blog di carmela.lotito

ESERCITAZIONE 6 ARCO CARICO DISTRIBUITO

Analizziamo il comportamento di un arco a tre cerniere soggetto a carico uniformemente distribuito, nel caso di arco a tutto sesto, arco ribassato e arco parabolico, considerando per ognuno la stessa luce, pari a 6m, e facendo variare la forma e la freccia.

Bisogna ricordare, nel momento in cui avvieremo l’analisi che l’arco, essendo una struttura spingente lavora per forma e non per massa, e che pertanto proprio grazie alla propria curvatura riesce a lavorare quasi esclusivamente a sforzo normale, trasformando quindi la flessione prodotta dal carico agente su di esso. Per tale motivo l’arco a tre cerniere, una delle tre strutture isostatiche per eccellenza insieme alla trave appoggiata e alla mensola, è una struttura che ottimizza il materiale, consentendo quindi di coprire grandi luci coinvolgendo poco materiale.

Dalle analisi sui tre archi, dovrà risultare pertanto che tra gli archi circolari, quali quello a tutto sesto e quello a sesto ribassato, quest’ultimo avendo la freccia minore, ha in realtà la spinta maggiore in chiave, essendo direttamente proporzionale al rapporto luce freccia, l/f, mentre l’arco parabolico lavorerà esclusivamente a sforzo normale, per cui risulterà momento flettente e taglio nullo per ogni punto.

H= ql^2/2f

 

ARCO A TUTTO SESTO

Poiché SAP non possiede il comando linea curva, così come è difficile disegnare strutture complesse, si disegna l’arco su cad 3d, così da importarlo successivamente in SAP, ricordandosi di lavorare su un unico livello che non sia il layer 0 in quanto il programma non lo riconosce, e di salvare come un file .dxf 2004 per avere la certezza di poterlo importare.

L’arco a tutto sesto è un arco circolare con l=f=R, con R raggio della circonferenza su cui si imposta l’arco; per cui le imposte saranno sulla stessa linea e la variabile, ossia l’angolo α sarà compreso tra 0<α<π/2.

Nel momento in cui lo importiamo su SAP ricordiamoci di impostare la global up direction, ossia la direzione della forza di gravità, in direzione dell’asse z, le unità di misura del sistema KN,m,C, e il layer che vogliamo far leggere al programma.

Fatto ciò individuiamo il punto in chiave, congiungendo prima i due punti all’imposta dell’arco e poi dal midpoint di questa linea alzarne un’altra in direzione z fino al d incontrare l’arco nel suo punto di chiave.

Definiamo ora i tre punti noti come le tre cerniere dell’arco: per il punto in chiave, o meglio i due punti che lo formano, si decide di utilizzare il comando release, selezionando infatti i due vertici attraverso il percorso Assign-Frame-Releases-Partial Fixity andiamo ad indicare che il momento 33 è nullo, start per il vertice a sinistra e end per quello a destra; per i punti d’imposta andiamo invece ad indicare che sono delle cerniere attraverso il comando vincolo esterno Restraints

Si assegna ora la sezione all’arco, in quanto non essendo stato disegnato su SAP, il programma non lo considera tale e non avvierebbe l’analisi successivamente

E infine si assegna un carico uniformemente distribuito, pari per ogni arco a 10KN.

Infine avviamo l’analisi e apprezzare la deformata dovuta al all’azione del carico.

Possiamo infine controllare le reazioni vincolari nelle cerniere all’imposta, notando che la reazione verticale nella cerniera d’imposta sarà proprio pari a ql= 30 KN, con l=3m, e la reazione orizzontale che nasce per equilibrare l aspinta in chiave pari a ql^2/2f= 15 KN

Infine apprezziamo i diagrammi dello sforzo assiale e dei momenti

ARCO RIBASSATO

Analizziamo ora un arco ribassato soggetto alle stesse condizioni del precedente, per cui stessa luce e carico distribuito, per cui stesse reazioni vincolari parametricamente, ma freccia minore, da cui risulterà una spinta maggiore in chiave.

Applichiamo il carico uniformemente distribuito

ARCO PARABOLICO

Infine operiamo lo stesso procedimento anche per l’arco parabolico, da cui noteremo la spinta sempre minore rispetto all’arco ribassato, è un arco funicolare che riesce quindi a trasformare completamente la flessione dovuta ai carichi agenti in sforzo normale ed ad azzerare il taglio e il momento.

