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Il valore della permanenza - Il rigore di Franco Albini

 

Il valore della permanenza
“[…] col tempo la città cresce su se stessa: essa acquista coscienza e memoria di se stessa […]”.
Con questa ed altre frasi del libro Architettura della città di Aldo Rossi, ha inizio la lezione sul valore della permanenza.
“[…] non possiamo considerare lo studio della città semplicemente come uno studio storico. Dobbiamo anzi porre particolare attenzione nello studio delle permanenze per evitare che la storia della città si risolva unicamente nelle permanenze. Io credo infatti che gli elementi permanenti possano essere considerati alla stregua di elementi patologici […]”
Il senso di permanenza in una città consolidata come quella di Roma sta anche in segni e simboli, come quelli lasciati in epoca romana. La Colonna Traianea ad esempio, oltre a dover accogliere le ceneri dell’imperatore dopo la sua morte, aveva anche una funzione pratica: ricordare l’altezza della sella collinare prima dello sbancamento per la costruzione del Foro. L’altezza della colonna di 100 piedi corrisponde infatti all’altezza dello sbancamento del colle, come ricorda anche l’iscrizione riportata sul basamento in cui si racconta che la colonna venne innalzata “ad declarandum quantae altitudinis mons et locus tantis operibus sit egestus”.
Ma a Roma il senso di permanenza si avverte non solo nei segni, ma anche in veri e propri edifici, testimonianza del processo di sviluppo della nostra città. Le ville suburbane che possiamo ancora ammirare oggi (come ad esempio Villa Medici e Villa Borghese), rappresentano una permanenza delle numerose ville che sorsero a partire dal Rinascimento e prima del 1870 nel perimetro delle mura di Roma. Molte di queste ville furono demolite nel corso della febbre edilizia che investì la città e la sua nobiltà quando Roma divenne la capitale d'Italia e precisamente dopo il piano regolatore del 1883: “in questa Roma senza leggi né freni, dove il piano regolatore non era che la somma di tutti gli interessi manifestati prima della sua pubblicazione, salvare una villa significò distruggerne una dozzina tutt’intorno” [Italo Insolera, Roma moderna]. Se si fossero seguite le disposizioni del piano, questo patrimonio non sarebbe andato completamente perduto, prima fra tutti si sarebbe conservata la Villa Ludovisi, una tra le più belle ville di Roma, decantata da Goethe e Stendhal e di fronte alla cui distruzione protestarono D'Annunzio e Lanciani, sulla quale sorge l’attuale rione Ludovisi.
Anche in una realtà così lontana e così “recente” rispetto a Roma come quella americana, possiamo comunque ritrovare permanenze che ad esempio raccontano delle origini di Mahattan. La Broadway infatti trae origine da un antico sentiero indiano che tagliava l’isola. Una delle sue caratteristiche principali è dunque quella di non seguire la classica maglia regolare delle Streets ed Avenues, ma di tagliare Manhattan in obliquo, formando, di tanto in tanto, delle piazze (square), la più famosa dei quali è sicuramente Times Square.
E’ a Roma però che possiamo ritrovare il maggior numero di permanenze, che ancora oggi ci consentono di leggere le numerose trasformazioni, alcune delle quali condannabili, che hanno determinato il volto attuale della nostra città.
 
Saggi di buone pratiche di architettura: il rigore di Franco Albini
In occasione del ciclo di conferenze tenuto presso l’auditorium del museo del MAXXI di Roma nel 2011 e promosso dal Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario dalla nascita di Franco Albini, Marco Albini, docente, architetto e disigner specializzato nell’allestimento e nella museografia, nel corso del suo intervento, sottolinea come per il padre “il controllo della fantasia fosse un’ossessione”.
Franco Albini infatti rappresenta uno dei maggiori esponenti del razionalismo nonché simbolo di rigorismo e di minimalismo.
La sua carriera è stata incentrata sulla ricerca del rigore, della coerenza e della semplicità attraverso la realizzazione di allestimenti minimalisti e di “spazi negli spazi” negli ambienti museali.
Nella mostra su Andrea Palladio del 1973, Albini non si limita a fare l’allestitore, ma interpreta le opere del celebre architetto utilizzando il suo linguaggio e rispettando la struttura interna della Basilica Palladiana.
Non bisogna però dimenticare che Albini rimane anche uno dei precursori dell’architettura high-tech grazie all’usodi materiali sempre più tecnologiciealla progettazione di complesse soluzioni di dettaglio, come farà nella realizzazione dell’impianto di illuminazione della mostra.
Ma l’opera che meglio sintetizza l’innovazione e la tradizione tipica dell’architettura di Albini è la Rinascente a Roma, realizzata in collaborazione con Franca Helg nel 1957. Un’architettura contemporanea che guarda alla storia attraverso un accordo profondo con la città.
In questo edificio è possibile leggere la volontà costante dell’architetto di voler coniugare i principi della modernità con il concetto della permanenza del passato, richiamando la tradizione storica dei palazzi rinascimentali e delle vicine mura aureliane, ma con l’ausilio di soluzioni tecnologiche.