Estimo Restauro

Visita alla Villa di Capo di Bove

 

La villa si trova lungo il percorso dell’appia Antica, poco lontano dal Mausoleo di Cecilia Metella ed occupa, compreso il giardino, una superficie di circa 8.500 mq. Dal catasto pio-gregoriano (1812-1835) l’area risultava proprietà del Monastero di San Paolo Fuori le Mura e l’edificio era la  “casa ad uso della vigna”. L’area divenne proprietà privata nel 1870, ma solo nel 1945 iniziò la sua trasformazione per uso residenziale ad opera di una famiglia di commercianti ortofrutticoli: i Romagnoli.

Tuttavia, a partire dagli anni ’60 l’area dell’Appia Antica divenne la residenza favorita da una committenza con elevata disponibilità economica che considerava la proprietà come un vero e proprio status symbol. In quest’ottica la villa venne acquistata nel ’62 dal produttore cinematografico Sauro Streccioni che affidò l’intervento sull’edificio principale a un architetto, probabilmente della scuola di Busiri Vici, che volle ricreare un casale all’antica utilizzando materiale di spoglio, ritrovato probabilmente lungo l’Appia Antica, sul paramento murario dell’edificio principale. Inoltre  si costruirono la dependance la piscina e si risistemò il giardino.

Nel gennaio del 2002 il Ministero dei Beni Culturali, su proposta della Soprintendenza Archeologica di Roma, ha acquistato la villa per 1.549.370,70 €,  esercitando il diritto di prelazione sul bene vincolato con lo scopo di “programmare un sistematica ricerca archeologica, nonché al fine di assicurare alla pubblica fruizione il complesso”. La Villa doveva infatti essere venduta da Sauro Streccioni a Valerio Morabito il quale, nota la volontà dello Stato di acquisire la proprietà, manifestò la sua disponibilità a cedere gratuitamente al Ministero per i beni e le attività culturali l’intera area su cui insistevano i resti antichi in considerazione del fatto che la stessa è strutturalmente scorporata dal resto della villa e munita di un secondo ingresso carrabile.  Tuttavia il Ministero non accettò la proposta e procedette all’acquisto della villa.

Il recupero, iniziato nel 2002, avvenne in due fasi: una volta alla riqualificazione del fabbricato principale e della dependance per i quali si stimò la spesa di 516.000 €, e una invece al recupero dello scavo archeologico che avvenne invece in un secondo momento. Il risultato è stato un grande equilibrio fra le parti naturalistica, archeologica e architettonica.

Per quanto riguarda l’edificio l’intervento è stato curaro dagli architetti Carlo Celia e Stefano Cacciapaglia. Essi hanno scelto di mantenere molti elementi che caratterizzavano l’intervento degli anni ’60: alcune porte interne, il paramento esterno, la scala principale; mentre sono stati eliminati quegli elementi che non si prestavano alla pubblica fruizione come ad esempio la piscina. Si è dunque provveduto alla messa a norma di tutto l’edificio, all’installazione di un ascensore, e alla sostituzione degli infissi (operazione mal riuscita forse a causa di maestranze abituate a produrre elementi in serie, o forse anche a causa di un supervisione poco attenta?).

Lo scavo archeologico a rilevato l’esistenza di un complesso termale le cui strutture più antiche risalgono al II sec. d.C. facente capo probabilmente a un collegio sacerdotale o a un culto. L’approvvigionamento idrico di tale impianto avveniva probabilmente dalla cisterna che si trova al di sotto dell’edificio principale. A proposito di tale cisterna: mentre all’esterno è possibile distinguere la muratura antica, all’interno questa è stata intonacata per mantenere l’uniformità dell’ambiente. Il pannello che spiega la presenza del muro della cisterna si trova in realtà nella dependance, ma forse, per maggior chiarezza, sarebbe meglio collocarlo nell’ambiente in cui si trova la cisterna.

