sembra necessario sottolineare che la pianificazione:
è un processo dinamico, avente carattere di continuità nel tempo, anche se in concreto è costituito da piano che hanno una durata ben definita nel tempo; richiede sempre una visione d insieme ed una valutazione globale dei problemi e cosi anche, almeno in prima istanza, dei costi e delle utilità, in altre parole dei valori; si realizza in condizioni più o meno di evidente incertezza, per cui esige il massimo possibile di flessibilità; si puo attuare soltanto se esistono obiettivi almeno chiari nella loro formulazione e realisticamente individuati e definiti.
In tale ambito la valutazione è in grado di svolgere una funzione di chiarificazione e di trasparenza.
 
Trasformazione urbana e territoriale
 
I metodi di valutazione nel campo della pianificazione sono numerosi e diversificati in ragione dei settori di intervento, della complessità e vastità delle risorse coinvolte, degli obiettivi, delle fasi e delle direttive della pianificazione. I fini della valutazione mirano nel loro insieme alla ricerca di una posizione di efficienza economica nell’ impiego delle risorse pubbliche e private e al raggiungimento di prefissati livelli qualitativi per i progetti edilizi e urbani.
Tal metodi contemplano dunque stime monetarie dei risultati economici netti, dei costi di realizzazione e di gestione dei benefici extraeconomici e stime extramonetarie della qualità espressa secondo connotazioni ambientalistiche, architettoniche, urbanistiche, ecc…
La valutazione nella pianificazione deve tenere conto delle interrelazioni tra: risorse, soggetti e attività economiche ed extraeconomiche.
In ogni caso qualsiasi sia la tecnica o la metodologia adottata per la valutazione di una piano o di un progetto è opinione diffusa che lo sviluppo del progetto e il processo valutativo debbano essere portati avanti per poter rispettare il principio di efficienza, di equità e di efficacia che il piano deve avere; le analisi, le stime e le valutazione completerebbero, in tal modo, il percorso di fattibilità andandosi ad integrare a vicenda e diventando uno strumento di conoscenza che interagirebbe tra il decisore e la formazione del piano-progetto.
In sostanza la valutazione dovrebbe configurarsi come facente parte del progetto e quindi non dovrebbe essere vista, come in vece molto spesso accade, come un atto da giustapporre alla proposta, in quando dovrebbe rappresentare una fase contestuale ai vari momenti di elaborazione.
I processi di valutazione contengono quei giudizi di fattibilità che precedono la fase di approvazione di una dato progetto o investimento. Gli investimenti per opere e progetti infatti, necessitano di valutazioni che abbiamo la capacità di contemperare l interesse generale della società con i diritti acquisiti dai singoli cittadini.
Le tecniche di valutazione possono aiutare, dunque, a decidere quale progetto, piano o strategia è preferibile rispetto agli altri, si tratta di valutare, attraverso processi decisionali, quali scelte tra quelle ipotizzate risulti più coerente con gli obiettivi di piano o di progetto:
-per il privato è sempre economico; per il decisore pubblico l obiettivo abbraccia anche la sfera sociale, ambientale, ecc…
la valutazione dei piani e dei progetti risponde all’ obiettivo comune di aiutare il soggetto che intende realizzarli ad assumere una decisione circa la loro efficacia, efficienza ed equità.
Ciascun soggetto ha un diverso modo di valutare la convenienza di un piano e/o di un progetto:
un soggetto privato prenderà le sue decisioni tenendo conto degli effetti perseguendo l obiettivo di renderli massimi (efficienza); un soggetto pubblico dovrà tenere conto di rendere massima non solo l efficienza ma anche le modalità con le quali i servizi e le risorse, generati da un progetto, si distribuiscono all’ interno della società (efficacia e equità).
A proposito dei temi di efficacia, sostenibilità e fattibilità, e valutazione dei progetti affronteremo alcune circostanze che, nel panorama italiano, hanno portato a degli errori e degli sprechi che tutt'ora fanno discutere.
Valutare è un dovere, ma è anche un diritto, un diritto certamente di chi finanzia i progetti, ma anche di chi nei progetti e dai progetti è coinvolto. E questo è particolarmente evidente nei progetti di sviluppo di infrastrutture, nei quali anche la valutazione non può essere sottratta alla responsabilità degli attori coinvolti.
È necessario valutare gli impatti ambientali dei piani e, se del caso, stendere raccomandazioni relative a possibili modifiche dei piani in questione. La valutazione ambientale è ora una dimensione comune ad una varietà di piani territoriali e strategie di sviluppo regionale.
 