ESERCITAZIONE 5 CENTRO DELLE RIGIDEZZE

Affrontiamo l’analisi del comportamento di un impalcato, munito dei dovuti controventi, sollecitato alle forze esterne orizzontali, a simulazione delle azioni sismiche, del vento, della spinta della terra, etc., e di conseguenza le risposte dei controventi a tali sollecitazioni.

E’ importante quindi ripartire in modo adeguato le forze orizzontali, in quanto una struttura, nella sua vita tridimensionale, non deve impegnarsi ad affrontare solo le azioni dovute ai carichi verticali.

In questo modo nel momento di cui si progetta una struttura si deve tener presente che gli elementi strutturali hanno questa duplice funzione; ne è un esempio il telaio, il più semplice controvento, costituito da un collegamento in testa ai pilastri, quindi nel piano verticale, che è capace di sopportare sia i carichi verticali che le azioni orizzontali.

Si è deciso di esaminare un impalcato formato da un telaio shear-type, ossia un insieme di travi e pilastri piano, in cui le travi sono elementi infinitamente rigidi a flessione, perciò non si deformano assialmente ma si avrà solo una traslazione orizzontale δ, conseguenza della deformata dei pilastri soggetti a flessione; le travi quindi avranno un momento d’inerzia molto più grande rispetto ai pilastri e i nodi sono tutti rigidi per cui saranno degli incastri.

 

Si ipotizza quindi un impalcato di un piano, come in figura, costituito da 10 telai shear-type, di cui 5 lungo la direzione orizzontale e 5 lungo quella verticale; ogni telaio è costituito da pilastri con sezione (40 x 30) cm e altezza 3 m, e con modulo si inerzia maggiore nella direzione di massima inflessione pari a:

Ix= (b x h^3)/12= (40 x 30^3)/12= 90000 cm^4

 

 

 

Ogni telaio è considerato un controvento, e siccome sono dei vincoli elastici, possiamo rappresentarli come delle molle; il concetto di rigidezza di questi controventi, k, nasce allora nel piano dei prospetti e per comodità la trasportiamo in pianta. Analizziamo quindi come reagiscono gli impalcati a causa delle azioni orizzontali.

Per comodità inseriamo l’impalcato in un sistema di riferimento e indichiamo con kv rigidezza controventi verticali, lungo y, ko rigidezza controventi orizzontali, lungo x, dv distanza orizzontale dei controventi dall’origine degli assi, posto nel pilastro 1, e do distanza verticale dei controventi dall’origine degli assi.

Ogni controvento si prenderà una parte delle forza orizzontale applicata all’impalcato, a seconda della rigidezza dei controventi, come somma delle rigidezze dei pilastri che lo compongono, e della sua distanza dal punto detto centro di istantanea rotazione o centro di rigidezza.

 

1-Calcolo della rigidezza traslante dei controventi

Si calcola la rigidezza traslante di ogni controvento, come la somma delle rigidezze dei pilastri che lo compongono, considerando che la rigidezza di un pilastro del telaio shear-type è pari a k= 12EI/h^3;

pertanto la rigidezza totale del controvento sarà k_t= 12EItot/h^3, con E= 21000 N/mmq, Ix= (b x h^3)/12=90000 cm^4 e h= 3m

 

2-Tabella sinottica controventi e distanze

Riassumiamo il una tabella i valori delle rigidezze e le loro rispettive distanze dal punto di origine degli assi.

3-Calcolo del centro di massa

Calcoliamo ora il centro di massa dell’impalcato, come centro dell’area, e siccome siamo di fronte ad un’area più complessa si può dividere in aree geometricamente più semplici e calcolare per ognuno il centro delle masse.

Sappiamo infatti che se la forza applicata all’impalcato ha la retta d’azione passante per questo il centro di massa, l’impalcato non ruoterà ma traslerà solamente, compromettendo quindi in misura minore la sicurezza dell’impalcato, mentre al contrario nel momento in cui la retta d’azione è distante dal centro, l’impalcato ruoterà nel piano.

Per questo motivo è importante quando di progetta un edificio, che centro di massa e centro di rigidezza siamo il più possibile vicini per ridurre al minimo la rotazione dello stesso.

