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Model is the message

 

“Medium is the message” è forse la frase che maggiormente caratterizza la produzione teorica e letteraria del canadese Marshall McLuhan, filosofo di teoria della comunicazione che (per chi non ne abbia mai sentito parlare) previde la nascita del WWW ben trent’anni prima della sua comparsa. Con questa affermazione crea una corrispondenza simbiotica tra i media e il messaggio, la cui percezione è inevitabilmente influenzata dai primi.

“Model is the message” non è ne una citazione mal copiata e neanche una mia personale parafrasi del messaggio di McLuhan ma il titolo del tredicesimo capitolo del libro Shaping Things di Bruce Sterling, uno dei padri della letteratura cyberpunk.

Tra le due affermazioni possiamo trovare una certa affinità: la prima descrive un rapporto di stretta dipendenza del messaggio dai media che lo inoltrano; per Sterling il modello, nell’era digitale degli Spime (parola di cui successivamente se ne descriverà il significato), ha tutte le carte in regola per poter essere il vettore adatto alla diffusione del messaggio.

Il modello 3D, per Sterling, non è legato a nessuna regola o limitazione fisica; è ispezionabile da qualsiasi punto di vista e non è legato ad alcuna logica di mercato (lo scrittore è un grande sostenitore dell’open source).

Il messaggio contenuto nel modello ha una trasposizione dallo spazio virtuale nel mondo reale attraverso l’operazione di “fabbing” (termine traducibile come fabbricazione digitale): dallo Spime  è realizzabile  un “fabject”.

Se il fabject è semplicemente descritto come oggetto originato dal fabbing, la parola chiave del libro del noto autore di romanzi sci-fi è sicuramente Spime. Gli Spime sono oggetti intangibili, logica conseguenza di un lungo processo storico che dagli Artifacts(manufatti) passando per Machines(macchine) e Products(prodotti) porta fino Gizmos(aggeggi), oggetti personalizzabili strettamente legati a logiche di mercato dalla breve durata.

Artifacts sono oggetti artigianali frutto di regole empiriche e folclore; Machines sono Artifacts con parti mobili realizzate con cognizione tecnica avanzata; Products sono oggetti destinati alla produzione di massa grazie anche a logiche realizzative Tayloriane, non artigianali e anonime.

La questione Spime però è ancora irrisolta. Lo Spime è il protagonista di un determinato processo documentato nello spazio e nel tempo che porta alla realizzazione di modelli con specifici codici e in grado di generare fabject (da qui Shaping Things). Lo Spime in quanto oggetto aperto, documentato, tracciato e tracciabile non attrae stakeholders, interessati alle spietate logiche di mercato, ma è migliorato e sviluppato secondo i principi dell’open source.


È evidente che allo stato attuale la logica molto “umanistica” dell’open source è ben lungi dall’essere radicata: lo stesso Sterling è costretto ad ammettere di vivere in un’era prevalentemente dei Gizmo ma ipotizza che nell’arco di 30 anni il mondo sarà forzato ad affidare la sua produzione allo Spime (30 come fu per il WWW con McLuhan, ndr).

Questo obbligo è dovuto essenzialmente alla scarsa sostenibilità delle attuali tecnologie e delle logiche distributive delle merci. Propone oggetti riciclabili con attenzione all’intero ciclo vitale e l’utilizzo strumenti di computer-aided design (CAD).

Vorrei porre attenzione alla parola strumento, che ben vuole discostarsi dalla parola utensile. La sigla CAD spesso viene associata all’utilizzo del computer come utensile di precisione per la graficazione di progetti anche manualmente realizzabile (con un po’ di pazienza e con un sapore certamente più artigianale). Per i pionieri della progettazione assistita attraverso elaboratore (che è la traduzione dell’acronimo) il computer diventa uno strumento capace di generare geometrie e produrre dati complessi.

Greg Lynn pone l’attenzione sul fatto che gli strumenti prediletti da designer e architetti sono figli di un algebra semplice. La sfida è usare questi ed altri strumenti per indagare forze, tempo e spazio: l’architettura sarebbe prodotta da modelli animabili attraverso un avanzato sistema dinamico, che esuli dal classico sistema Cartesiano di coordinate. Essa è dunque plasmata da movimenti virtuali generati da campi di forze e il risultato finale non è necessariamente un’architettura capace di cambiare la sua conformazione spaziale (nonostante esistano particolari installazioni realizzate come Muscle di Kas Oosterhuis).

La monumentalità diventa luogo della sperimentazione morfologica attraverso tecnologie innovative e lo strumento informatico consente la ricerca volta all’innovazione.