 
Calatrava-La maledizione del quarto ponte di Venezia
 
 
 
Promosso dai 22 mila pedoni che ogni giorno lo attraversano, bocciato dagli esperti. A 15 anni dal primo via libera e a tre anni dall’inaugurazione, alla querelle sul ponte sul Canal Grande di Calatrava si aggiunge un altro capitolo polemico. «Un ponte in prognosi riservata» lo definisce l’ultimo esperto a cui si è affidato il Comune di Venezia. I suoi mali? Un’arcata troppo bassa, fondazioni troppo sollecitate, un numero così elevato di tentativi, non risolutivi, di risolvere il problema dell’eccessiva spinta sulle rive che si allontanano (si parla di millimetri) da far usare l’espressione «accanimento terapeutico». La prognosi — con la necessità di continui controlli e manutenzioni — messa nero su bianco nel collaudo che ne ha permesso l’apertura nel 2008, rimane riservata. Le conseguenze? «Un’onerosa eredità manutentiva per la pubblica amministrazione che non trova riscontro in alcun ponte di Venezia».
E’ questa la conclusione a cui si arriva, al Comune rimane una patata a dir poco bollente: il ponte continua a spostarsi quale «logica e diretta conseguenza di un errore concettuale nella progettazione preliminare, esecutiva e nella costruzione dell’opera ».
L’archistar Santiago Calatrava e la sua équipe di ingegneri sono alla base di uno dei tanti sprechi che si verifica in Italia, questo, anche se di natura diversa rispetto ai soliti episodi di pessima amministrazione pubblica, si porta dietro un'infinità di problemi prima economici poi strutturali che fanno di quest'opera una pura controversia per quanto riguarda le tipologie di valutazione che hanno portato ad un aumento della richiesta economica durante la costruzione. 
Le aziende che hanno realizzato il quarto ponte sul Canal Grande, quello di Calatrava, stanno infatti sprofondando al punto di dover chiudere. È quasi una maledizione quella del Quarto ponte, dapprima occasione di investimento e di entusiasmo per la partecipazione di Santiago Calatrava, poi oggetto di contestazione sia dei privati che dell'amministrazione pubblica per i costi sempre più esorbitanti che giorno dopo giorno si trascinava. 
Il Quarto ponte è stato da subito al centro di controversie. Dopo aver speso molti anni a discutere se a Venezia si potesse costruire o meno una nuova architettura (cosa giusta e ovvia), si è usato meno tempo nella valutazione dell'adeguatezza del progetto dell'archistar spagnola. Durante la realizzazione sono emerse innumerevoli difficoltà costruttive e il ponte è stato inaugurato in ritardo, e in gran sordina (cosa mai successa per i ponti veneziani), la notte dell'11 settembre 2008.
Il mattino dopo agli occhi dei veneziani e dei turisti è apparso un ponte dalla bella forma arcuata, con una campata di 81 metri, struttura in acciaio e pavimenti in vetro. Un ponte salutato dalla critica architettonica come «progetto squisitamente moderno, ma che stilisticamente non fa a pugni con lo scenario».
Lieto fine? No, le polemiche sono continuate. Si è scoperto che il costo era passato da 6,7 milioni a 11,3; inoltre, il ponte risultava una barriera architettonica insuperabile per i diversamente abili e i gradini diventavano scivolosi con la pioggia. Possibile che dopo 434 ponti costruiti a Venezia nei secoli in cui non c'era attenzione per l'handicap, anche il primo e unico dei ponti nuovi nascesse nell'indifferenza per chi è in carrozzina? Possibile che neppure Calatrava si fosse posto l'obiettivo di conciliare l'arte con il rispetto dei diversamente abili e le leggi vigenti? Il transito dei passanti, nel corso del tempo, è risultato al di sotto delle aspettative. Così la politica si è progressivamente sfilata, tanto che pochi sanno che si chiama Ponte della Costituzione , e la maledizione ha colpito chi l'ha realizzato. 
Le valutazioni personali di questo episodio di trasformazione urbana che sembra essere tipicamente italiano nonostante la presenza spagnola di Calatrava lasciano molto spazio al tema della valutazione progettuale traducibile nella programmazione dell'utilizzo delle risorse.
La valutazione decisionale dovrebbe passare attraverso dei processi secondo i quali si può giungere a determinate scelte, in sostanza secondo la propria disponibilità economica ci chiediamo se sia conveniente o meno effettuare un'operazione di mercato, vogliamo sapere in anticipo e quindi essere assicurati su quanto il progetto sarà compatibile con il capitale stanziato.
E' proprio questo il problema alla base del progetto di Calatrava? Parlando a posteriori nonostante le decine di perizie ci si chiede come sia stato possibile un aumento del costo del progetto rispetto al preventivo di quasi il doppio, l'esigenza di una valutazione preventiva è proprio quella di conseguire gli obiettivi prefissati.
Precedentemente abbiamo parlato delle tipologie di sostenibilità progettuali che vengono richieste per poter trovare una fonte di finanziamento:
