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La biennale di architettura di Venezia è un evento che serve ad incontrare, conoscere e confrontarsi con le novità che si stanno concretizzando per l’appunto nel campo dell’architettura; come successe quando si introdusse il computer quale mezzo di progettazione (2004_metamorph) così come quando, grazie al manifesto parametrico di Zaha Hadid ci si affacciò con molto interesse e curiosità all’architettura parametrica (2008_Architecture beyond building).

Per architettura parametrica, l’architetto iraniano intendeva un nuovo stile globale da sostituire al modernismo, un parametricismo, dunque, inteso come malleabilità del progetto in cui esistono e convivono corrispondenze fra misure o contesto. Infatti ogni caratteristica può essere associata o relazionata a qualsiasi altra proprietà di qualsiasi altro elemento del progetto, di modo che venga instaurata una concatenazione di causa ed effetto in cui tutto è correlazionato.

Questa nuova concezione progettuale porta così a un allontanamento sempre più evidente dagli aspetti formali che vanno oltre la geometria euclidea, con la creazione di forme sviluppate dal computer, più o meno funzionali.

Tuttavia questa innovazione fa si che il confine fra ciò che è virtuale e ciò che è tettonico sia molto labile, tanto da essere diagrammato in uno schema dall’arch. Rem Kolhaas, il quale sostiene che nel campo virtuale si possa osare fino all’ennesima potenza ma nel momento in cui si passa al campo tettonico bisogna far fronte a leggi statiche, che per l’appunto non permettono la realizzazione effettiva del progetto iniziale. Eppure la presunzione di alcuni architetti spinge a grossi errori di valutazione nella progettazione; lampante è la realizzazione della “Nuvola” dell’ arch. Fuksas, il quale non sta riuscendo a conferire al progetto la leggerezza che l’idea iniziale prevedeva.

 

Ma questa dicotomia fra virtuale e tettonico, fra disegno e applicazione pratica la abbiamo già dai tempi del rinascimento, quando Raffaello rappresenta nell’”incendio di Borgo”, dipinto ubicato in una delle stanza dei musei vaticani, tutti gli ordini insieme, il dorico, lo ionico, il corinzio, il tuscanico e il composito, bensì è solo con Serlio che avviene una prima parametrizzazione, in quanto classifica ordinatamente tutte le tipologie di colonne.

 

Ma è Vignola, nel “la regola dei cinque ordini architettonici” (1562), che attraverso una spiegazione pratica di come applicare queste conoscenze , esplicita la maniera corretta su come usare il classico, ma soprattutto, con questo trattato, che presenta, sotto severi principi, una completa descrizione degli ordini. Scriverà, infatti, che anche una persona qualunque si può applicare nella costruzione del classico, poiché esistono appunto dei parametri condivisi da tutti.

Parametri che contraddistinguono l’architettura classica e che trasmettono a essa una caratteristica fondamentale se non imprescindibile, la proporzionalità. L’architetto attraverso uno schema molto rigido divide la colonna in parti, che devono corrisponder a 4 parti per la base 12 per il fusto e tre per il capitello così da ottenere una colonna ben equilibrata; e le parti della colonna sono in base all’ordine che si vuole progettare. Un altro esempio calzante di parametri applicati all’architettura classica è l’altezza del fusto di colonna che cresce proporzionalmente in base al diametro della colonna stessa, facendo crollare la credenza comune che gli ordini crescano di altezza dal dorico al corinzio. Forse se i classici avessero avuto Revit avrebbero avuto una vita molto più semplici inserendo come parametri condivisi il diametro a l’altezza!

 

Tutte queste nozioni circa l’importanza, il radicamento e la messa in opera della parametrizzazione del prodotto sin dalle epoche più antiche, in cui la figura dell’architetto ancora non esisteva, ma era solo un capomastro che basava le proprie conoscenze su fatto empirico e non teorico, mi porta a a pormi delle domande.

 

Innanzitutto quanto l’ingresso della tecnologia nella fase di progettazione, intesa quindi come l’utilizzo di software, dal semplice autocad fino ad arrivare a programmi quali revit che permettono di connettere i vari dati fra loro scatenando una reazione di causa ed effetto, abbiano influenzato il modo di progettare? Quanto le nostre idee si spingono ben oltre il possibile, il realizzabile solo perché il programma lo permette? Quanto siamo affascinati dall’aspetto formale piuttosto che a quello funzionale? o meglio è pura superbia quella di volere provare a sfidare le leggi statiche oppure è un continua ricerca attraverso uno studio sempre più analitico di nuove tecnologie e materiali? Il parametricismo è un modo di progettare che usa in modo creativo i programmi di modellazione oppure è solo una semplificazione di un processo che senza i nuovi mezzi tecnologici sarebbe stato molto più difficile?