Prime impressioni sulla fattibilità: i casi del palazzo Massimo alle terme e della palazzina di Libera a Ostia.

I due casi che abbiamo analizzato di interventi di restauro o ripristino di edifici di valore storico, ci hanno posto di fronte alle diverse problematiche e tematiche che si devono affrontare quando si interviene nel costruito.

Per quanto riguarda il caso del palazzo Massimo alle Terme, l’intervento avviene su un edificio di fine ottocento, la cui primaria funzione era quella di collegio e che oggi, invece, è diventato la sede centrale del Museo Nazionale Romano.

La visita in loco, guidati dall’architetto Celia, ci ha fatto comprendere quali intenti e quali diffocoltà hanno caratterizzato l’attuazione del progetto di restauro. Molta attenzione è stata posta verso l’allestimento dei diversi ambienti che compongono il percorso di visita del museo. Si è cercato di creare degli spazi adatti a valorizzare gli oggetti antichi, senza alterare in maniera eccessiva gli ambienti che li ospitano, rispettando la loro storia e senza negare la loro vecchia funzione. Un caso esemplare è, per esempio, la sala dell’ex teatro dove, nonstante le scelte di trattamento delle superfici con colori diversi dagli orginali e l’inserimento di impianti di illuminazione applicati su pannelli sospesi dal soffitto che vanno a diminuire il volume dell’ambiente, si cerca di mantenere l’impianto originario che viene richiamato anche dai balconi correnti lasciati in vista.

Per quanto riguarda la riproposizione di affreschi o mosaici, si è cercato di ricreare gli ambienti per come erano originariamente in modo da rendere i pezzi antichi intellegibili, anche con il supporto di impianti di illuminazione posti in copertura che vanno a riprodurre la variazione della luce per come è percepita durante l’arco di una giornata.

L’attenzione primaria è posta sempre verso la valorizzazione dei pezzi antichi, ciò, però, non può ignorare delle necessità pratiche, di tipo economico, di sicurezza, ecc, che invitabilmente obbligano a scendere a dei compromessi. In questo caso i lavori sono stati in parte finanziati dalla Sovrintendenza, ed i committenti pur avendo presentato ogni tanto delle perplessità riguardo alcune scelte di progetto, si sono mostrati abbastanza aperti al dialogo ed attenti a scelte colte e studiate.

L’imminente inaugurazione della mostra temporanea “I regni immaginari” ospitata in un’ ala del museo, ci ha fatto comprendere “dal vivo” quanti problemi possano sorgere in fase di attuazione di un progetto.   

Per quanto riguarda, invece, la palazzina di Adalberto Libera ad Ostia,si passa ad un progetto che, a differenza del caso precedente, tratta interventi prevalentemente su spazi esterni, all’aperto. La palazzina che negli anni 30 del Novecento, si presentava come un gioiello del razionalismo italiano, dopo circa sessant’anni di vita era ridotta in stato di forte degrado e rischiava l’abbattimento per motivi di sicurezza poichè considerato un edificio pericolante.

In questo caso l’intervento è stato spinto dalla volontà di riportare questo edificio, se non alla bellezza originale, almeno ad uno status decoroso. Tramite il percorso dell’ante e post restauro proposto dall’architetto Rinaldi, abbiamo compreso come i lavori di restauro abbiano incontrato, sin da subito, diversi ostacoli.

Il badget disponibile per i lavori di restauro era molto limitato, così i vari imprevisti in corso d’opera, hanno comportato delle scelte sugli interventi da compiere più urgenti.

In una manutenzione ordinaria degli anni 70/80 circa, sulle superfici esterne dell’edificio è stato steso un intonaco di rivestimento contente quarzo plastico, questo ha compromesso fortemente le facciate che con il tempo hanno riportato importanti distacchi di parti di intonaco, dovuti alla poco traspirazione delle murature. La rimozione di questo strato di intonaco ha gravato molto sulle spese di cantiere. Tra le varie accortezze portate avanti negli ultimi lavori, c’è stata invece l’attenzione alla durabilità degli interventi e comunque alla previsione di una manutenzione poco frequente e onerosa.

Un problema da non sottovalutare, quando si lavora su edifici privati, è il rapporto con i proprietari. In questo caso, pur essendo soltanto tre condomini, è stato difficile far comprendere l’importanza di certe scelte di cantiere, soprattutto perchè le spese ricadevano principalmente su questi. Non sempre si collabora con persone con una sensibilità culturale che permetta di rendere comprensibile l’intento di un progetto di restauro filologico. Ed è anche vero che il valore degli appartamenti che, prima del restauro era di 1500 €/mq è diventato di 5000 €/mq, cifre che non si possono sottovalutare. L’edificio di Libera, sebbene sia considerato un elemento di valore storico ed artistico non è soggetto a vincoli di nessun tipo e non si è potuto usufruire di nessun tipo di finanziamento pubblico. E’ stata, infatti, necessaria la ricerca di uno sponsor, che però è riuscito a sostenere le spese in modo consistente.

Anche in questo caso, gli imprevisti in fase di attuazione non sono mancati, un esempio sono le ringhiere dei balconi che dopo essere state montate sono arrugginite in breve tempo. In questo caso, oltre all’imprevisto in se, il fatto di dover rifare da capo le ringhiere ha comportato delle spese non previste che hanno inciso sugli altri interventi previsti.