-sostenibilità tecnica-economica: questi due punti soprattutto in quest'episodio sembrano abbastanza correlati, il bisogno di una continua manutenzione strutturale corre in modo parallelo all'aumento dei costi, questo è un fatto determinante perché oltre l' aumento di quel preventivo e quindi dei costi dell'operazione durante il periodo di costruzione, i problemi strutturali che il ponte si porta dietro gravano sulle spese dell'amministrazione pubblica per la manutenzione dell'opera. Questo ci fa capire come oltre ad un errata valutazione estimativa sia stato fatto un grande errore di fattibilità di progetto.
-sostenibilità ambientale: le interpretazioni possono essere molteplici, si può assegnare un valore notevole all'opera nel suo insieme dato che secondo la critica il ponte porta un'aria di freschezza e modernità senza sembrare fuori il contesto di una Venezia storica e "rurale". Se come sostenibilità ambientale pensiamo anche all'uso che la gente fa di questo elemento apparentemente di "unione" fra le due sponde del Canal grande di Venezia riscontriamo la mancanza di esigenze come una rampa per disabili e una superficie di vetro dei gradini troppo scivolosa e quindi rischiosa, possiamo quindi dire che è mancato soprattutto l'obiettivo sociale nel contesto urbano di Venezia.
Alla fine di questa intricata storia Santiago Calatrava risulta sotto inchiesta della Corte dei Conti, con altri sei tecnici, per la costruzione del quarto ponte sul Canal Grande. L' ipotesi è un danno di 3,4 milioni per la lievitazione dei costi e dei tempi, nonché per gli errori commessi nella realizzazione dell' opera.
La nostra Italia, nelle città più architettonicamente rappresentative come Roma e Venezia, improvvisamente per volontà di coloro che si ritengono i sindaci di tutti i cittadini ( veneti e romani ) decidono che gli architetti " indigeni " sono indegni di progettare alcunché di valido in quanto italiani. Meyer come Calatrava per i risultati, estremamente discussi e discutibili senza nulla togliere al valore di cotanto nome. Una città come Roma " meyerizzata " ed una come Venezia " calatravizzata ", il tutto a scapito degli Architetti italiani trattati da questi sindaci come gli ultimi nella loro categoria.
D’altronde l’Italia come sappiamo è il festival degli sprechi, negli ultimi anni si sono succeduti episodi che hanno creato scalpore e rabbia, cosa c è di più degradante per un paese che sprecare denaro e fatica per realizzare delle opere a metà, opere che non verranno mai utilizzate e che contribuiscono a disegnare un alone di depressione e di abbandono attorno o dentro le città.
Questo è esattamente ciò che è successo per la costruzione delle strutture per i mondiali di nuoto del 2009 a Roma, una serie di cantieri su cui si è speculato e che sono stati aperti nonostante andassero contro il piano urbanistico vigente a Roma, cantieri bloccati e indagati per abuso edilizio, rallentati dalla burocrazia e perciò mai conclusi alcuni, opere che rimangono tutt’ora lì come cattedrali nel deserto in pieno stato di abbandono. 
Tutto questo perché come al solito quando ci sono grossi appalti ci sono degli avvoltoi, degli speculatori che mettono il proprio guadagno davanti al bene collettivo.
Sotto sequestro ben 11 strutture tra piscine, foresterie, parcheggi, spogliatoi, palestre e altre strutture che sarebbero state costruite violando norme di ogni tipo, sia urbanistiche che paesaggistiche, come ipotizza il gip nelle ordinanze di sequestro, violazioni che per le quali il comune di Roma non ha riscosso oneri pari a circa 5 miliardi di euro.
Personalmente non credo che questo deprecabile episodio dei mondiali di nuoto a Roma abbia completamente attinenza con la materia dell’estimo. Almeno in parte, possiamo dire che come successo a Venezia per quanto riguarda il richiamo delle archistar certamente ha influenzato i processi di costruzione e di valutazione di progetto per quanto riguarda soprattutto la città dello sport di Calatrava. Tra il ponte a Venezia e la città dello sport a Roma non ancora ultimata possiamo trovare delle attinenze di tipo valutativo e comportamentale da parte dell’amministrazione pubblica, queste due si legano nel solito discorso dell’immagine dell’archistar, un discorso che tratta di richiesta diretta per questi architetti a cui viene consentito di sorvolare su molti aspetti normativi, le cui perizie vengono trattate in modo blando, i cui temi di fattibilità e sostenibilità progettuale possono anche non essere validi, un discorso che nel caso di Calatrava ha portato spesso in Italia allo sperpero di denaro pubblico.
Quello che mi sconcerta è come in Italia il concetto di chiarezza e trasparenza non sia assolutamente visto come un fattore necessario a determinare e sviluppare piani e progetti, non sembra un punto sul quale portare avanti attività pubbliche; l’abuso edilizio non è un tema che dovrebbe affrontare la materia dell’estimo perché a mio parere sottostare alle leggi come per ogni paese civile deve essere condizione necessaria e obbligatoria per portare avanti certe azioni, l’estimo deve poter contare su queste basi per la valutazione dei progetti.
 
