luigi moretti

Considerazioni sulle lezioni di estimo

Venerdì scorso abbiamo affrontato il tema del foro italico, analizzando le varie trasformazioni dei singoli edifici e il loro utilizzo nel tempo. Ci siamo principalmente concentrati sulla figura di Luigi Moretti, fino a pochi anni fa criticato aspramente in quanto ritenuto un architetto di committenza. Il Foro italico infatti fu interamente finanziato dallo Stato nel 1933. Di Moretti abbiamo principalmente analizzata la casa delle armi, l’edificio sarebbe dovuto divenire la sede degli allenamenti di scherma, ma non entrò mai pienamente in funzione e nel 1974 venne trasformato nella sede del tribunale politico, con tanto di carcere, venne recintata e nella zona della biblioteca venne posta la caserma dei carabinieri, oggi spostata. All’interno vennero costruite 7000 mc di cemento e acciaio, alterando irrimediabilmente la struttura dell’edificio. Gli interventi all’esterno consistettero nella costruzione di una recinzione, mentre i paramenti in marmo, ormai instabili, vennero riattaccati alla facciata in malo modo, tanto da alterarne definitivamente l’immagine. Inoltre venne scavata una trincea per consentire alle auto di entrare direttamente nei luoghi del tribunale in sicurezza.

Oggi la struttura è completamente fatiscente in avanzato stato di degrado, tanto che le stime per un eventuale restauro sono molto alte, all’incirca 15 milioni di euro, tanto che alcuni ipotizzano sia meglio la demolizione dell’edificio.

Un altro edificio analizzato è lo stadio Olimpico di Annibale Vitellozzi realizzato negli anni cinquanta del novecento, sennonché in occasione delle Olimpiadi del 1960 vennero apportate delle modifiche sostanziali che hanno finito per alterarne il carattere dell’impianto, con la costruzione al di sopra di 14 m di copertura dello stadio anziché costruirne uno nuovo.

Oggi la lezione è iniziata con la lettura di alcuni brani tratti da “Architettura e restauro” di Bonelli, trattando alcuni temi, come quello dei costi del recupero, o il restauro come forma di cultura, ma anche il rapporto tra il vecchio e il nuovo.

La lezione di oggi verteva principalmente sul chiarimento di alcuni concetti fondamentali, ovvero quelli di manutenzione, conservazione, ripristino e restauro, analizzati sia dal punto di vista legislativo, in particolare la legge 457//78, articolo 31, e le definizioni del dizionario. Con il primo termine, manutenzione intendiamo quegli interventi volti alla prevenzione dei danni dovuti a varie cause, che può comportare anche modificazioni materiche e morfologiche. Per conservazione intendiamo la preservazione di ciò che c’è. Mentre ripristino racchiude le operazioni volte a riportare un edificio al suo stato naturale, infine con restauro si intendono quegli interventi che nel rispetto degli elementi tipologici ne consentono destinazioni d’uso compatibili con esso.

La cosa fondamentale che dobbiamo chiederci è Quanto siamo disposti a pagare per queste operazioni? Mi piacerebbe poter rispondere “qualsiasi cosa”, ma la realtà è ben diversa, poiché sembra che oggi siano solo gli “addetti ai lavori” e pochi altri “dotti” a preoccuparsi degli effetti dell’incuria sugli edifici e spesso, quasi sempre, questi non dispongono dei finanziamenti necessari.

Questo argomento ci ha introdotto il tema della stima del costo del recupero, questo processo avviene tramite 1) un procedimento sintetico – comparativo, dove il costo viene desunto dal confronto con opere simili; 2)un procedimento analitico comparativo, qui il costo è determinato dall’analisi dei processi produttivi ela quantificazione monetaria di tutti i fattori produttivi; 3) procedimenti “misti”, ovviamente è una stima che si avvale di entrambe le ipotesi sopra citate.

