opinione

Prime impressioni sulla fattibilità: i casi del palazzo Massimo alle terme e della palazzina di Libera ad Ostia.

Il 30 Maggio 2012 siamo andati a visitare Palazzo Massimo alle terme, oggi sede di uno dei quattro Musei Nazionali, con l’intento di analizzare e valutare l’intervento di riqualificazione dell’edificio.

L’edificio nasceva come convitto e collegio alla fine dell’ottocento; la sua successiva rifunzionalizzazione comportò la necessità di modificare gli interni per meglio adattarli ad un linguaggio espositivo, così si scelse di smontare e rimontare i solai originari per ridurre gli interassi dei piani, non solo per potervi porre gli uffici, ma anche ai fini pratici della musealizzazione, in quanto uno spazio molto alto può risultare dispersivo e distraente. Altro aspetto molto importante fu quello legato alla sicurezza, a questo proposito scelsero di adottare dei dispositivi non invasivi all’interno delle sale, per non interferire nella visione delle opere, mentre le scale esterne furono realizzate in ferro e poste sul retro dell’edificio. In questo caso il risultato, non è dei migliori, la scala antincendio è troppo massiccia e imponente e non dialoga minimamente con il resto dell’edificio, in totale antitesi con le accortezze prestate per le sale interne.

Per quanto riguarda l’allestimento vero e proprio abbiamo analizzato la sala del teatro, questa sala una volta era il teatro del collegio, la sala è molto alta così per ridurre lo spazio, ma nello stesso tempo permettere ad un pubblico interessato di percepirne le originali dimensioni hanno scelto delle controsoffittature aperte e dinamiche, la soluzione però non riesce adeguatamente nel suo intento, in quanto le luci poste sui pannelli e la loro vicinanza alle pareti non permettono la visione dell’insieme; per il resto della sala hanno scelto dei giochi cromatici sul tono del grigio per meglio esaltare le candide statue, e in questo caso trovo la scelta corretta e di effetto.

La particolarità nell’allestimento sta nella voluta differenziazione delle sale, ogni ambiente ha un suo tema e un suo particolare allestimento, che varia tra i colori delle pareti, le altezze o particolati tensiostrutture in grado di riprodurre, con particolari giochi di luce, l’alternarsi delle ore, riproponendo il ciclo solare soprattutto nella sezione della mostra dedicata ai resti di Villa Farnesina e della Villa di Livia, mostrando una particolare cura nei dettagli espositivi.

I lavori costati 500.000€, in parte stanziati dalla sovrintendenza, hanno interessato gran parte delle sale espositive e nel loro complesso hanno cercato, nei limiti del vincolo, di attuare dei lavori di allestimento che fossero il meno invasivi possibile, a mio avviso ben riusciti nelle sale interne, meno per quanto riguarda il rapporto tra sicurezza e  facciata esterna.

L’altro edificio preso in considerazione è la palazzina di Libera ad Ostia, costato complessivamente 200.000€, ad opera di privati e quindi un budget che non lasciava spazio ad errori. L’architetto Rinaldi, che si è occupata dei lavori ci ha spiegato le difficili condizioni in cui versava l’edificio, in quanto essendo di privati e non sottoposto a vincoli era abbandonato a se stesso. Il lavoro si è incentrato soprattutto nelle aree comuni, compresa la facciata. Questa versava in condizioni critiche a seguito di una tinteggiatura al quarzo veramente dannosa, in quanto dopo alcuni anni provoca delle “esplosioni di intonaco”, lasciando profonde lacune. Ciò ha comportato un lavoro di rimozione delle superfici intonacate e ripristino di un intonaco biologico del colore iniziale, attenendosi alle fonti e alle analisi di laboratorio; altro intervento ha riguardato la rimozione e sostituzione delle ringhiere, poiché la tinta al quarzo aveva portato in superficie i ferri di ancoraggio, proponendo una zincatura a caldo perché ha migliorie resistenza alla salsedine, però per errore del fabbro sono stati costretti a rifarle, mentre quelle sul fronte laterale sono state realizzate più corte di circa 20 cm. Sono stati sostituiti gli infissi dove possibile e la recinzione, sulla base dei disegni originali. La comparsa di micro fessure ha comportato una nuova ritinteggiatura delle facciate, con preventivo lavaggio, in modo da far aderire meglio l’intonaco lavando le impurità.

Questi “doppi” interventi sono andati a discapito di altri, in quanto sarebbero andati oltre lo stretto mergine del budget. D’altro canto il restauro ha significato una sostanziale riqualificazione dell’edificio.