Roma, le piscine vuote dei mondiali di nuoto
 
 
Milioni di euro buttati, impianti che rischiano di non essere terminati. Da Tor Vergata all'Appia Antica viaggio tra ritardi, cemento e zone vincolate che saranno deturpate.
ROMA - "Qui sorgerà la città dello sport", annuncia il cartello all'ingresso del cantiere di Tor Vergata. Invece: qui riposerà in pace, amen. Vasche vuote, scheletri di tribune, lo stendardo sbrindellato dei Mondiali di nuoto, Roma 2009. Dovevano aprirsi qui, nell'avveniristico guscio immaginato da Santiago Calatrava, dando al campus universitario e alla capitale quattro spettacolari piscine. Un tuffo nel vuoto. Le gru sono ferme. Ma lavorano altrove. Roma non avrà la grande struttura che doveva essere il simbolo dell'evento, in compenso stanno sorgendo 63 nuovi impianti, 84 vasche. Molti con foresterie, decine di stanze che dovrebbero ospitare atleti a luglio, e poi? Molti in zone vincolate, dal paesaggio, dall'urbanistica e dal buon senso. Molti hanno trascinato con sé ampliamenti di circoli, sale fitness, box auto. 
Un diluvio di iniziative private con agevolazioni pubbliche. Un piastrellamento azzurro sul pavimento di una città che già ora, vista dall'alto, quasi fa concorrenza a Los Angeles. I Mondiali sono un alibi, troppe opere non saranno finite in tempo. Ma resteranno dopo, per soddisfare una domanda a cui già rispondono duecento piscine. Come è stato possibile? 
Quando Roma ottiene i Mondiali 2009 parte la carica delle piscine. Cinque impianti saranno pubblici (Tor Vergata, Foro Italico, Ostia, San Paolo, Pietralata). Ma non basteranno. La giunta Veltroni decide di aprire ai privati che bussano alle sue porte. In fondo, si tratta di prendere tre piccioni con una fava: organizzare i Mondiali, costruire la memorabile opera nel campus e rendere Roma una capitale natatoria planetaria.
Il motivo principale del blocco e sequestro di molti cantieri sta nelle concessioni straordinarie che nel corso del 2008, proprio in concomitanza con i preparativi per i mondiali di nuoto che si sarebbero svolti nella capitale l’anno seguente, hanno permesso a vari centri sportivi, tra cui il Circolo Acquaniene, il Salaria Sport Village, il Flaminio Sporting Club, il Centro Sportivo Tevere Remo, e numerose altre strutture, tra cui anche istituti religiosi, di attuare ampliamenti di cubatura delle proprie strutture, tutti lavori che la procura ritiene essere fuori legge, ovvero strutture abusive.
 
