palazzo massimo alle terme

Prime impressioni sulla fattibilità: i casi del palazzo Massimo alle terme e della palazzina di Libera a Ostia.

 

Nell’ambito dello studio del restauro si è cominciato a parlare dei costi di un intervento e della sua realizzazione. Per osservare sul campo due diversi tipi di approccio ci sono stai presentati gli esempi di palazzo Massimo e della palazzina di Libera a Ostia.

La prima ha avuto costi elevati, ma giustificati in quanto bisognava adeguare il precedente assetto dell’edificio, che era un collegio e convitto scolastico che all’interno comprendeva un teatro, aule per le lezioni e uffici; spazi lontani da uno sfruttamento museale e non adatti alla visione delle opere. Anche dal punto di vista delle norme anti incendio il palazzo è stato adeguato, modificando la facciata posteriore con due grandi scale anti incendio e l’assetto interno con ascensori e nuovi vani di servizio.

Una seconda ala è stata occupata da uffici della soprintendenza, i quali necessitano di un assetto ancora differente, sono stati spostati i solai e inserito nuovi spazi de servizio.

Nell’ultimo intervanto sono state apportate ulteriori modifiche all’assetto museale, inserendo nuove tecnologie e studi sulle visuali e sul colore usato.

Il primo allestimento non accentuava l’importanza delle opere esposte all’interno, e le scelte che erano state fatte erano anonime e poco incisive. Con il nuovo allestimento si è cercato di creare un ambiente che aiuti il visitatore a osservare le statue e gli affreschi al cambiare della luce del giorno. La scelta forte nel progettare l’allestimento di questa sezione riguarda l’illuminotecnica che fa ricorso a led e sistemi biodinamici: il visitatore potrà finalmente apprezzare i colori degli affreschi come li ha visti chi li dipinse e chi visse in quegli spazi

Con interventi mirati si è migliorata moltissimo la capacità comunicativa. I costi sono sicuramente più elevati dell’intervento a Ostia ma giustificati dall’importanza dell’oggetto su cui si sta intervenendo.

Per quanto riguarda la palazzina di Ostia l’intervento era necessario a salvaguardare una parte della nostra storia dell’architettura contemporanea. Con un intervento di costo limitato si è andato a riqualificare una parte del lungomare di Ostia e a rivalutare moltissimo l’edificio riportandolo quasi al suo stato normale.

L’intervento poteva essere realizzato sia a livello economico che per le conoscenze di base che si possedevano ed è risultato conveniente al fine della conservazione e della riqualificazione, rispecchiando al meglio la fattibilità del progetto.

L’incuria degli inquilini stava portando l’edificio al decadimento più totale, si stava pensando anche di demolirlo, e già alcune parti si stavano degradando in maniera irrimediabile.

Tramite uno studio filologico e accurato che ha cercato di unire diverse figure professionali per il miglio risultato possibile, si è riportato alla luce il vero spirito della palazzina, eliminando la rozza declinazione che era per giunta fino a noi.

Entrambi gli interventi che abbiamo avuto la possibilità di osservare sono andato a modificare uno stato che era arrivato a noi, ma per palazzo Massimo si è andati a modificare in maniera diversa da come era nato il palazzo e dal precedente assetto museale, mentre per Ostia si è andati a cercare l’aspetto iniziale. Il fine era diverso quindi ma l’iter che si è seguito ha sempre cercato di andare a migliorare l’assetto precedente.

La domatrice di leoni (Cicconi, Cristofaro, Di Carlo)

Riportiamo alcuni interventi degli architetti Celia e Cacciapaglia e dell'ing. Vicari che -ricordiamo- ha svolto, nel cantiere di allestimento di palazzo Massimo, il ruolo di Coordinatore della Sicurezza in fase di esecuzione.

 

Arch. Carlo Celia: (il responsabile della sicurezza) ha svolto un ruolo fondamentale per l'aiuto che ha dato all'architettura per risolvere delle questioni di carattere normativo sull'antincendio, le vie di fuga e altre cose... vedremo (...) quanto alcune scelte di carattere normativo possono fortemente condizionare in un senso o nell'altro il progetto. (...) Una delle difficoltà principali è aver lavorato in un museo che continua a vivere, a essere visitato...

Celia: Il ruolo che ha il responsabile della sicurezza, responsabile anche di tutti i sistemi antincendio, è anche quello di stabilire a posteriori nei rapporti con le ditte quelle che sono le documentazioni che vanno necessariamente allegate (statiche, antincendio, certificazioni…), in modo tale da lasciare memoria di quello che si è fatto, un’individuazione precisa del rispetto delle normative e soprattutto le indicazioni che riguardano gli aspetti manutentivi.