Per quanto riguarda il rapporto tra antico e nuovo abbiamo visto alcuni esempi, come il restauro del Partenone, fortemente criticato perché gli interventi attuali stanno ricostruendo i singoli elementi in ogni sua parte, personalmente non lo trovo disdicevole come atteggiamento anche a fronte di due considerazioni, la prima inerente ad un’analisi storica dei precedenti restauri, che ha visto soprattutto sotto la direzione di Balanos, un intervento fortemente distruttivo a causa dell’uso di materiali incongrui, che ha comportato un repentino degrado degli elementi, che ha costretto i restauratori di oggi a dover sostituire alcuni elementi originali, altrimenti ancora funzionanti; la seconda considerazione invece riguarda un aspetto pratico della fruibilità dell’opera, in quanto credo che non tutti siano in grado di comprendere appieno i “ruderi”, e forse una chiara lettura delle architetture, almeno quelle più significative, potrebbe coinvolgere un pubblico più vasto e forse ciò potrebbe servire come auto finanziamento di altre opere.

Considerazioni sulle ultime lezioni del modulo di Estimo

 

(In: C. Brandi et alii, voce Restauro, in Enciclopedia Universale dell’Arte, vol. XI, col. 322 e ss., ms coll. 344-351, Venezia-Roma 1963)                                                                                                                        “ Il restauro architettonico è concezione tipicamente moderna, che muove da un modo nuovo e diverso di considerare i monumenti del passato e di intervenire su di essi, modificandone la forma visibile e l'organismo statico e strutturale. Il principio fondamentale del restauro, rimasto costantemente a base delle dottrine che si sono susseguite nel corso del secolo XIX, è quello di restituire l'opera architettonica al suo mondo storicamente determinato, ricollocandola idealmente nell'ambiente dove è sorta e considerandone i rapporti con la cultura ed il gusto del suo tempo; e contemporaneamente quello di operare su di essa per renderla nuovamente viva ed attuale, quale parte valida ed integrante del mondo moderno. [...]”

Il restauro architettonico è una disciplina che, nonostante sia nata di “recente”, ha visto nella sua breve storia fino ad oggi, un susseguirsi di diverse interpretazioni e idee conduttrici che l’hanno caratterizzata nei diversi periodi storici. E’ pur vero che, al di là dei gusti e delle tendenze, il restauro porta con sè delle problematiche che, inevitabilmente, non trovano delle soluzioni assolute.

Pur essendo presenti degli articoli di legge ( Legge 457/48- articolo 31) che definiscono in maniera sistematica gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, la disciplina del restauro lascia sempre aperte molte chiavi di lettura e, soprattutto, è soggetta fortemente a giudizi e interpretazioni, che per natura sono soggettivi.

Di solito, quando si parla di restauro, si pensa subito all’antico, e attualmente, dopo le svariate barbarie architettoniche degli anni passati, si è arrivati a una sorta di venerazione di tutto ciò che appartiene al passato, tale da lasciare i vari edifici o monumenti in una sfera di cristallo, che però, non sempre, è sintomo di una buona salute. Questa visione è tipicamente italiana, negli altri paesi esteri il rapporto con l’antico è visto con molta più disinvoltura. Questo atteggiamento, viene spesso associato ad una cultura meno attenta e rispettosa della storia, ma non è sempre così. Alcuni interventi permettono di mantenere in vita, in maniera del tutto decorosa, edifici di pregio, conferendogli un nuovo aspetto e mantenendone la fruibilità.  E’ il caso del Kolumba Museum di Colonia realizzato da Peter Zumthor, dove l’architetto affronta il compito di ordinare a esposizione permanente il complesso spazio di un antico edificio.

Zumthor succede ai costruttori del passato “senza spezzarne l’opera”. Non è il desiderio fine a se stesso di innovare o di inserire lo spazio museale nel consumo turistico di massa, ma sono il rispetto verso il progetto originario e la ricerca coerente e filologica a guidare il suo lavoro. Il suo progetto viene apprezzato e appoggiato dai committenti dell’Archidiocesi di Colonia e riceve l’assenso, non scontato, della Soprintendenza ai Monumenti.

