Riflessioni sulle ultime lezioni del Modulo di Estimo
Published by Alessandra Cini on 6 Maggio, 2012 - 15:36Quanto siamo disposti a pagare?
L’architettura è considerta una disciplina che combina perfettamente arte e scienza. Infatti un progetto non può che fondarsi su solide basi tecniche, per poi esprimersi grazie a connotazioni artistiche, estetiche e simboliche.
Questo accade nei progetti del nuovo, come in quelli di restauro.
Nella realtà però c’è un terzo fattore che infuenza un progetto, e che per importanza, purtroppo, è spesso il primo : il costo.
Il Modulo di Estimo serve, secondo me, proprio a questo : a svegliarci dal torpore in cui ci eravamo assopiti durante questi anni di studio, progettando grandiosi edifici, in aree libere, senza troppi vincoli per la fantasia, esagerando nell’uso di spazio, materiali e risorse.
Spesso, poi, il vero problema non è il costo di realizzazione, ma quello di mantenimento dell’opera, a cui nessuno sembra voler pensare e provvedere.
Così si riducono a brandelli edifici storici fondamentali per la nostra memoria e il nostro futuro, come la Palazzina di Adalberto Libera ad Ostia o la Casa delle Armi di Luigi Moretti al Foro Italico.
Eppure converrebbe a tutti preservare queste opere : agli studiosi per essere sicuri di tramandare opere fondamentali al futuro e per appianare lo stato di ansia e agitazione che si scatena nell’animo alla vista di un’opera di Libera ridotta in quello stato; ai “non addetti ai lavori” per il guadagno che vi possono avere (si pensi che il valore dell’immobile ostiense restaurato è passato 1500 €/mq a 5000 €/mq).
Sono state sperimentate varie soluzioni per trovare fondi per finanziare gli onerosi costi di restauro e manutenzione delle opere architettoniche.
La più eclatante è quella intrapresa per il Colosseo : praticamente affittare il bene immobile ad una impresa privata, che si occuperà personalmente di fornire fondi per il restauro dello stesso, in cambio dei diritti d’immagine e di pubblicità.
Non credo ci dovrebbe essere bisogno di arrivare a soluzioni così estreme pur di salvare un monumento.
Un ottimo approccio è quello del recupero funzionale di un edificio, in cui si può investire una certa somma di denaro, che poi potrà essere recuperata nel tempo mediante lo sfruttamento a pagamento. Rifunzionalizzare un edificio non è però cosa semplice : bisogna anzitutto farlo con criterio. La nuova funzione deve essere assolutamente combatibile con la morfologia del bene, altrimenti si rischia di fare ancora più danni.
Come succede attualmente allo Stadio dei Marmi al Foro Italico, in cui avvengono eventi di ogni tipo, arrivando a promuovere gare di sci su piste montate all’interno dell’arena.
Oppure allo Stadio Olimpico, che sta perdendo tutti i suoi mosaici pavimentali a causa del continuo passaggio di migliaia di persone che ogni domenica vanno a vedere la partita di calcio.
La stessa Casa delle Armi ha ospitato al suo interno funzioni poco adatte : è stata fino a poco fa sede del tribunale politico e carcere, subendo per questo trasformazioni poco congrue, che sono andate ad intaccare e rovinare l’organismo strutturale e la concezione spaziale originali.
Un esempio di rifunzionalizzazione e recupero di un antico edificio si può ritrovare nell’operazione che ha coinvolto il Teatro di Cartagena. L’intervento è ad opera di Rafael Moneo, il quale è intervenuto non solo sull’antico teatro romano ma anche nella zona urbana circostante, inglobando l’antica struttura in un progetto più complesso e organico. Moneo però ha deciso di non ridonare la funzione di teatro, come invece era successo pochi anni prima al Teatro di Sagunto (intervento ad opera di Giorgio Grassi e Manuel Portaceli su progetto del 1985, ancora oggi molto criticato), ma di adibirlo a museo della storia della città.
Io spero ci siano valide alternative alla “demolizione” invocata da Paolo Marconi per situazioni disperate di edifici storici.
Il valore della permanenza è per me fondamentale : l’uomo basa la maggior parte dei suoi studi su esperienze empiriche, su ciò che può vedere, toccare, confrontare; non bastano documenti fotografici o scritti.
Per questo è importante riuscire a tramandare il più possibile al futuro, per far sì che la conoscenza della storia architettonica sia pari all’ attuale, se non maggiore.
Ogni volta che si sceglie di conservare un’opera si esprime un giudizio, attribuendogli uno specifico valore, anche economico.
E alla domanda : “Quanto siamo disposti a pagare?” io forse risponderei che sono disposta, per il valore della permanenza, ad avere per 15 anni, davanti agli occhi, la pubblicità della Tod’s appesa al Colosseo. Se questo è il prezzo da pagare per tramandare un’opera tanto grandiosa al futuro per altri 2000 anni, io sono disposta a pagarlo.