Arch. Stefano Cacciapaglia: La cosa fondamentale, si deve dar merito ad Arianna (Vicari, ndr) di questo dettaglio, è stata la gestione della quantità di persone che si sono alternate in questo cantiere (restauratori, archeologi, movimentatori, elettricisti, i montatori della parte di falegnameria, i montatori della parte del telo termoteso, i montatori delle strutture metalliche…) e non è semplice, perché naturalmente il committente primario, quello che paga, preferisce dare direttamente incarichi alle singole imprese, risparmia naturalmente, perché non ha un unico referente. La figura del responsabile della sicurezza del cantiere è simile diciamo a quella del domatore di leoni.

Ing. Arianna Vicari: Scusate vorrei precisare che infatti, più che di “responsabile della sicurezza” si parla di “coordinatore alla sicurezza”. Proprio perchè il coordinatore deve coordinare le varie figure, le varie ditte presenti affinchè possano operare nella realizzazione dei lavori, in sicurezza; quindi provvedendo a fare o delle segregazioni di aree oppure un cronoprogramma dei lavori in modo tale che non ci siano interferenze sia negli spazi che nei tempi.

Celia: […] in un cantiere del genere è anche molto difficile  riuscire a controllare in ogni singolo istante tutto quello che la norma di legge ti indicherebbe. Quello che però Arianna non ha mai lasciato da parte è la sicurezza vera, perché c’è una sicurezza formale (che bisogna rispettare eh), ma soprattutto una sicurezza vera, reale e quindi la capacità di sapere esattamente in ogni singolo istante quali sono le operazioni che si devono e si possono effettuare e in quale modo.

Vicari: Per esempio durante lo stivaggio dei materiali per le verniciature bisogna considerare la reazione dell’ambiente, che non ci sia diffusione di odori fastidiosi per i visitatori; anche questa è una questione di sicurezza.

Io ho badato più che altro all’aspetto reale, sostanziale della sicurezza, perché oggi purtroppo si fanno troppe carte, si producono piani di sicurezza di migliaia di pagine ma poi in realtà i coordinatori non sono presenti o sono presenti poco nei cantieri. Quindi la presenza del coordinatore nel cantiere può anche accettare che in un determinato momento il lavoratore non abbia il casco perché magari il casco è un impedimento per guardare in alto nel sollevamento del pannello, magari lo fai posizionare in una posizione non pericolosa e fai andare avanti l’operazione in sicurezza ugualmente. Quindi, quello che volevo dire è che è importante la presenza della sicurezza reale.

Passeri: […] c’è da dire che nel nostro paese una vera e propria cultura della sicurezza non c’è.

Vicari: C’è la prassi di prepararsi tante carte per ripararsi nel caso di un eventuale controllo però non è un rispetto del lavoratore e della sicurezza sul lavoro ma è un rispetto formale. Quindi diciamo che la prima cosa che uno deve pensare è “il lavoratore come sta lavorando?” , se sta lavorando in sicurezza, le temperature in cui sta, il riposo...ci sono tanti aspetti, reali, che vanno curati.
 

[A proposito del progetto per il “controsoffitto” con i pannelli rivestiti con il telo termoteso…]

Vicari: La direzione tecnica del museo si opponeva a questa realizzazione, la voleva ma conservando le dotazioni antincendio automatiche, gli sprinkler, che erano posizionate sul soffitto. Il restauro precedente (finito del 1998) era stato fatto con tantissime spese, mettendo dotazioni superiori a quelle necessarie, all’epoca non c’era nemmeno una regola tecnica precisa che è nata del ’96 per i musei, i palazzi storici. Questa regola tecnica non prevede che ci siano delle dotazioni con sprinkler nei palazzi storici perché potrebbero essere dannose per le strutture, per le opere. Allora, a questa mia osservazione :“la regola tecnica non li prevede quindi leviamoli” per realizzare questo intervento e poter migliorare le condizioni del museo, c’è stata una lotta che si è conclusa con una visita al comando dei vigili del fuoco. Ho fatto venire l’architetto responsabile, a cui è affidato questo museo, il quale ha detto:” ma voi avete un sistema per evacuare eventualmente le acque quando partono gli sprinkler dai solai?”. “No”. “E allora provocherebbe un danno quindi: levateli!”.

Quindi bisogna conoscere bene le normative perché uno deve essere sempre controparte con una conoscenza specifica della materia.
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Nelle foto è possibile apprezzare gli accorgimenti presi dai progettisti, in collaborazione con la figura del coordinatore della sicurezza, per limitare il più possibile l'impatto visivo dei dispositivi antincendio, pur preservendone l'accessibilità in caso di emergenza.
L'ultima foto in basso a destra mostra invece i "mulini di luce": dispositivi d'illuminazione progettati da Costantino Dardi e qui riutilizzati da Celia e Cacciapaglia nel nuovo allestimamento.

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