Prime impressioni sulla fattibilità: i casi di palazzo Massimo alle Terme e della palazzina di Libera ad Ostia.

 

 

Il  restauro condotto dall’architetto Rinaldi presso una delle case di Libera ad Ostia mostra le numerose problematiche che possono insorgere anche in un intervento su un edificio moderno, che in questo caso era, ed è tuttora, soggetto a vincolo paesaggistico. Dal momento che l’abitazione non era tutelata, i lavori sono stati finanziati dai tre proprietari dell’edificio (i quali in un primo momento erano contrari al restauro) che hanno messo a disposizione un budget molto limitato di circa 200.000€. I lavori hanno riguardato solo l’esterno e gli ambienti comuni (come la scala); la presenza del vincolo paesaggistico imponeva di non modificare l’aspetto esterno della palazzina che però aveva già subito delle trasformazioni, non congrue con il progetto iniziale di Libera, che ne avevano alterato l’aspetto (una modifica tra le tante il color ocra-giallo dell’intonaco esterno che non rispecchiava l’immagine originale dell’edificio). Il doppio appalto ha comportato un aumento dei costi e quindi uno spreco di risorse che potevano essere sfruttate per migliorare alcuni interventi (come ad esempio la realizzazione delle pendenze sulla copertura dell’abitazione).

Nonostante i numerosi studi preliminari, sono però emersi diversi problemi durante la fase esecutiva.

Le ringhiere, attualmente in ferro zincato a caldo e verniciate a polvere, erano state realizzate in un primo momento con ferro prezincato che si era arrugginito dopo soli due mesi. E’ stato dunque necessario sostituirle determinando un aumento dei costi. 

La facciata, oltre ad avere (come detto in precedenza) un colore non congruo con il progetto di Libera, presentava un forte degrado dovuto agli interventi non corretti compiuti nella manutenzione straordinaria degli anni ’70-’80 durante la quale è stato utilizzato il quarzo plastico. Si è dunque dovuto spicconare la parete eliminando anche lo spesso strato di intonaco e ciò ha comportato l’utilizzo di impalcature che hanno inciso fortemente sui costi dell’intervento. E’ stato ripristinato l’intonaco bianco, il quale però al termine dei lavori ha mostrato delle cavillature, dovute probabilmente al diverso assorbimento dell’intonaco in alcune zone del prospetto. Il gruppo Keraton ha però fornito il materiale per rimediare al danno provocato.

Nell’intervenire si è pensato anche ad un piano di manutenzione. L’uso della linea Bio della Keraton per il rivestimento esterno consentirà di restaurare l’intonaco attraverso una ripittura e non una picchettatura, non richiedendo quindi l’utilizzo di impalcature, bensì di ponti mobili, che incidono in maniera minore sui costi.

Dai 1.500€/mq del 1999 (anno in cui un’ordinanza dei vigili del fuoco prevedeva di demolire l’edificio perché pericolante) si è passati, grazie ai lavori di restauro, ad un valore di 5.000€/mq favorendo in questo modo anche la riqualificazione dell’intera area.

Il vincolo economico ha fortemente condizionato anche il progetto di allestimento del Museo Nazionale Romano presso il Palazzo Massimo alle Terme, condotto dagli architetti Cacciapaglia e Celia. Il costo complessivo del progetto, finanziato in parte dalla Sovraintendenza, è stato di 500.000€ ed ha interessato 600 mq di sale espositive. Altro fattore immutabile dei lavori, oltre ai costi, era rappresentato dalla data di inaugurazione del museo, avvenuta il 19 dicembre del 2011. Il progetto, che si fonda sul recupero di elementi della tradizione e della storia (e dunque anche sui restauri di Costantino Dardi condotti alla fine degli anni ’80 del ‘900) ha puntato alla realizzazione di un “allestimento invisibile” che valorizzasse le opere d’arte. L’ incombenza della luce (o troppo piatta, o abbagliante), i supporti non adeguati per il materiale di cui erano costituite le statue, le proporzioni non armoniche delle sale, il colore bianco delle pareti  che non faceva emergere il marmo delle sculture, non permettevano una facile lettura degli oggetti esposti e non consentivano dunque di far ammirare i dettagli delle opere. Il progetto si è concentrato sullo studio dei percorsi, sulla giusta collocazione delle sculture e sulla realizzazione di sale che mettessero in risalto le opere d’arte, facendo attenzione all’uso dei colori (per pareti, soffitti, supporti), ma soprattutto all’illuminazione, studiata e pensata per ogni singola opera esposta. Sale espositive che quindi si “adattano ed adeguano” alle necessità delle opere, divenute le vere protagoniste dell’allestimento grazie all’intervento non solo di architetti, ma anche di storici dell’arte e archeologici, il cui confronto/scontro ha portato al pieno successo del progetto.