case delle armi

Considerazioni sulle ultime lezioni del modulo di Estimo

 

(In: C. Brandi et alii, voce Restauro, in Enciclopedia Universale dell’Arte, vol. XI, col. 322 e ss., ms coll. 344-351, Venezia-Roma 1963)                                                                                                                        “ Il restauro architettonico è concezione tipicamente moderna, che muove da un modo nuovo e diverso di considerare i monumenti del passato e di intervenire su di essi, modificandone la forma visibile e l'organismo statico e strutturale. Il principio fondamentale del restauro, rimasto costantemente a base delle dottrine che si sono susseguite nel corso del secolo XIX, è quello di restituire l'opera architettonica al suo mondo storicamente determinato, ricollocandola idealmente nell'ambiente dove è sorta e considerandone i rapporti con la cultura ed il gusto del suo tempo; e contemporaneamente quello di operare su di essa per renderla nuovamente viva ed attuale, quale parte valida ed integrante del mondo moderno. [...]”

Il restauro architettonico è una disciplina che, nonostante sia nata di “recente”, ha visto nella sua breve storia fino ad oggi, un susseguirsi di diverse interpretazioni e idee conduttrici che l’hanno caratterizzata nei diversi periodi storici. E’ pur vero che, al di là dei gusti e delle tendenze, il restauro porta con sè delle problematiche che, inevitabilmente, non trovano delle soluzioni assolute.

Pur essendo presenti degli articoli di legge ( Legge 457/48- articolo 31) che definiscono in maniera sistematica gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, la disciplina del restauro lascia sempre aperte molte chiavi di lettura e, soprattutto, è soggetta fortemente a giudizi e interpretazioni, che per natura sono soggettivi.

Di solito, quando si parla di restauro, si pensa subito all’antico, e attualmente, dopo le svariate barbarie architettoniche degli anni passati, si è arrivati a una sorta di venerazione di tutto ciò che appartiene al passato, tale da lasciare i vari edifici o monumenti in una sfera di cristallo, che però, non sempre, è sintomo di una buona salute. Questa visione è tipicamente italiana, negli altri paesi esteri il rapporto con l’antico è visto con molta più disinvoltura. Questo atteggiamento, viene spesso associato ad una cultura meno attenta e rispettosa della storia, ma non è sempre così. Alcuni interventi permettono di mantenere in vita, in maniera del tutto decorosa, edifici di pregio, conferendogli un nuovo aspetto e mantenendone la fruibilità.  E’ il caso del Kolumba Museum di Colonia realizzato da Peter Zumthor, dove l’architetto affronta il compito di ordinare a esposizione permanente il complesso spazio di un antico edificio.

Zumthor succede ai costruttori del passato “senza spezzarne l’opera”. Non è il desiderio fine a se stesso di innovare o di inserire lo spazio museale nel consumo turistico di massa, ma sono il rispetto verso il progetto originario e la ricerca coerente e filologica a guidare il suo lavoro. Il suo progetto viene apprezzato e appoggiato dai committenti dell’Archidiocesi di Colonia e riceve l’assenso, non scontato, della Soprintendenza ai Monumenti.

Un altro esempio è il Museo del Teatro Romano di Cartagena di Rafael Moneo in Spagna. Con il ritrovamento dei resti archeologici del Teatro Romano risalente al I secolo a.C., l'architetto viene incaricato dalla fondazione composta dalla regione della Murcia, il Municipio di Cartagena, la fondazione Cajamurcia e l’impresa Saras Energia S.A. della creazione di un nuovo museo in grado di accogliere i pezzi raccolti durante le varie campagne di scavo. Il progetto finale è un edificio che lavora sull'idea dello scavo come momento evocativo. 

In Italia, invece, molti edifici storici, essendo considerati intoccabili, sono lasciati in stato di abbandono o di rudere, nel gusto tipicamente romantico. Risulta necessario, quindi, prendere delle decisioni, scegliere se intervenire e con quali metodologie. Attualmente l’intento degli interventi di restauro è quello di riportare il monumento al suo stato ideale, con materiali e tecniche compatibili a quelli originali.  Se, però, il monumento per incuria, manutenzioni sbagliate, uso improprio, risulta fortemente alterato rispetto alla sua configurazione originale, la tendenza è spesso quella di lasciarlo così com’è. I motivi sono di varia natura, tra i più determinanti troviamo sicuramente le ingenti spese che gli interventi di restauro con materiali e maestranze e manodopera ricercate, comportano.

Queste problematiche non variano se si parla di architettura moderna.

Se alcuni edifici antichi sono trattati con profonda venerazione e rispetto, non si può dire lo stesso di alcuni esempi di architettura più recente, che magari fanno riferimento ad un periodo storico particolarmente controverso.

E’ il caso della Casa delle Armi di Luigi Moretti, realizzata nel grande complesso, finanziato dallo Stato, del Foro Italico nel 1933.

Moretti, oggi, è considerato uno dei massimi architetti nel Novecento in Italia.  A lungo il suo nome è rimasto però isolato, a causa dei suoi ideali politici, venendo collegato inevitabilmente con il periodo fascista.

Nel 1974 l’edificio in stato di abbandono deve subire degli interventi di manutenzione, si decide così di cambiarne la destinazione d’uso, trasformandolo in un tribunale politico con carcere e caserma dei carabinieri. Vengono costruiti circa 7000 mc all’interno dell’edificio in più, rispetto al progetto originale, andando a modificare in maniera irreversibile gli spazi e le forme così attentamente studiate e volute da Moretti. Anche il rivestimento esterno viene fortemente alterato, manomettendo la lastre marmoree, con un diverso sistema di ancoraggio alla struttura rispetto a quello previsto dal progetto.

Attualmente la Casa delle Armi si trova in uno stato di degrado molto avanzato, la stima dei costi per restituirlo allo stato ideale sarebbe di circa 15 milioni di euro, una cifra che non può essere sostenuta certamente dalle casse dello Stato. Servirebbe quindi un “mecenate” che si prenda la cura di investire nella Casa delle Armi, come sta accadendo per il Colosseo con Della Valle. E’ ovvio, però, che l’interesse che attira il Colosseo rispetto all’edificio di Moretti non è minimamente paragonabile in termini di ritorni economici.

C’è chi sostiene che, data la situazione, sarebbe meglio demolire l’edificio, piuttosto che lasciarlo nelle condizioni odierne. Non posso pensare di arrendermi all’idea di trovarmi in un Paese dove sia meglio cancellare l’esistenza di un edificio di tale valore che investire su di esso. Probabilmente, con dei sacrifici sia economici che concettuali, con delle scelte oculate e con una politica di sostegno a questi interventi di riqualificazione, la Casa delle Armi potrebbe tornare, se non allo splendore originario, almeno ad un aspetto dignitoso e accettabile, diventando uno spazio nuovamente fruibile e con una destinazione d’uso rispettosa, utile e consona.