Linazasoro

Il valore della permanenza e il rigore di Franco Albini

 

Nel libro “L'Architettura della città”, scritto da Aldo Rossi nel 1966, la città viene intesa come un'architettura, facendo riferimento non solo all'immagine visibile della città e all'insieme delle sue architetture, ma piuttosto all'architettura come costruzione, e più esattamente come costruzione della città nel tempo. La città viene quindi intesa nella sua completa interezza, come un'unica architettura nella quale la costruzione si stratifica e articola nel tempo, e crescendo quindi acquista coscienza e memoria di se stessa.

Il senso della conoscenza del divenire storico della città, e più specificatamente della permanenza, sono fondamentali nell'approccio di qualsiasi progetto. L'architetto diventa perciò portatore di innovazioni e trasformazioni, che devono essere tali però da rispettare i caratteri e la leggibilità del manufatto e tali da non alterare il senso della memoria e della permanenza.

Attraverso il recupero dei monumenti in una forma consona e adeguata, il passato viene sperimentato nel presente e diventa un veicolo che conduce alla quotidianità e al futuro.

A riguardo cito alcuni esempi in cui non si è tenuto conto del senso della permanenza: il Pantheon, nel quale furono demoliti i campanili realizzati da Bernini per conferire l'immagine più antica del monumento e per completare quindi l'isolamento dell'edificio antico; il teatro di Arles, anfiteatro romano che fu ricostruito nel 1686 eliminando le abitazioni che si erano installate con la finalità di restituire l'antica memoria al manufatto; la collina dei Parioli, nella quale la villa suburbana romana di notevole prestigio verrà trasformata in un blocco edilizio di sei piani con venti alloggi, esempio quindi in cui è stata soppiantata la permanenza del monumento.

Invece, per quanto riguarda il mantenimento della permanenza, riporto l'esempio di Manhattan, che, sviluppatasi all'inizio dell'800 con una maglia rigida ad eccezione della strada Broadway, il percorso che facevano gli indiani per andare a cavallo, rappresenta un esempio in cui la permanenza svolge una funzione simbolica, rimasta appunto con un segno, che è quello della strada.

 

Una figura di notevole importanza che affidava alla storia tutta l'esperienza progettuale è Franco Albini. Albini tratteggia la figura dell'intellettuale e dell'architetto consapevole di tutto il processo progettuale, di ciò che avviene prima e degli effetti e dei benefici che il progetto produce dopo la sua costruzione. Condivide l'interesse per la tradizione, forma portante dell'architettura italiana nel dopoguerra, assumendola però nell'ambito di un metodo di lavoro che implica la necessità di darsi delle regole. La tradizione non diventa quindi un elemento a cui conformarsi, ma un elemento di coscienza individuale e collettiva, di interpretazione dei valori riconosciuti, un patrimonio da reinterpretare per creare una sorta di nuova tradizione; diventa quindi un filo conduttore che collega interventi in ambienti e periodi diversi; come ad esempio nella Rinascente a Roma, realizzata con Franca Helg nel 1957, dove si manifesta una dicotomia tra la scelta stilistica del linguaggio, schiettamente moderno e la citazione di elementi costruttivi classici, quali le cornici costituite dalle travi di acciaio, e tradizionalmente romani quali i solai e la texture delle superfici murarie che ripensano nella granulometria e nei colori l'ondulazione barocca. Si tratta di un'architettura di grande contemporaneità che guarda alla storia, che si innesta in un tessuto urbano che è proprio quello delle vicine mura aureliane, trovando una sorta di accordo con il volto della città.

Altro intervento sarà l'allestimento, nel 1973, della mostra su Palladio all'interno della Basilica Palladiana a Vicenza, nel quale l'architetto si cimentò non solo nell'interpretazione delle opere di Palladio, cercando di utilizzare il suo metodo, ma soprattutto nel rispettare la struttura interna della Basilica.

Notiamo come nelle architetture di Albini, improntate sul rigore e sull'importanza della storia, venga utilizzata una profondità di linguaggio nel quale è fortissimo il senso della conoscenza e della memoria.

Altro esempio interessante del mantenimento della preesistenza è il Centro Cultural Escuelas Pias de Lavapies, realizzato nel quartiere popolare di Madrid da Linazasoro nel 1996, che comprende Aule Universitarie e una Biblioteca; le prime occupano lo spazio non edificato, mentre la seconda viene realizzata sulle rovine della Escuela Pias de San Fernando, chiesa barocca distrutta durante la guerra civile. Osserviamo come l'architetto ha abilmente integrato l'antico con il nuovo; è stato infatti prescelto il mattone, materiale che meglio risponde ai requisiti di uniformità, per ottenere un'immagine di forte coesione tra il nuovo e il vecchio.

