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Il valore della permanenza

Il valore della permanenza

Architettura è tutto ciò che è nella città, e la città a sua volta è forma, funzione e soprattutto identità; parlare di architettura, quindi, voleva dire, per architetti quali Aldo Rossi e molti altri, interrogarsi sulla costruzione della città nel tempo, sui suoi cambiamenti ed evoluzioni intrinseche, sul ruolo di anello di congiunzione tra realtà collettiva e individuale. Vuol dire analizzare non solo ciò che oggi vediamo e percepiamo, ma soprattutto afferrare il vero significato e senso proprio del processo progettuale ex ante, in modo tale che le consistenze architettoniche del passato siano vissute quali valori della permanenza da sperimentare nel presente. La città come un unicum progettuale che dura centinaia, a volte migliaia di anni, di cui bisogna comprendere le radici profonde per poter capire come poter inserirsi nel tessuto urbano modificandolo, consapevoli che le architetture del “passato” e del “presente” dialogano ( e forse a  volte litigano), che tra qualche tempo tutto ciò che oggi è “presente” potrà essere considerato “passato” e farà parte del bagaglio identitario, culturale dei nostri posteri. Come in tutte le cose, anche in architettura, si può scegliere di ignorare ciò che ci attornia ed imporsi, oppure come rapportarsi al contesto e studiare quale significato si vorrebbe conservare e trasmettere. Come il lavoro di Jose Ignacio Linazasoro per il centro culturale a Madrid, che rappresenta contemporaneamente un’unità di restauro, di rinnovamento e di nuova costruzione, ponendosi quale nodo della città dove queste operazioni si sono conciliate, aggiungendo al valore della permanenza quello della fruibilità del bene.

E sicuramente nel tema della permanenza entra prepotentemente la figura di Franco Albini, sia per i grandi segni da lui lasciati nelle città, sia per la grande capacità di studiare, ascoltare ed interpretare la Storia, cogliendone gli aspetti più profondi e a volte più reconditi. Egli stesso si definiva un “copione” dei modelli neoclassici, nonostante nel rigore e nella coerenza della propria produzione andò sempre alla ricerca di un costante rapporto creativo con le nuove tecnologie, perché capire il senso profondo del valore della permanenza in architettura non vuol dire riproporre in maniera compulsiva lo stesso schema, bensì far propria la volontà di rapportarsi con il contesto storico pur evitando qualsiasi approccio mimetico, qualsiasi soluzione finto-antica, e cercando di stabilire un dialogo, sia quando si tratti di operazioni di restauro, sia di progetti ex novo, come la Rinascente di Piazza Fiume, definito da Portoghesi nel 1998 “un edificio contemporaneo che guarda alla Storia”.