Il progetto degli spazio esterni è stato curato dall’architetto De Vico  tenendo conto delle emergenze archeologiche. Egli ha infatti sostituito il precedente percorso rettilineo che attraversava i resti archeologici, con un percorso curvilineo più adatto al contesto. Si è inoltre intervenuto secondo tre linee guida: il rispetto delle alberature esistenti, l’eliminazione della vegetazione infestante e l’arricchimento cromatico attraverso la piantumazione di cespugli fioriferi.

Dal 2008 la villa ospita oltre alla sala conferenze, lo spazio espositivo e gli uffici della Soprintendenza, anche l’archivio Cederna che ospita foto, appunti manoscritti e documenti inediti. E’ curioso come proprio l’archivio di Antonio Cederna, che si batteva tanto contro la speculazione lungo l’Appia Antica sia finito proprio lì, tuttavia la lettura che si può dare è questa: l’acquisizione da parte dello Stato della villa e l’operazione di riscatto totale che l’ha resa fruibile al pubblico 7 giorni su 7 gratuitamente è da considerarsi una piccola vittoria contro la speculazione e l’abusivismo e va considerata un esempio per noi architetti del futuro. Non perdiamo la speranza.  

Considerazioni sulle ultime lezioni

 

“Il senso e il significato di monumenti non spettano alle opere in virtù della loro destinazione originale, ma siamo piuttosto noi, i soggetti moderni, che li attribuiamo ad essi”

A. Riegl Il culto moderno dei monumenti

Esistono ormai numerose teorie riguardanti il restauro che si pongono in modo diverso rispetto all’antico. La molteplicità dei punti di vista può spesso generare confusione in uno studente che si avvia allo studio della materia, ma basta guardarsi intorno e riflettere per capire che non esiste una teoria più corretta rispetto ad un’altra ma solo una differenziazione dovuta alla compresenza di più fattori.

Da una parte la cultura preminente. In Italia, per una serie di avvenimenti storici e per l’abbondanza di opere che caratterizza il territorio, spesso si sacrifica lo sviluppo contemporaneo in favore della testimonianza storica. Siamo a tal punto abituati all’importanza dell’antico che qualsiasi intervento che vada a modificarne l’aspetto (il restauro di una facciata, la copertura di rovine romane ecc.), anche se condotto nel pieno rispetto dei dati storici, scatena critiche e polemiche. La compresenza di nuovo è antico è un dato sconvolgente da “mimetizzare” il più possibile, viene denunciata con elementi a volte non leggibili se non in seguito allo studio attento della storia dell’edificio.

Tuttavia basta spostarsi al di là delle Alpi che lo scenario cambia completamente: in molti casi si sceglie di denunciare apertamente l’intervento, di sovrapporsi all’antico con un altro edificio o di circondarlo con edifici dal carattere completamente diverso (con risultati più o meno efficaci).

Un altro fattore è costituito dalla motivazione. Cosa ci spinge a preservare un edificio antico dal degrado e cosa invece ci spinge a lasciarlo in rovina, cosa invece a conservarlo così come ci è pervenuto senza restituirne l’aspetto originario? Da ogni teoria del restauro bisogna trarre la soluzione che più si confà al caso di studio inserito nel suo contesto culturale ed ambientale. Spesso infatti può capitare che la rovina in quanto risultato di un determinato avvenimento storico assuma una forza maggiore rispetto invece all’edificio ricostruito. E’ quello che succede per molti edifici bombardati a seguito del secondo conflitto mondiale. Alcuni come nel caso emblematico della Cattedrale di Dresda sono stati ricostruiti, altri invece no. In tal caso, mentre in alcune situazioni si è scelto di lasciare l’edificio in rovina, altre volte ai resti si è sovrapposto un nuovo edificio. E’ il caso del museo di Santa Kolumba (Colonia) dove Zumthor si sovrappone all’edificio antico in continuità senza volutamente sottolineare le “fratture storiche”, prestando particolare attenzione alla scelta dei materiali e allo studio della luce naturale, come si faceva nell’antichità quando ad un edificio se ne sovrapponeva uno più moderno. In una simile visione le superfetazioni non esistono perché ogni intervento che si sussegue si inserisce nel divenire storico.

