VISITA AL CANTIERE DEL TEATRO DI LARGO ARGENTINA

La costruzione del teatro di Torre Argentina fu avviata nel 1730 dalla famiglia dei Cesarini, proprietari di molti altri edifici nella zona come ad esempio la torre del Bucardo, in origine Torre Argentina che diede il nome alla piazza, e il palazzo Cesarini, successivamente demolito per portare alla luce l'area sacra di largo Argentina. Il teatro fu costruito modificando edifici preesistenti, e questo comportò la demolizione di una torre e di parte degli edifici retrostanti la piazza; gli fu data una forma a ferro di cavallo per necessità acustiche ed in un primo momento la costruzione era in legno. La facciata fu realizzata solo un secolo dopo dall'architetto Ollo (1832). Il prospetto è composto da una parte centrale e da due ali. La parte basamentale presenta la stessa lavorazione a bugnato piatto per tutti e tre i corpi, mentre la parte superiore è liscia nel corpo centrale e lavorata a finte bugne nei corpi laterali. Il corpo centrale è impreziosito da un fregio finemente lavorato a bassorilievo posto sotto la cornice. Sopra la cornice si trova il testo “ALLE ARTI DI MELPOMENE, D'EUTERPE E DI TERSICORE”; infine il prospetto termina con il grande gruppo statuario.

L'inaugurazione del teatro si ebbe nel 1732 con la presentazione dell'opera della Berenice. Il teatro di Torre Argentina era il più importante teatro romano.

Come ci è stato descritto dall'Architetto Capo dei Lavori Celia, prima del loro intervento, diversi altri interventi si erano susseguiti sul prospetto del Teatro. Salendo sui ponteggi abbiamo potuto vedere, attraverso le stratigrafie, le varie tinte che nei secoli si erano appunto stratificate sulla base del prospetto composta di calce e pozzolana: la tinta originale era color del travertino; gli interventi del 1970 avevano ricoperto l'intonaco originale con una tinta color ocra; questa tinta la vediamo anche oggi utilizzata in molti altri edifici romani anch'essi “succubi” della moda che si diffuse a Roma tra Settecento ed Ottocento che vide l'affermarsi delle tinte scure, cosidette “color di patina”, a sfavore delle tinte color travertino o color cortina chiaro che avevano caratterizzato la Roma Cinque-seicentesca; negli interventi successivi del 1990, stando alle stratigrafie, almeno due, questa tinta venne man mano scurita, alterando quindi sempre più l'originale aspetto del teatro; intervento che non abbiamo potuto visionare dall'osservazione delle stratigrafie è stato quello del 1993 in cui si era applicata sull'intero prospetto una resina vinilica; per sua composizione questa aveva creato una pellicola sulla facciata che aveva reso impossibile la traspirazione dell'intonaco e del muro; ecco perché gli strati sottostanti di intonaco presentano microfessurazioni e lesioni superficiali. Con le operazioni suggerite dall'architetto Celia, ma anche grazie ad una ditta per così dire “illuminata”, è stato possibile eliminare completamente questo strato nocivo, anche se incontrando la resistenza delle istituzioni.

Ci è stato possibile toccare con mano i precedenti e gli attuali interventi anche sul gruppo statuario e sul ricchissimo fregio che corre nella parte centrale del prospetto. In queste parti ci è stato spiegato come interventi precedenti siano andati a sovrapporre a materiali naturali, come gli stucchi in polvere di marmo, materiali artificiali, collette cementizie, che oltre a modificare l'aspetto dell'opera, hanno comportato danni sia strutturali che di conservazione al materiale originale.

Dopo queste prime spiegazioni circa i precedenti interventi nonché le cause nocive che questi avevano provocato, ci sono state illustrate le operazioni previste per riportare il prospetto del teatro Argentina “all'antico splendore”. Per quanto riguarda gli intonaci l'architetto Celia ci ha mostrato vari campioni di tinte a calce che sono stati fatti sul prospetto in modo da poter vedere preventivamente l'aspetto finale che l'intonaco asciutto assumerà. Semplificando l'intonaco sarà composto da una base di tinta a calce a cui verranno sovrapposte una o più mani di velature. La tinta a calce, composta da grassello di calce e terre, oltre che fare da base per le tinte successive, ha il compito di andare a riempire tutte le fessurazioni presenti sulla base d'intonaco; questa infatti per sua natura, essendo a base di calce, ha buone proprietà riempitive e ottime proprietà aggreganti: tende cioè, con l'avanzare dell'asciugatura, a diventare un tutt'uno con la base. Abbiamo visto come siano state utilizzate due tonalità: una grigio-violacea, l'altra più chiara; questa differente colorazione provocherà un risultato diverso con la sovrapposizione delle velature composte da acqua e terre.

Il gruppo statuario è stato invece oggetto di interventi di asportazione di materiale incongruo, quale colle cementizie, che ha alterato per sempre le forme dell'oggetto. Purtroppo non è stato possibile eliminare completamente queste colle in quanto a contatto diretto con il materiale originale, ma si è operato in modo da prevenire ulteriore danni al materiale originale. Anche in questo caso i successivi interventi prevedono una scialbatura a base di calce e polvere di marmo botticino, marmo bianco simile al travertino, che riporti il gruppo all'immagine originale. Stesso intervento è previsto per il fregio che, in parte occultato da uno strato di colla cementizia, è stato liberato e verrà scialbato in base a piccoli lacerti di intonaco originale rinvenuti con la pulitura.

Per quanto mi riguarda condivido quanto previsto e quanto è già stato fatto in questi interventi, sperando che altri verranno guidati ed eseguiti dalla stessa consapevolezza e capacità.