Un altro esempio è il Museo del Teatro Romano di Cartagena di Rafael Moneo in Spagna. Con il ritrovamento dei resti archeologici del Teatro Romano risalente al I secolo a.C., l'architetto viene incaricato dalla fondazione composta dalla regione della Murcia, il Municipio di Cartagena, la fondazione Cajamurcia e l’impresa Saras Energia S.A. della creazione di un nuovo museo in grado di accogliere i pezzi raccolti durante le varie campagne di scavo. Il progetto finale è un edificio che lavora sull'idea dello scavo come momento evocativo. 

In Italia, invece, molti edifici storici, essendo considerati intoccabili, sono lasciati in stato di abbandono o di rudere, nel gusto tipicamente romantico. Risulta necessario, quindi, prendere delle decisioni, scegliere se intervenire e con quali metodologie. Attualmente l’intento degli interventi di restauro è quello di riportare il monumento al suo stato ideale, con materiali e tecniche compatibili a quelli originali.  Se, però, il monumento per incuria, manutenzioni sbagliate, uso improprio, risulta fortemente alterato rispetto alla sua configurazione originale, la tendenza è spesso quella di lasciarlo così com’è. I motivi sono di varia natura, tra i più determinanti troviamo sicuramente le ingenti spese che gli interventi di restauro con materiali e maestranze e manodopera ricercate, comportano.

Queste problematiche non variano se si parla di architettura moderna.

Se alcuni edifici antichi sono trattati con profonda venerazione e rispetto, non si può dire lo stesso di alcuni esempi di architettura più recente, che magari fanno riferimento ad un periodo storico particolarmente controverso.

E’ il caso della Casa delle Armi di Luigi Moretti, realizzata nel grande complesso, finanziato dallo Stato, del Foro Italico nel 1933.

Moretti, oggi, è considerato uno dei massimi architetti nel Novecento in Italia.  A lungo il suo nome è rimasto però isolato, a causa dei suoi ideali politici, venendo collegato inevitabilmente con il periodo fascista.

Nel 1974 l’edificio in stato di abbandono deve subire degli interventi di manutenzione, si decide così di cambiarne la destinazione d’uso, trasformandolo in un tribunale politico con carcere e caserma dei carabinieri. Vengono costruiti circa 7000 mc all’interno dell’edificio in più, rispetto al progetto originale, andando a modificare in maniera irreversibile gli spazi e le forme così attentamente studiate e volute da Moretti. Anche il rivestimento esterno viene fortemente alterato, manomettendo la lastre marmoree, con un diverso sistema di ancoraggio alla struttura rispetto a quello previsto dal progetto.

Attualmente la Casa delle Armi si trova in uno stato di degrado molto avanzato, la stima dei costi per restituirlo allo stato ideale sarebbe di circa 15 milioni di euro, una cifra che non può essere sostenuta certamente dalle casse dello Stato. Servirebbe quindi un “mecenate” che si prenda la cura di investire nella Casa delle Armi, come sta accadendo per il Colosseo con Della Valle. E’ ovvio, però, che l’interesse che attira il Colosseo rispetto all’edificio di Moretti non è minimamente paragonabile in termini di ritorni economici.

C’è chi sostiene che, data la situazione, sarebbe meglio demolire l’edificio, piuttosto che lasciarlo nelle condizioni odierne. Non posso pensare di arrendermi all’idea di trovarmi in un Paese dove sia meglio cancellare l’esistenza di un edificio di tale valore che investire su di esso. Probabilmente, con dei sacrifici sia economici che concettuali, con delle scelte oculate e con una politica di sostegno a questi interventi di riqualificazione, la Casa delle Armi potrebbe tornare, se non allo splendore originario, almeno ad un aspetto dignitoso e accettabile, diventando uno spazio nuovamente fruibile e con una destinazione d’uso rispettosa, utile e consona.