visita cantiere

CONSIDERAZIONI SULLA VISITA ALLA VILLA CAPO DI BOVE SULL’APPIA ANTICA E AL CANTIERE DEL TEATRO ARGENTINA

 

Nelle ultime due settimane abbiamo visitato due edifici molto diversi per posizione, storia e funzione, che , però, rappresentano dei luoghi di grande interesse storico e culturale a Roma.

La villa Capo di Bove sull’Appia Antica è immersa nel parco archeologico più grande del mondo, attualmente comprende gli scavi di un impianto termale risalente al II secolo d.C. e la villa, che dal 2008, ospita l’archivio Antonio Cederna. Antonio Cederna è stato un giornalista, ambientalista, politico e intellettuale italiano, venuto a mancare nel 1996.Cederna si è dedicato alla denuncia sistematica dell'attività di rovina dei beni culturali e del territorio italiani, in un periodo di ripresa economica e di ricostruzione in cui erano sempre più grandi le minacce al patrimonio artistico, storico e paesaggistico italiano. Tra le sue battaglie, quella per la tutela dell'Appia Antica è stata presente durante tutta la sua esistenza: ad essa ha dedicato più di 140 articoli. Nel 1993 è stato nominato Presidente dell’Azienda Consortile per il Parco dell'Appia Antica, e si batte duramente perché il progetto del Parco possa decollare. La presenza dell’archivio Cederna nella Villa Capo di Bove potrebbe inizialmente risultare poco adeguata, ma se si analizza la storia e l’evoluzione di questo luogo, si comprende come, questa scelta, sia stata intelligente e rispecchi pienamente gli intenti che la lunga lotta di Cederna si era prefissata.

La proprietà del lotto della villa nel II secolo d.C., risale alla vasta tenuta agricola di Erode Attico, nel Medioevo diventa un fortilizio mantenendo le caratteristiche agricole, divenendo poi un bene Pontificio. Nel 1945 avviene il cambiamento della tenuta da uso agricolo ad uso residenziale. Streccioni, un famoso produttore cinematografico, compra la tenuta, commissionando un progetto di recupero, realizzando un casale con aspetto antico con il corpo scala impostato sulla cisterna dell’antico impianto termale e giardino con piscina. Negli anni 50 l’Appia Antica si presenta come uno scenario perfetto dove grandi imprenditori e personalità famose si costruiscono la propria villa, andando ad alterare quei luoghi e ad utilizzare i vari resti antichi come collezioni private o rivendendoli. La villa costruita in questi anni si presenta come un collage antico, la facciata presenta un ampio campionario di spolia provenienti, per la gran parte, dalle zone circostanti. Il gusto è molto sfarzoso e pacchiano, tipico di quegli anni e di quella specifica classe sociale, di cui possiamo, ancora oggi, avere qualche esempio in qualche elemento di arredo ancora presente, come le porte dei piani superiori.

Nel 2002 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, su proposta della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, ha acquistato la proprietà esercitando il diritto di prelazione sul bene vincolato. La villa era stata valutata 1 milione e 300 mila euro. Questa operazione è stata uno dei pochi casi in cui lo Stato si riappropria di un bene privato, avvia un progetto di recupero  e rende l’area aperta al pubblico. Nel 2002 si sono avviati i lavori di scavo sull’area archeologica che ha portato alla scoperta di un’impianto termale inedito, di proprietà privata ad uso, probabilmente, di un collegio sacerdotale. Attualmente, ci si è dedicati alla sistemazione dell’area archeologica, per rendere visitabili i resti ancora leggibili, interessante l’idea di riproporre l’idea di una pavimentazione in mosaico bicromo utilizzando sassolini bianchi e grigi e una pavimentazione in laterizio con sassolini color cotto. L’area archeologica era anche occultata dalla strada che dall’ingresso sulla Via Appia, proseguiva dritta fino all’ingresso della villa, è stato, di conseguenza, scelto di modificare il percorso verso la villa rendendolo serpeggiante, adattandolo alla struttura termale e agli alberi presenti nell’area e cambiando la percezione del lotto, che non risulta più stretto e lungo, ma molto più vasto e arioso.

Per quanto riguarda la villa stessa, il progetto è andato a ripristinare i vari ambienti e a modificare l’impianto esistente inserendo un elevatore per il collegamento con i piani superiori. Una scelta poco riuscita è stata la modifica degli infissi delle finestre. Gli infissi che originariamente erano in legno, oggi si presentano in un acciaio molto scuro che lega poco con lo stile della villa, evidenziato da un imprevisto in corso d’opera che ha portato alla realizzazione di cornici di infisso molto spesse ed esteticamente poco apprezzabili. Un appunto al progetto che è uscito fuori durante la nostra visita è stata l’assenza di pannelli esplicativi che spiegassero che sotto la villa fosse presente una cisterna romana, visibile nel prospetto esterno, poichè la muratura si appoggia sui resti dell’opera cementizia in scaglie di selce. Questo particolare non è, però, evidente per chi viene a visitare la villa e non ha le conoscenze adatte per motivare questa disomogeneità nella muratura. Ci è stato spiegato che questi pannelli esplicativi sono stati collocati nella ex depandance che oggi viene usata come punto ristoro, non sono quindi assenti, ma probabilmente mal collocati, poichè per chi entra direttamente nella villa non c’è la possibilità di leggere queste informazioni utili ad una visita corretta dell’edificio.

