La mia riflessione nasce dalle ultime considerazioni e tentativi fatti sulla riproduzione verosimile di una stanza illuminata. L’importanza della rappresentazione non credo debba essere sottovalutata, soprattutto per un architetto, che prima di tutto si trova a dover rappresentare e comunicare graficamente le proprie idee progettuali. Per questo l’aspetto visivo risulta spesso essere il primo elemento considerato nella buona riuscita e comunicazione di un progetto.
Sicuramente la vista è uno dei sensi predominanti della nostra società e nello specifico nell’esperienza progettuale; questo perché l’architettura è il principale strumento che abbiamo per rapportarci allo spazio circostante e renderlo a misura d’uomo. Non credo sia un caso il fatto che la progressione nel tempo degli strumenti a disposizione sia andata verso un’evoluzione delle tecnologie in grado di riprodurre immagini sempre più sofisticate, fino ad arrivare ad una perdita del controllo del rapporto tra ciò che è o deve diventare reale e ciò che è rappresentato.
Pallasmaa nel sul libro “Gli occhi della pelle” sostiene infatti che l’architettura si confronta e cerca di dare risposte sostanzialmente all’esistenza umana nello spazio e nel tempo, esigenza che nasce dal fatto che la vista sia sempre stata considerata nella cultura occidentale come il principale tra i sensi, pensiero comune già tra antichi greci, e che l’avanzamento della nostra cultura tecnologica negli anni abbia evidenziato questo primato.
Esempio di rapporto tra reale e rappresentato
Luis Khan, Salk institute, California, 1959-1965:
Rappresentazione digitale dello stesso progetto, ad opera di Kent Larson per il su libro omaggio a Luis Khan “Louis I. Kahn Unbuilt Masterworks”, 2000:
Ma, come le nostre idee sono frutto della totalità dell’esperienza sensoriale così una buona comunicazione di un’idea non può fare affidamento unicamente su un messaggio visivo. Non basta un’immagine “contraffatta, manipolata e resa prodotto di massa”.
L’utilizzo di un programma come Revit permette di capire direttamente l’importanza e l’utilità di poter controllare più aspetti nel momento della rappresentazione, in modo da avere un collegamento diretto tra la progettazione e la realizzazione. Questo ovviamente comporta una serie di competenze necessarie per cui l’abilità nel campo digitale è strettamente legata a quella nel campo edilizio. E’ una progettazione “intelligente”, fondamentale per capire i processi costruttivi, per cui tutti gli elementi rappresentati sono legati da una catena di relazioni, che trovo molto chiara nella definizione del 2003 di Bernard Chace come associatività, spiegata dicendo:
“creare un punto all'incrocio di due linee non consiste più nel creare un elemento grafico, ma nello stabilire una relazione di intersezione sulla base di due relazioni di allineamento (…) un punto di intersezione si ricalcoli a dovere quando spostiamo i punti di estremità dei segmenti delle rette che intersechiamo (…) La modifica di uno dei "parenti originari" del progetto deve provocare l'aggiornamento automatico dell'integralità della catena informatica, poiché l'intervento umano è sempre soggetto ad errori”.
Così facendo elementi diversi possono essere gestiti, non essendo disegnati singolarmente, ma come risultato di modifiche di caratteristiche comuni, parametrizzate.
L’importanza e l’estrema utilità del software sta nel poter così adattare gli elementi in corso d’opera, perciò non è tanto importante la definizione iniziale se non nei sui aspetti di variabilità.
Il software così concepito impone una conoscenza trasversale, dall’aspetto stilistico a quello costruttivo, dai costi ai tempi, consumi.
Tema importante, su cui ho voluto porre l’attenzione, è perciò legame tra la rappresentazione ed il controllo di aspetti tecnici, motivo per cui il software può essere utilizzato ad esempio per la progettazione dell’illuminazione in uno spazio chiuso, essendo la luce l’elemento principale di percezione visiva ed efficace solo se rappresentato realisticamente, dovendo tenere conto però di aspetti tecnici come l’impianto elettrico e la reale composizione degli apparecchi illuminanti, consumi ed effetti contemporaneamente controllabili dal confronto tra la resa stilistica del modello e quella di un’immagine reale.
Sembra quasi un esubero di temi da dover affrontare per poter ottenere un progetto concreto, ma in realtà questo tipo di software agevola il lavoro, modificando il ruolo dell’architetto e soprattutto determinando la necessità di una collaborazione continua.
Andando a curiosare tra i lavori dello studio Shop è chiaro come abbiano voluto lavorare con i software interpretandone le potenzialità e quanto il loro intento fosse proprio quello di mettere in discussione il ruolo dell’architetto che necessariamente nei loro progetti pensa, rappresenta l’aspetto stilistico e gli elementi costruttivi, ne controlla l’effettiva possibilità di realizzazione studiando tecniche di assemblaggio e producendo anche i disegni di montaggio nella procedura del nesting. E’ anche evidente quanto sia indispensabile il controllo dimensionale al fine di rendere realizzabile ciò che si sta rappresentando e questo determina un utilizzo di precisione del software e non finalizzato alla semplice rappresentazione.
Bibliografia:
Juhani Pallasmaa, Gli occhi della pelle, Jaka Book, Milano 2007
Stefano Converso, Shop works, Edilstampa, Roma 2008
Patrick Beaucé, Bernard Cache, Verso un modo di produzione non-standard, ARCH’IT 2004