Città dello sport – Calatrava
 
 
La "Città dello sport", è stata progettata dall'architetto e ingegnere spagnolo, Santiago Calatrava, in occasione dei Campionati mondiali di nuoto 2009. A causa di continui ritardi nell'esecuzione dei lavori, la Città dello Sport non è stato terminata entro i termini previsti (primavera 2009) e, così, non è stato possibile utilizzare la struttura in tempo per il reale scopo per cui era stata progettata, ovvero ospitare le competizioni dei Campionati di Nuoto di luglio 2009. Questi ultimi si sono tenuti nelle strutture, già realizzate nella metà Novecento, del Foro Italico.
L'intera struttura, a lavori ultimati, dovrebbe presentare un palazzetto di 15.000 posti a forma di conchiglia tropicale, diverse piscine olimpioniche, al coperto e all'aperto, piste di atletica, e infine una torre del rettorato dell'università, alta circa 90 metri. L'intero complesso dovrebbe sorgere nel quartiere romano di "Tor Vergata".
Inoltre, sempre l'architetto Calatrava, ha progettato un campus per ospitare gli studenti universitari e gli atleti, altre piscine olimpioniche per l'allenamento degli atleti, e la ristrutturazione del vecchio impianto sportivo del Foro Italico.
Il costo della "cattedrale di Calatrava" in cinque anni è lievitato da 65 a 608 milioni. Il cantiere ha fin qui prodotto due scheletri di Gusci con gli acciai a vista e bulloni arrugginiti.
Quanto è bella e quanto è drammatica questa alta vela di acciaio bianco pensata dal genio di Calatrava, come un nido d'api, un bozzolo alzato nel cielo, sopra il blu delle piscine che verranno e sopra il campo di basket dove dovrebbero giocare i campioni dei Giochi del 2020, il sogno olimpico di Roma.
Bella, perché sembra una sfida, alzata qui, in mezzo ai pratoni di Tor Vergata, che dall'alto guarda l'immensa croce dello storico raduno dei giovani con papa Wojtyla e il profilo severo del Policlinico e della facoltà di Medicina della seconda università. Drammatica, perché è l'esempio vivente di una Capitale umiliata dallo Stato, che non allarga i cordoni della borsa, ma anche di una Roma che si è incartata intorno a questo progetto da archistar, che non sa portare in porto, una Roma bipartisan, dal Veltroni dell'obiettivo Mondiali di Nuoto, spostati in fretta e furia al Foro Italico, a Alemanno, che deve fare i conti con i soldi che non ci sono, che tenta di mantenere in vita il cantiere a colpi di dieci milioni di euro, gli ultimi, finiti, a dicembre dello scorso anno, inseguendo i Giochi del 2020.
Santiago Calatrava, l'architetto spagnolo, l'aveva immaginata bellissima questa impresa. Ecco i due stadi sormontati dalle due vele bianche, accanto la piscina scoperta per la pallanuoto e un'altra cavea di spettatori, vicino la piscina tonda del loisir, a sinistra una pista d'atletica, davanti due piccoli laghi e d'infilata un parco lineare, un Circo Massimo di trenta ettari, una lama di verde fino alla Croce.
Perché, mi chiedo, troppe volte si gira lo sguardo di fronte alla precarietà finanziaria di un paese che vorrebbe svilupparsi tramite processi graduali e fattibili e sostenibili, perché si continua alla ricerca di sperpero di denaro, invece che volare basso rinunciare alle archistar e garantire con il budget a disposizione un copertura economica e un valutazione sui costi chiara e precisa, che non si vada poi a lievitare magicamente e a raddoppiare o addirittura triplicare i costi di progetto.
 
