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LE ZONE “GRIGIE”, TERRA DI NESSUNO…O DI TUTTI?

Il caso Arup

Le scoperte più interessanti vengono fatte nelle zone grigie, le zone di confine dove finisce l’architettura ed inizia l’ingegneria strutturale.” (1)

Gabriele Del Mese, ingegnere presso la società di ingegneria londinese Arup, e fondatore della sede italiana Arup Italia, afferma,  in una conferenza tenuta alla facoltà di Architettura di RomaTre il 29 Gennaio 2012, che la dicotomia delle professioni che hanno a che fare con le costruzioni rappresenta uno stacco stridente in un Paese come l’Italia. La deontologia di Arup si materializza nel lavorare fuori dai regolamenti, credendo e perseguendo ogni possibilità progettuale, attraverso la ricerca, la sperimentazione imprescindibilmente INTEGRATA e MULTIDISCIPLINARE. Dunque è necessario dotarsi di un team, come quello di Arup, dalle molteplici figure competenti poste in interdipendenza tra loro, poiché lo scibile, lo stato dell’arte non può risiedere in una sola persona.

We are an independent firm of designers, planners, engineers, consultants, and technical specialists offering a broad range of professional services”. (2)

Il team è quindi paragonabile ad un’orchestra : tutti sono specialisti nel loro settore, ma nessuno di loro è un leader.  

 

Il leader può rappresentare al massimo il direttore d’orchestra, e questo va fortemente in contrasto con la concezione italiana per la quale si ritiene che il capo gruppo sia il “più bravo“, il famoso primo nome che compare tra i “credits” al termine degli articoli sulle riviste di architettura, primo di una lunga serie su cui spesso non ci si sofferma. Per quanto detto sopra, poiché la figura dell’architetto contemporaneo non è più neanche lontanamente assimilabile all’individualismo dell' artista, e probabilmente non lo è mai stata, e poiché l’architettura risulta affermarsi improrogabilmente come disciplina integrata, viene ormai meno l’ottica dell’autorialità, della firma autografa del singolo su un’opera. Il capogruppo diventa quindi un rappresentante del progetto, il cui compito è quello di gestire e distinguere le diverse sensibilità delle figure professionali a sua disposizione.

 

In questo senso è fondamentale il tema dell’interscambio di informazioni tra figure professionali di diversa estrazione che lavorano contemporaneamente per uno stesso fine. Concretamente, in gergo informatico si tratta del tema dell’ “interoperability” (2), a cui è dedicata la ricerca dell’International Alliance for Interoperability (IAI), istituto statunitense dedito allo sviluppo di formati di interscambio per modelli digitali “costruttivi”. (3)

 Infatti l’affascinante processo per il quale si crea un unico modello tridimensionale intelligente descritto in maniera parametrica (BIM: Building Information Modeling), e quindi agevolmente modificabile, attraverso le sue componenti costruttive, può risultare di complessa fruizione se ogni interlocutore, lavorando con un proprio modello su piattaforme che non comunicano bene tra loro, è costretto volta per volta a lunghe e macchinose conversioni. L’analisi di quelle che Del Mese definisce le zone “grigie” del progetto, le zone di confine, le più fertili, di competenza integrata fra le figure professionali, deve essere resa accessibile a tutti gli attori del processo in maniera agevole adottando ad esempio la stessa piattaforma software, che si divide in settori specifici dedicati agli specialisti per le strutture piuttosto che per la termica, l’acustica, la geotecnica.

 In questo senso si inserisce il fenomeno dello sviluppo delle cosiddette “divisioni computazionali” all’interno di studi particolarmente sensibili alla questione come la GehryTechnologies , oppure la sezione Software Devolpment di Arup.

 

Particolarmente interessante è quello che John Frazer, collaboratore nella società GehryTechnologies dice a proposito dell’impatto sortito sull’innovazione del processo edilizio dal software basato sul metodo Gehry,( un’ unica piattaforma che si divide in settori specifici per i diversi professionisti coinvolti): egli afferma che la rivoluzione non risiede tanto nell’opportunità di generare forme sempre più complesse, ma piuttosto nella possibilità che la conoscenza esatta di esse sia a completa disposizione dei molteplici professionisti che le studiano e perfezionano, tramite le datastructures ad esse correlate, e cioè lo storing, l’archiviazione ordinata e immediatamente fruibile dei dati oggettivi ad esse connessi.

Zone “grigie” quindi digitalmente  terra di tutti coloro che virtuosamente desiderino esplorarle. 

 

Note:

(1)   G. Del Mese, conferenza del 29 Gennaio 2012 alla facoltà di Architettura di RomaTre

(2)   “We are an independent firm of designers, planners, engineers, consultants, and technical specialists offering a broad range of professional services” è la dichiarazione di intenti riportata sulla home del sito web di Arup: http://www.arup.com/

(3)   S. Converso, Il progetto digitale per la costruzione. Cronache di un mutamento professionale, Maggioli Editore, Milano, 2010, p.19

(4)    S. Converso, op.cit., p. 21.

 

Bibliografia

S. Converso, Il progetto digitale per la costruzione. Cronache di un mutamento professionale, Maggioli Editore, Milano, 2010

S. Converso, “Architettura digitale”, in M. Biraghi, A. Ferlenga (a cura di) , Architettura del Novecento, “Grandi opere”, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2012, vol. 1

http://www.arup.com/

 

 

 

 

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