Qualche piccolo possibile stimolo teorico tra i molti incontrati nell'elaborazione della mia tesi, perché l'indagine non finisce dopo una consegna:
La Waterloo Station di Nicholas Grimshaw a Londra è un progetto d’importanza nevralgica per tutto lo sviluppo dell’architettura contemporanea. Costruita nel 1992, la copertura della stazione è costituita da una serie parametrica di coppie di archi incernierati. Le misure dei singoli elementi costruttivi non sono quindi esplicite, ma esplicite sono le regole associative che ne governano la successione; gli elementi costruiti di fatto non sono che delle istanze del genitore originario astratto “coppia di archi”. A rendere possibile questa che Platone avrebbe chiamato mimesi imperfetta e che noi chiamiamo progettazione parametrica sono ovviamente gli strumenti software, che permettono di gestire il processo dall’ideazione alla fabbricazione. A sviluppare i modelli strutturali CAD di questo progetto pionieristico furono quattro figure importanti del panorama intellettuale - tecnologico come Robert Aish, allora sviluppatore software per la Bentley Systems, Lars Hesselgren, J Parrish e Hugh Whitehead. I quattro, in seguito a questa esperienza, formarono il gruppo SmartGeometry, che in collaborazione con la Bentley sviluppò un software parametrico d’avanguardia chiamato GenerativeComponents, nel quale attraverso la modellazione diretta e la definizione di relazioni e di script algoritmici era possibile gestire componenti adattativi.
Il progetto 39571 di SHoP Architects è a mio avviso un esempio perfetto delle potenzialità ancora poco esplorate dell’architettura non standard. Si tratta di una struttura realizzata in seguito alle devastazioni dell’uragano Katrina in Mississippi; un’opera d’emergenza, quindi, a budget molto limitato. Il centro focale dell’intero progetto è evidentemente il portico, di cui gli autori scrivono essere “progettato per offrire una copertura più ampia possibile fornendo al contempo un’esperienza spaziale al di sotto”. Ciò a cui non si vuole rinunciare sono quindi Funzionalità e Qualità, ma come? I materiali sono umili e perlopiù locali, la tecnologia costruttiva è semplice, tanto da permettere una realizzazione in autocostruzione, un unico giunto a connessione variabile progettato ad hoc e prodotto a New York permette di ottenere un grandissimo numero di variazioni che, gestite con eleganza, razionalità e misura, generano uno spazio coinvolgente e ricco.
Una slide dall’intervento di Manfred Grohmann in occasione della conferenza SmartGeometry 2012. Ancor prima dell’immagine raffigurante il nesting dei componenti di questo progetto d’interni per il flagship store parigino di Hermès, quello che trovo estremamente interessante di questa diapositiva è l’accostamento di nomi e professionalità: troviamo Rena Dumas, studio di architettura d’interni parigino specializzato in identity architecture, DesignToProduction, società di consulenza per i processi di progettazione, ottimizzazione e produzione in chiave digitale di strutture parametriche non standard, e ovviamente Bollinger+Grohmann, uno degli studi di ingegneria più all’avanguardia del panorama internazionale. Rena Dumas definisce la forma della comunicazione, i rapporti spaziali, e l’ambito espressivo – tecnologico. Il progetto passa poi a Bollinger+Grohmann che, seguendo queste linee guida, identifica la struttura, ne studia i carichi e definisce con esattezza le mesh dei volumi garantendo che “i carichi di taglio e i momenti flettenti si trasferiscono tra gli elementi in modo tale da assicurare la stabilità della struttura”. A questo punto interviene DesignToProduction che modella interamente la struttura ottimizzandone e razionalizzandone la segmentazione, fino ad arrivare alla “definizione precisa di più di 7000 componenti individuali e dei loro 4000 punti di giunzione, lo sviluppo in piano dei segmenti curvi e la loro disposizione ottimale nei circa 600 pannelli di materia prima”. Ed ecco il risultato:
Nel giugno 2010 ho avuto l’occasione di scattare qualche fotografia all’interno del cantiere della chiesa di San Pio a Roma dello studio SAA&A, appena in tempo prima che la struttura portante, parametrica e non standard, fosse completamente coperta dai pannelli di cartongesso che già si affacciano nei pixel superiori. Si tratta di un progetto estremamente innovativo per il contesto romano e italiano, avvalendosi di strumenti avanzati per raggiungere esiti formali altrimenti inarrivabili, senza però per questo lasciarsi condizionare dal portato estetico – espressivo dell’hi-tech o dell’architettura fluida.
Nel vicino 2002, anno d’uscita del film Minority Report di Steven Spielberg, tratto dal racconto omonimo di Philip K. Dick, la scena della “pubblicità personalizzata” sembrava inserirsi a pieno titolo nell’universo fantascientifico irrealizzabile costellato da squadre precrimine, replicanti e odissee nello spazio. Ma ben prima del 2054 il web semantico ci ha portati decisamente vicini a questa amata - odiata frontiera. Internet è lo strumento più potente, dinamico e travolgente mai esistito nella storia dell’uomo, ma come si sta evolvendo e come possiamo prendere parte attiva al cambiamento? Siamo sicuri di poter dare per scontato che l’architettura, con tutto il peso della materia e il potere del coinvolgimento diretto, debba rimanere al di fuori della virtualità?