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Considerazioni dopo la lezione di Gargano_Strumenti di progettazione e invarianze

 

“il classico ha resistito così tanto, perché gli ordini architettonici erano parametrizzati e trasmissibili”.

Questa affermazione venuta fuori sabato scorso durante la lezione del prof. Gargano ha stimolato in me diverse riflessioni  riguardanti il rapporto tra strumenti di progettazione e Architettura.

Infatti le tavole che illustravano i  5 ordini di Vignola erano uno strumento di progettazione che, in un periodo in cui si prestava massima attenzione alle proporzioni, suddividevano gli elementi archittettonici in parti, consentendone una facile applicazione in ogni istanza progettuale, perché regolati intrinsecamente e quindi utilizzabili ad ogni scala.

E forse non è un caso che nei principali sistemi di misura del tempo (anch’essi strumento di progettazione) le unità fossero in genere su base 12 (divisibile per 2, 3, 4 e 6) e 60 (divisibile per  2, 3, 4 , 5, 6, 10, 12 e 15), quando la necessità di verificare direttamente in cantiere le proporzioni e quindi di poter dividere in parti era più forte della necessità di rappresentare in scala (questa è solo una mia deduzione. Purtroppo non ho potuto approfondire l’argomento).

Quindi gli strumenti di progettazione sono innanzitutto strumenti di verifica. Più la verifica è veloce, più lo strumento è funzionante e ha successo. Per poter essere veloce e funzionante, lo strumento ha bisogno di basi certe e condivisibili, in altre parole necessita di dati e di relazioni tra dati (come le proporzioni).

A mio avviso le relazioni tra i dati sono le invarianze che consentono di non navigare a vista nell’immenso mare della progettazione. Credo che nell’architettura contemporanea, la variazione può essere realizzata solo se basata su una rete di invarianze. Altrimenti il rischio più grosso è quello di progettare amebe prive di struttura tettonica e sintattica. Come abbiamo visto a lezione, il passaggio da una nuvola disegnata sul vetro alla costruzione reale può essere devastante. E soprattutto se l’architetto non definisce i dati e le invarianze, non può nemmeno comunicare e farsi valere; è costretto ad affidare agli altri gran parte della progettazione e della realizzazione, vedendo via via trasformare i propri disegni  vaghi e approssimativi in uno strano oggetto dotato di vita propria.

La potenza degli ultimi software di progettazione, oltre che nella velocità di calcolo, sta proprio nella possibilità di definire i dati e le relazioni tra i dati. Credo che proprio per questo gran parte del corso di Progettazione Parametrica sia incentrato sulla progettazione delle famiglie e sulla definizione dei parametri di tipo (invarianze) e parametri di istanza (variazioni)e delle relazioni tra di essi. Secondo me applicazioni come l’editor delle famiglie di Revit sono proprio strumenti per creare strumenti di progettazione. Al di là del bisticcio di parole, servono per creare quelle basi certe di cui parlavo prima, prima di passare alla progettazione dell’oggetto architettonico nella sua interezza, consentendo poi di verificare i dati in qualsiasi momento e di poterli trasmettere. In pratica dovrebbero aiutare ad evitarci sia di essere disegnatori di amebe inconsistenti, sia di essere meri assemblatori di componenti progettate da altri. Ci dovrebbe aiutare a fare ciò che ha fatto Vignola: creare una base per la progettazione.

Un altro argomento per me interessantissimo di cui si è parlato sabato, che riguarda i nuovi mezzi di progettazione, è la possibilità di affrancarsi dalla serialità della produzione standardizzata, grazie alle macchine di produzione a controllo numerico, che unite alla potenza di calcolo dei computer, consentono di creare e assemblare forme,  che fino ad ora era quasi impossibile realizzare e difficilissimo rappresentare con la sola geometria descrittiva. 

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