Qual è il risultato di questi diversi punti di vista? Sono convinta che nessuno possa dire cosa è giusto e cosa è sbagliato, si tratta semplicemente di essere in grado contestualizzare l’intervento e di comprendere con lucidità il valore culturale di ogni testimonianza adattando il carattere dell’intervento al singolo caso. Bisogna essere coscienti che purtroppo non si può assegnare lo stesso valore a tutti gli edifici, e in misura di questa attribuzione di valori bisogna scegliere se e come intervenire. In altre parole alcune cose possono essere sacrificate, mentre per altre è invece opportuno attuare al più presto un intervento per il recupero. A questo proposito cito la Casa delle Armi di Moretti: se questa ha un valore storico, artistico, architettonico, allora perché non siamo disposti ad affrontare la spesa per recuperarla? La motivazione è solo economica, o sta anche nel mancato riconoscimento del suo valore? La verità è che l’uomo resta sempre legato ad un’opinione soggettiva, per quanto gli studi storico-critici possano essere approfonditi, il giudizio finale è sempre legato alla soggettività di chi lo esprime, alla sua formazione e cultura. Occorre molto tempo affinché un monumento venga considerato come tale da tutti senza condizioni, ma nel frattempo, cosa si fa?

Integrazione alla Relazione Mercati di TRAIANO

Gentile Professore,

Le inviamo l'integrazione alla nostra relazione sui Mercati di Traiano, riguardante il computo metrico dei lavori di restauro fatti negli anni 30, "attualizzati" ad oggi (come ci eravamo detti durante la revisione della settimana scorsa).

Purtroppo ieri siamo arrivati alle 16.30, troppo tardi!, e non ci siamo incontrati per poterLe consegnare a mano l'intera relazione. Ci scusi. Le mandiamo per ora l'integrazione richiesta, con il proposito di consegnarLe il cartaceo della relazione completa lunedi prossimo (se è confermata la revisione).

Grazie!

Anna Cavigioli, Francesca Berardi, Andrea Benedetto

 

Indice della relazione critica di Benedetto-Berardi- Cavigioli

 

GLI INTERVENTI DI RESTAURO DELL’800 E DEGLI ANNI ’30 DELL’EMICICLO DEI MERCATI DI TRAIANO
1. PREMESSA
2. IL MONUMENTO
    2.1 Ubicazione
    2.2 Descrizione
    2.3 Cenni storici
3. IL RESTAURO
    3.1. L’intervento di VALADIER
    3.2  I restauri degli anni ‘30
        3.2.1 Gli obiettivi del Governatorato
        3.2.2 Il progetto di restauro
            3.2.2.1 Il restauro ideologico
            3.2.2.2 I criteri operativi
            3.2.2.3 La coerenza filologica
    3.3 L’organizzazione del cantiere
4. L’OSSERVAZIONE DIRETTA
    4.1 Ambito di applicazione
    4.2 Mappatura dell’intervento di restauro
    4.3 Interpretazione del metodo di finitura adottato
    4.4 Analisi critica

 

CONSEGNA TESINE FINALI DI ESTIMO, LABORATORIO DI RESTARO

Le tesine di Estimo del Laboratorio di Restauro (Prof. Pallottino) debbono essere inserite integralmente sul Sito. Inoltre, esse debbono essere consegnate al sottoscritto in forma cartacea e in PDF. Quest'ultima consegna può avvenire (in anticipo di qualche giorno rispetto alla data dell'appello d'esame) lasciando il materiale (cartaceo+PDF) in portineria a Madonna dei Monti.

REVISIONI Modulo di Estimo, Laboratorio Restauro

COMUNICO CHE LE REVISIONI PER I FREQUENTANTI IL MODULO DI ESTIMO DEL LABORATORIO DI RESTAURO, SONO FISSATE PER SEGUENTI GIORNI (Aula Barberini):

- venerdì 3 giugno, a partire dalle ore 9,00

- venerdì 10 giugno, a partire dalle ore 9,00

- venerdì 17 giugno, a partire dalle ore 9,00

- venerdì 24 giugno, a partire dalle ore 9,00.

Sono pregati d'intervenire tutti al fine di concordare collegialmente l'elaborato finale di Estimo.

Prof. Alfredo Passeri