Infatti, al fine di rendere maggiormente unitario il muro della facciata principale, questo viene reintegrato con mattoni nuovi, mentre per quanto riguarda la copertura, invece di ricostruire la cupola ottagonale andata distrutta, realizza una copertura a volta in doghe di legno lamellare da cui filtra la luce. Le scale, invece, di cemento armato, a mio avviso si inseriscono adeguatamente all'interno dell'edificio, in quanto, staccandosi dalla parete laterizia non vanno ad interrompere la continuità del muro.

Si tratta perciò di un esempio di notevole importanza in cui antico e nuovo dialogano e si integrano tra loro e in cui i resti dell'antico permangono, vengono rispettati, salvaguardati e resi perciò fruibili.

Considerazioni sulla lezione odierna

Riflettendo sul concetto di permanenza all'interno della città di Roma mi sono resa conto di quanti siano i segni lasciati dal passato sul contesto urbano romano, ma di come nei secoli si siano perse le ragioni, le cause che li hanno determinati; per citarne uno per tutti, del quale io stessa ero all'oscuro pur avendo studiato più e più volte palazzo Massimo alle Colonne, la curvatura del prospetto di questo edificio dovuta all'Odeon romano. Numerosi sono questi casi a Roma, città nata dalla e sulle rovine. E' forse per questa forte presenza e questo inevitabile attaccamento all'antico che nella città eterna è ancora difficile pensare, o meglio accettare, la commistione tra antico e moderno.

 

Guardando alcune opere di Linazasoro e Zumpthor ho potuto vedere come la presenza dell'antichità, della storia, di un monumento non precluda affatto la presenza della modernità. Anzi, a mio avviso, con i dovuti limiti, come si dice che il vuoto fa leggere meglio il pieno, così la “nuda” modernità fa risaltare l'antico.

Esempio che più di tutti ha provocato in me una forte reazione è l'intervento di Zumthor al Museo Diocesano di Kolumba. Zumthor sembra incastonare le poche rovine dell'antica cattedrale all'interno della sua opera così da evitarne il decadimento e garantirne quindi la sopravvivenza. Inevitabile, e sicuramente voluto, è il forte contrasto tra le membrature e i grandi conci dell'apparato murario dell'architettura gotica e la geometria pura di colore chiaro della nuova architettura. Questo contrasto viene poi esaltato all'interno del museo dove sono contenuti dei reperti archeologici romani.

Ma questa operazione di protezione e conservazione di reperti archeologici non può essere direttamente essere relazionata con l'intervento di Meyer a Roma per l'Ara Pacis? Anche questo intervento, che tanto ha fatto parlare, ha come fine quello di garantire la sopravvivenza dell'opera e la sua fruizione da parte dei visitatori, contrapponendo volumi puri e monocromatici a superfici più elaborate come sono quelle marmoree dell'altare augusteo.

 

Altro progetto che ritengo interessante è il Centro Culturale degli Scolopi realizzato da Linazosoro a Madrid. Come accaduto a Zumpthor, anche Linazosoro si è dovuto confrontare con una permanenza storica, ossia le rovine della vecchia scuola dell'ordine degli Scolopi distrutta durante la guerra civile. Per fare un confronto tra i due interventi ritengo che nel secondo caso ci sia stato maggiore rispetto per l'edificio antico che si è visto “solo” affiancare o reintegrare da nuovi corpi, e non sovrastare da essi. (bisogna dire per onestà che comunque la consistenza delle rovine “a disposizione” di Linazosoro era maggiore rispetto al caso di Zumthor, più adatta quindi ad una integrazione piuttosto che ad una ricostruzione). Negli spazi che ora accolgono la nuova biblioteca infatti gli interventi si sono limitati agli arredamenti e alla nuova copertura; interessante è la soluzione adottata: non sono state ricostruite le vere coperture o i veri ambienti, ma attraverso un materiale diverso, quale il legno, sono state riproposte le forme spaziali così da poter suggerire al fruitore l'architettura antica.

 

Di forte impatto visivo ma sopratutto concettuale è il suo intervento alla Chiesa di San Lorenzo a Madrid. Unica testimonianza della chiesa rinascimentale distrutta nel 1940 è il portale d'ingresso rimasto illeso dopo il crollo. Nel progetto di ricostruzione redatto da Linazasoro il portale assolve ancora alla sua funzione d'ingresso principale alla chiesa di S. Lorenzo, ma rimane come unica presenza dell'antichità. La nuova costruzione infatti si distacca sia fisicamente (il portale è solo anteposto al nuovo corpo) sia concettualmente dall'antica chiesa: il nuovo edificio è un volume chiaramente moderno, che modifica profondamente i concetti di fruizione spaziale tipici del rinascimento; l'ingresso all'edificio sacro avviene fuori asse e lo spazio interno è suddiviso in volumi di dimensioni diverse, che susseguendosi, portano all'altare. Nel complesso appare come un'architettura austera che a mio avviso poco ha in comune con l'architettura rinascimentale.

 

Questi interventi mi fanno riflettere su quanto si possa fare nel nostro paese, primo per patrimonio artistico, storico e culturale, ma ultimo o quasi rispetto gli interventi effettuati in favore della conservazione, della valorizzazione e del restauro.