PRIME IMPRESSIONI SULLA FATTIBILITA': I casi del Palazzo Massimo alle Terme e della palazzina di Libera ad Ostia

Il palazzo Massimo alle Terme fu progettato e costruito nel 1883, dall’architetto Camillo Pistrucci, nell’area dove sorgeva la cinquecentesca villa Montalto Peretti. Commissionato dal padre gesuita Massimiliano Massimo, il palazzo svolse la funzione di collegio d’istruzione fino agli anni 60 del XX secolo, per poi essere acquistato dallo Stato italiano e restaurato affinché potesse ospitare parte del patrimonio archeologico di Roma.

 

In seguito al restauro firmato dall’architetto Costantino Dardi negli anni 80, di cui sono visibili ancora le belle “macchine illuminanti”, cubi dalla struttura metallica bianca e pannelli riflettenti che illuminano le opere attraverso la luce riflessa, gli architetti Cacciapaglia e Celia sono stati chiamati a dare vita ad un progetto di allestimento atto a valorizzare le importanti opere mostrate all'interno delle sale.

La caratteristica fondamentale di questo recentissimo intervento, è la caratterizzazione cromatica degli ambienti in base al colore e alle peculiarità delle opere stesse in essi contenute: un espediente economico e assolutamente efficace a dimostrare che spesso è nella semplicità ragionata il successo degli interventi più riusciti. Infatti, entrando nella sala più grande, una volta ospitante il piccolo teatro del collegio, non si può non restare colpiti dalla bellezza delle candide statue romane di marmo, che risaltano sui toni grigi delle pareti, del pavimento e del controsoffitto. Il colore è usato con sapienza anche per accompagnare lo spettatore nella fruizione dello spazio espositivo. Sono da segnalare a tal proposito i due riquadri di un grigio più scuro, rispetto al fondo delle pareti di un grigio chiaro, posti alle due estremità dell’asse longitudinale della sala: questi permettono di individuare immediatamente i due capolavori principali, nonché la direzionalità dell’ambiente lungo la quale il visitatore deve muoversi. Dello stesso grigio scuro sono anche il pavimento e il controsoffitto. Quest’ultimo è stato concepito come una macchina teatrale, predisposta per essere in grado di abbassarsi e di alzarsi in base alle esigenze espositive dello spazio, richiamando la funzione che lo spazio ha avuto in passato. Tuttavia a causa della scarsa disponibilità di fondi, l’aspetto dinamico del controsoffitto nello spazio è lasciato esclusivamente al suo scomporsi in più pannelli sfalsati tra loro: ancora una volta emerge la brillantezza delle scelte architettoniche capaci di far fronte a difficoltà oggettive, come quelle di tipo economico. Il colore ha la sua importanza anche nella rievocazione del mare nei tendaggi della sala della nave di Nemi, e soprattutto nella valorizzazione del sarcofago di Portonaccio, la cui base in travertino, sulla quale si trova esposto, è stata rivestita con pannelli grigi per permettere al color del marmo di risaltare pienamente.

La differenza tra il nuovo progetto di allestimento e quello degli anni 80, si fa evidente entrando nella sala immediatamente successiva non ancora restaurata, in cui i sarcofagi esposti sono ancora su basi di travertino, immersi in un ambiente dalle cromie estremamente chiare, che non permettono l’immediata godibilità delle opere all’occhio anche dello spettatore meno erudito.

Considerando che la cultura è un bene che appartiene alla collettività e che non esaudisce la sua missione quando resta fine a se stessa, la fruibilità degli spazi e un’esposizione accattivante sono aspetti che andrebbero sempre ben considerati in un progetto di allestimento e di restauro filologico.

A questo proposito, sono apprezzabili le feritoie nei muri tra un ambiente e l’altro, che permettono di sbirciare all'interno della sala conseguente, accompagnando con una certa enfasi la curiosità della scoperta delle opere successive. Così come pure l’allestimento della Casa di Livia. Anche in questo caso, l’esatta riproposizione della disposizione degli ambienti originali, e la creazione di una volta illuminata e realizzata con materiali economici, tubi al neon coperti da pannelli di pvc, invitano lo spettatore ad avere una percezione immediata degli spazi di una domus romana propriamente detta.

In generale, questo intervento testimonia che la parola “restauro” porta con sé il concetto secondo cui le opere devono essere proposte e valorizzate in funzione e a misura dello spettatore che vi si trova dinanzi, affinché possano essere comprese e apprezzate come meritano, anche da coloro che sono lontani dal tempo in cui sono state create.

Si può affermare quindi che, in questo caso, il coraggio delle scelte compiute dagli architetti, insieme al costo ragionevole dell'opera, conducono ad un esito particolarmente felice dell'intervento, nella speranza che si possano trovare nuove fonti economiche, pubbliche o private, per far sì che tutto il museo possa trovare un più felice riassetto e la conseguente valorizzazione.

 

Che l'opera di restauro sia necessaria ai fini di una degna valorizzazione dell'opera architettonica nel tempo, è evidente nel caso della Palazzina di Libera ad Ostia.

Si tratta di un edificio esemplare nell'ambito dell'architettura razionalista italiana. Tuttavia pur essendo un capolavoro ed entrando di diritto tra le fila del patrimonio culturale di tutti, non è sottoposta ad alcun vincolo da parte dei Beni Culturali, se non quello paesaggistico della zona. Per questo motivo l'onere dell'opera di restauro, riservata agli spazi comuni e alla facciata, è ricaduto sugli inquilini che la abitano. Ridurre il più possibile i costi dell'opera, quindi, è stato uno tra i principali obiettivi dell'architetto Roberta Rinaldi.

Nonostante i problemi riscontrati in cantiere, che hanno prolungato nel tempo i lavori, l'esito dell'intervento è sicuramente positivo secondo molteplici punti di vista. Uno su tutti, l'incremento del valore al mq delle abitazioni, da 1500 euro/mq a 5000 euro/mq, a testimoniare che un corretto intervento di restauro ha un potenziale di valenza culturale, che si esprime nella godibilità dell'opera architettonica e che si riflette felicemente anche sul piano economico.