Questo approccio, come auspicato da Sterling (anche se imperativamente in maniera sostenibile), stabilisce un continuo confronto con l’innovazione tecnologica e costruttiva. Per Patrick Schumacher di Zaha Hadid architects il lavoro d’avanguardia risente di due grandi domini: il primo, più legato alle logiche di mercato e alle esigenze della società (meno Spime più Gizmo, ndr), individua dei problemi; il secondo trova possibili risoluzioni.

Numerose sono le società che operano in questo secondo dominio (sebbene si possano contare sulle dita di una mano quella esercitano sulle più delicate questioni di tipo ingegneristico): oltre gli NBBJ già citati in un precedente post, vorrei porre attenzione sui DesignToProduction e in particolare sulla mission di questo studio nato solamente nel 2006 da Arnold Walz, Fabian Scheurer e Christoph Schindler.

“We realize complexity in architecture” Come? Attraverso una sistematica e lineare serie di operazioni nel processo progettuale-costruttivo: “organize, optimize, simplify, materialize”. Qui il link per entrare nel merito dell’ In che modo?.


A conclusione di questa lunga argomentazione su modello e relative pertinenti digressioni, porto un esempio tratto da una lezione tenuta dall’arch. Raffaele Cipolletta per il ciclo di conferenze del Laboratorio di Costruzioni della Facoltà di Architettura e Società del Politecnico di Milano dei docenti Briseghella e Paoletti.

Raffaele Cipolletta, responsabile di progetto dello studio Mario Bellini Architects, illustra le fasi  riguardo la realizzazione della geometria comlpessa per la copertura del cortile del Dipartimento di Arte Islamica presso il Louvre di Parigi.

L’architetto insiste, nella sua prima descrizione del progetto, che in fase di concorso d’idee non devono essere individuate soluzioni costruttive specifiche: l’appalto viene infatti assegnato alle società di costruzione solo poco prima dell’esecutivo. Queste possono eventualmente predisporsi a determinate tecnologie o materiali,  con maggiore o minore disponibilità a proposte alternative, spesso con un’ottica al ribasso.

Si realizza a questo punto il modello secondo la logica Sterling. Si aggiungono informazioni e si sviluppano le esistenti:  la forma complessa deve poter essere triangolata e generare un wireframe sul quale lavorare; la superficie si compone di due pelli, di cui una esterna lascia il passaggio della luce filtrata e una interna funge da controsoffittatura per favorire la ventilazione naturale.

Il wireframe viene sviluppato è acquisisce informazioni sul materiale e lo spessore di cui sono composte le aste e nodi: i tubi rotondi garantiscono ombre morbide; dopo un iniziale intento di creare quanti più triangoli uguali si preferisce un maggior numero pezzi diversi sfruttando il processo a controllo numerico, meno costoso rispetto la triangolazione serrata che avrebbe comportato la prima ipotesi. Lo Spime entra ora nel mondo reale e diventa fabject.

Affascinati dalle piastrelle di mosaico iridescente in vetro di Sicis, devono presto  disincantarsi dal suo uso. L’eccessiva artigianalità e tempi di realizzazione, portano gli architetti a servirsi di un film della 3M (ditta specializzata in materiali da imballaggio) che interagendo con le lunghezze d’onda della luce cambia la riflessione cromatica (probabilmente lo stesso film è utilizzato in via definitiva dagli Unstudio per l’intervento ad Almere per gli Uffici La Defense, ndr).

Il film però comporta problemi di protezione solare e riscaldamento, oltre che di illuminazione: il filtro riflettendo giallo lascia passare internamente luce viola. La soluzione si raggiunge realizzando un film multylayer contenente di uno stato impermeabile alla luce. Il tutto è forato con percentuali di forometria variabili.

Realizzando il mock up della copertura i progettisti osservano che esternamente la struttura risulta troppo evidente. Internamente il materiale definitivo è in nido d’ape d’alluminio tra film leggeri in PET e lascia intravedere il pacchetto di copertura con travi e rivestimento esterno; l’esterno è in vetro con film 3M forato. Solo quando si è perpendicolari al canale del nido d’ape è possibile guardare attraverso il pannello, e quindi solo internamente.


La fase di fabbing è dunque tanto importante quanto la fase di creazione dello Spime (senza nulla togliere a Sterling) e richiede una particolare premura nella trasposizione dal digitale alla fase di progettazione su tolleranze e costruzione: “The message is the fabject.

 

 

BIBLIOGRAFIA

Bruce Sterling, (designed by  Lorraine Wild), "Shaping Things", MIT Press , 2005

Greg Lynn, " Animate Form",  Princeton Architectural Press, 1999

Aaron Betsky ,”Unstudio”, Taschen, 2008

Anna Mangiarotti, Ingrid Paoletti, "Dall’idea al cantiere. Progettare, produrre e costruire forme complesse", Hoepli, 2008

SITI WEB

http://en.wikipedia.org/wiki/Marshall_McLuhan

 

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