Per quanto riguarda la visita al cantiere del Teatro Argentina, essendo un cantiere ancora operativo ci è stato molto utile per poter comprendere e vedere di persona come è organizzato un lavoro di restauro per una facciata di un edificio del centro storico di Roma. Il teatro risale al 1732, ma la facciata viene realizzata quasi un secolo dopo. Il teatro era costruito originariamente tutto in legno, ad esclusione, solo delle mura e delle scale in muratura; la sala fu progettata con la forma a ferro di cavallo per soddisfare al meglio le necessità acustiche e visive.

Nella sua storia recente, il teatro ha subito due interventi di restauro, uno negli anni 70 e uno nel 1993. Con gli interventi portati avanti negli anni 70, invece di portare delle migliorie, si sono andate a peggiorare soprattutto le capacità di resistenza della struttura, sono, infatti, state rimosse le capriate in legno della copertura per motivi sismici, e si è aggiunto lungo il perimetro dell’edificio un cordolo in cemento armato. Questo tipo di interventi, molto in voga in quegli anni, avevano l’intento di portare le strutture a capacità resistenti maggiori, soprattutto per eventi sismici, la storia ci ha però dimostrato come molto spesso questi interventi abbiano creato grossi problemi a livello strutturale, peggiorando le capacità di resistenza della struttura. Nei restauri del 1993 si è intervenuto sulla facciata principale, andando a stendere un intonaco realizzato con resine acriliche, che hanno creato come una pellicola che non permetteva la traspirazione dell’intonaco e del muro, comportando problemi di lesioni e microfessurazioni. Per quanto riguarda il gruppo scultoreo posizionato a coronamento della facciata nella parte centrale, si erano realizzati delle reintegrazioni in cemento di alcuni elementi rovinati o mancanti e si è applicato un manto di calce cementizia su tutte le statue contenente una parte di polvere di marmo eccessiva, andando a omogeneizzare gli elementi e perdendo gli effetti di profondità tipici delle sculture. I restauri, che sono attualmente in corso d’opera, hanno come committenza l’impresa stessa che si occupa della realizzazione dei lavori e quindi da un privato, e sono comunque finanziati dalla pubblicità, i ponteggi sono, infatti, coperti da un telo con una stampa pubblicitaria. Un sacrificio che si può sopportare in vista di un lavoro che riporti questo teatro allo splendore che merita.Il fatto di trovarci nel centro storico presenta vari tipi di vincoli nell’affrontare un progetto di restauro di una facciata, si deve aggiungere, inoltre, che ci troviamo a meno di 50 m da un’area archeologica, e quindi si è ulteriormente soggetti a limitazioni normative per la tutela dei beni storici e culturali. L’attuale progetto, in linea con i principi di restauro compatibile e filologico, si è occupato di descialbare le integrazioni realizzate con resine acriliche e andare a rimuovere le aggiunte in cemento, alleggerendo il gruppo scultureo e ristendendo uno strato di intonaco a calce con una colorazione che non tendesse ad appiattire le figure scultoree. Per quanto riguarda, invece, il resto della facciata, si sono portate avanti varie indagini stratigrafiche per poter rintracciare la facies originaria del teatro. Nel tempo, infatti, la facciata era divenuta color ocra, con tonalità, mano a mano, sempre più scure. Attualmente si è cercato di ridare alle parti trattate a finto bugnato un color travertino, e si stanno cercando di fare varie prove di colore per le parti fondali. Un altro intervento interessante è stato il ripristino del color legno per gli infissi che nel tempo erano stati ricoperti di uno smalto color grigio.

Il poter toccare con mano un cantiere di questa importanza ci ha permesso di capire come si svolga il lavoro effettivo in un progetto di restauro, di poter colloquiare con i responsabili del progetto e anche con chi realizza ciò che il progetto prevede. Ci siamo inoltre resi conto, anche in questo caso, dell’importanza che riveste il responsabile della sicurezza del cantiere, che permette di svolgere il lavoro in situazioni e tempi migliori. Per ultimo, ma non meno importante, quanto sia essenziale che le varie figure professionali che lavorano allo stesso progetto, collaborino, coscienti delle proprie competenze, per ottenere un lavoro eccellente sotto tutti i punti di vista.