Qui non si tratta di valutare male o sbagliare di qualche virgola, si tratta di prezzi progettuali che dall’inizio del cantiere alla fine (a volte) crescono a dismisura, duplicandosi e triplicandosi, quello che va oltre la mia comprensione è l’andamento dei costi che sale fino all’aumento di 200 milioni e quello che c è dietro, un’amministrazione pubblica che promuove certi progetti ritenendo valide perizie e valutazioni di fattibilità tecnica ed economica totalmente errate per non parlare della questione delle normative urbanistiche e ambientali che vengono facilmente oltrepassate o ignorate causando le tipiche inchieste di abusi e di progetti non a norma che infestano il nostro paese.
Un po' di numeri e poi ci inoltriamo nel cantiere. Piano particolareggiato adottato nel 2003, approvato nel 2005. Nel luglio di quell'anno, via al progetto con un finanziamento che diventerà di 190 milioni in vista dei Mondiali di Nuoto del 2009. In tutto a quella data la Città del Nuoto doveva costare 400 milioni, con stadi da 8000 posti. Nel 2007 la Vianini comincia i lavori, ma a luglio del 2008 si capisce che era stato un buco nell'acqua: l'opera non sarebbe stata pronta in tempo. Le gare si faranno al Foro italico. E l'ultimo finanziamento di 53 milioni è revocato. Ora uno stadio, il Palasport, è da 15 mila spettatori e l'altro può essere portato a 8000. Naturalmente anche i 400 milioni sono lievitati a 600. Ma in cassa per ora, finiti anche i dieci milioni messi a disposizione da Alemanno dal fondo per Roma Capitale, non c'è più una lira.
Ecco perché sono belli e dannati questi scheletri di acciaio e cemento armato: perché sono segni per ora di una disfatta. "Mancano 408 milioni che, se il Coni appoggerà la candidatura di Roma per i Giochi Olimpici" dice il sindaco "andremo a rivendicare alla presidenza del Consiglio e al ministero per le Infrastrutture". 
Dice l'assessore all'Urbanistica Marco Corsini: "La somma di 408 milioni in questa congiuntura economica è davvero importante, è difficile prevedere tempi rapidi, ma certo se persistono le difficoltà della finanza pubblica sarà decisiva la candidatura olimpica. E l'opera di Calatrava, un capolavoro di architettura contemporanea, diventerà il primo segno riconoscibile alla porta sud della città. Poi, dopo le Olimpiadi, se ce le assegneranno, potremmo trasformarlo in un grande spazio sportivo polifunzionale". 
Ecco come ragionano gli urbanisti a Roma, concetti vaghi con tendenze megalomani uniti da una serie di se e di ma. Adesso che la candidatura olimpica per il 2020 è fortunatamente svanita (altrimenti chissà quali altri disastri avrebbero commesso) chissà dove e se recupereranno il denaro sufficiente a concludere un’opera nata male e pensata male per l’ennesimo zampino del grande archistar Santiago Calatrava.
 
Estimo – Valutazione e stima – un ultima analisi:
 
Il valore dipende dallo scopo della stima, e corrisponde all’interesse della collettività, se c è un mercato, tutto si può stimare, tenendone ben presente lo scopo.
In ogni giudizio di stima la “previsione” è una caratteristica immanente, cioè è intrinseca nel concetto di stima, prevedere è come l’atto progettuale: è indispensabile, ma anche doveroso, possiamo quindi dividere l’organizzazione in due azioni: programmare/prevedere-
Il prezzo è fondamento della stima, cioè andiamo a ricercare il più probabile valore di mercato.
La comparazione è l’unico metodo di formulazione, le stime empiriche si basano sul confronto, un messo sicuro che sostiene tutto il processo della stima.
L’ordinarietà rende il giudizio di stima valido, è una componente data dalle statistiche e va a prendere la fascia media degli eventi che con più frequenza si riscontrano (valore medio ordinario).
Possiamo dire che l’estimo non è una scienza ma è sorretto da questi tre pilastri: economia, tecnica e diritto.
Tutte le stime si concludono con questo risultato: il più probabile valore di mercato.