Saggi di buone pratiche di architettura: il rigore di Franco Albini

 

‘Fantasia di precisioni’ e ‘razionalismo artistico’. Le due locuzionidi Ponti e Persico sono una buona presentazione per l’architettura di Franco Albini, architetto iscritto tra i padri del razionalismo italiano a partire dagli anni ‘50. Molto spesso la lettura del suo operato si è però soffermata solo sugli aspetti prettamente tecnici e funzionali,  lasciando in secondo piano la poetica raffinata che lo caratterizza. La ricerca funzionale, la cura quasi ossessiva dei dettagli, la sperimentazione dei materiali sono quindi tratti distintivi del suo lavoro, ma rappresentano il veicolo per arrivare ad un risultato di estrema eleganza.

Le opere di Albini sono caratterizzate da un continuo affinamento, una ricerca quasi spasmodica della precisione. Tutto è progettato e controllato: non esistono professionalità separate nel suo lavoro. Per questo possiamo trovare una totale fusione tra ciò che è architettura, grafica e design. L’oggetto di design diventa parte integrante dell’edificio, con un passaggio continuo di scala, dal piccolo al grande, dal grande al piccolo. L’opera paziente di un ‘artigiano’, come lui stesso amava definirsi.

Se ci soffermiamo su ciò che ci riguarda più da vicino, ossia l’intervento sull’esistente, possiamo notare come l’atteggiamento di Albini sia quello di dare una nuova lettura dello spazio in cui si inserisce, ma sempre nel rispetto dell’esistente. Si sperimentano i nuovi materiali e le tecniche espositive per raggiungere una nuova concezione dell’esperienza museale, rendendola dinamica ed educativa: gli elementi espositivi sono ridotti al minimo, si accostano alla preesistenza senza sovrastarla. Gli allestimenti realizzati nella città di Genova tra gli anni ’50 e gli anni ’60 sono esplicativi di questo atteggiamento. L’integrazione tra nuovo ed antico, non solo dal punto di vista materiale ma anche funzionale, li rende opere d’arte totali.  

L’allestimento di Palazzo Bianco è un esempio di questa ricerca.  Un edificio cinquecentesco, ricostruito nel Settecento e trasformato in museo a fine Ottocento; gravemente colpito dai bombardamenti della secondo guerra mondiale, viene ricostruito nel suo aspetto settecentesco. In questa occasione Albini viene chiamato dalla direttrice dell’Ufficio Belle Arti per studiare un allestimento capace di dare un nuovo ordinamento al museo. L’architetto realizza un allestimento di assoluta purezza, esaltato dalla geometria degli antichi pavimenti in marmo chiaro ed ardesia, conservati in quasi tutte le sale. Le opere pittoriche sono agganciate a guide metalliche verticali o a nuove pareti staccate da quelle del palazzo. Le attrezzature realizzate con nuovi materiali non disturbano la preesistenza ma anzi la valorizzano, consentendone una lettura parallela. Emblematica degli intenti di Albini è la soluzione adottata per il gruppo scultoreo di Giovanni Pisano, disposto su un piedistallo in acciaio che può essere mosso e ruotato: il visitatore può quindi scegliere personalmente come confrontarsi con l’opera.

Poco più tardi, tra il 1952 e il 1956, Albini realizza il Museo del Tesoro di San Lorenzo, che costituisce un unicum nel percorso dell’architetto. In questo caso i nuovi materiali lasciano il passo a quelli tradizionali, come la pietra di Promontorio tipica della Genova medievale, per creare uno spazio sacrale. Negli anni ’50 si matura l’idea di trovare una sistemazione museale per il ‘tesoro’ della Cattedrale di Genova, che raccoglieva pezzi datati già al XII secolo. Negli ambienti appositamente creati nell’area della Cattedrale, Albini realizza uno spazio ipogeo fortemente suggestivo, caratterizzato da una luce zenitale di gusto barocco. Lo schema planimetrico prevede tre camere circolari di differente diametro collegate da uno spazio esagonale. La rigorosa geometria è esplicitata dal disegno della pavimentazione e dai travetti della copertura, lasciati a vista. L’allestimento costituisce ancora una volta un momento di sperimentazione del materiale: vetrine essenziali, con sottilissimi profili e basi di metallo, sono modellate attorno ai pezzi da esporre.

La ricerca di un rapporto tra modernità e tradizione è visibile in ognuno di questi lavori. Una tradizione reinterpretata, rinnovata ed arricchita dalla presenza del moderno. L’edificio della Rinascente a Roma, realizzato nel 1957, per finire, ben si inserisce in questa indagine. Come affermato da P. Portoghesi, la ‘calda corporeità’ di questo edificio fa rivivere un’area di Roma in tutta la sua storicità richiamando sia i palazzi rinascimentali che le vicine mura aureliane. Tutto questo attraverso il connubio della forza strutturale della maglia in ferro con la ricchezza materica dei pannelli in graniglia di granito e marmo rosso

Albini non ha lasciato molti scritti e descrizioni delle ragioni teoriche sottostanti i suoi progetti. Un personaggio ‘silenzioso e fedele’, come lo descrive la sua collaboratrice Franca Helg, perfettamente conscio però del valore dimostrativo della sua architettura: ‘E’ più dalle nostre opere che diffondiamo delle idee che non attraverso noi stessi’.