G1 (12;2)

G2 (21;6)

G3 (3;8)

Con G (xG;yG) = (10,71;4,29)

xG= (∑Ai x xG)/Atot

yG= (∑Ai x yG)/Atot

4-Calcolo del centro di rigidezze e delle rigidezze globali

Con C (xC;yC)= (10,88;4,75)

xC= (∑kvi x dvi)/ ∑kvi

yC= (∑koi x doi)/ ∑koi

 

Calcoliamo poi le distanze dei rispettivi controventi dal centro di rigidezza, è infine la rigidezza a rotazione dei controventi data dalla somma dei prodotti delle rigidezze di ogni controvento e la sua distanza al quadrato rispetto al centro delle rigidezze.

kφ= (∑ki x ddi^2)/ ∑kvi

5-Analisi dei carichi sismici

Calcoliamo infine i carichi sismici partendo dal carico totale gravante sulla area dell’impalcato. Ricaviamo quindi il valore della forza sismica agente sull’impalcato dato dal peso sismico W(KN) e dal coefficiente di intensità sismica c=0,10

F= W x c= 202,61 KN

6-7-Ripartizione della forza sismica lungo x e lungo y

Calcoliamo il momento torcente prodotto dalla forza sismica rispetto al centro delle rigidezze per cui con braccio pari alla distanza tra centro di rigidezza e centro di massa dove è applicata la forza, rispettivamente rispetto all’asse x e all’asse y.

Calcoliamo poi le traslazioni orizzontali e verticali.

uo= F/kotot

vo= F/kvtot

Infine la rotazione dei controventi

φ= M/ kφ

Infine le reazioni vincolari dei controventi da:

Ri= ki x ( u x ddi x φ)

Ri= ki x ( v x ddi x φ)

Dall’analisi fatta sembrerebbe che l’edificio sottoposto alla forza sismica F subisca solo una traslazione, in quanto siccome i due centri, di massa e delle rigidezze, sono abbastanza vicini, portano ad una rotazione quasi nulla. Verifichiamo ora anche su SAP.

Si disegna l’impalcato su sap e indichiamo che i vincoli a terra sono incastri

Definiamo la sezione delle travi, che saranno abbastanza alte per simulare un telaio shear-type.

Si assegna la sezione ai pilastri.

Si disegna il centro delle rigidezze

Definiamo ora che il punto disegnato fa parte dell’impalcato e che quest’ultimo è di tipo rigido attraverso il vincolo interno (constrain) DIAPHRAM, che attribuisce all’intero impalcato una rigidezza tale ma non ammettere deformazioni ma sono traslazioni.

Per aumentare ancora di più la rigidezza del solaio possiamo aumentare il modulo di inerzia delle travi.

Infine applichiamo la forza sismica nel centro delle rigidezze.

Possiamo avviare a questo punto l’analisi da cui possiamo ricavare la deformata dei pilastri dovuta alla forza F, ad “s” tipica del telaio shear-type, che sta ad indicare un diagramma del taglio costante e un diagramma dei momenti lineare ed in particolare a forma di “farfalla”.

Possiamo anche notare che il centro di rotazione come previsto subirò solo una piccola traslazione e non ruoterà nel piano.

ESERCITAZIONE 3 TRAVE IPERSTATICA

Come per la precedente esercitazione ho problemi nel caricare le immagini, per cui al momento devo inserirle come allegati.
I seguenti allegati contengono l'intera esercitazione sulla risoluzione di una trave iperstatica con relativo testo di spiegazione.

ESERCITAZIONE 2 DIMENSIONAMENTO TRAVE

Per il dimensionamento di una trave sono state scelte tre tecnologie di solaio differenti: solaio in legno, solaio in acciaio e solaio in cemento armato.
Per tutti e tre i casi è stata scelto uno schema di una struttura a telaio con modulo di base con interassi 6m x 4m.

fig1

Dallo schema è possibile notare come le travi più sollecitate siano quelle con interasse pari a 6m, ossia la luce delle stesse, che occupano le posizioni centrali avendo un’area di influenza pari a 24mq, dovuto all’interesse maggiore di 6m e interasse minore di 4m, che risulta essere il doppio di quella delle travi al bordo.
Ainfl = b x l = (6 x 4) m= 24mq

SOLAIO IN LEGNO
Per il caso del solaio in legno è stata scelta una soluzione, rappresentata nella sezione nella seguente figura, il cui pacchetto solaio è costituito da:

fig2

A. Travetti in legno di conifere con peso specifico pari a 5 KN/mc e sezione pari a 0,25m x 0,15 m (n°1 in 1mq)

B. Assito in legno di conifere con peso specifico pari a 5 KN/mc e spessore 0,035 m

C. Caldana in calcestruzzo ordinario con peso specifico pari a 24 KN/mc e spessore 0,04 m

D. Isolante di fibra di legno con peso specifico pari a 160 kg/mc=1600 N/mc= 1,6 KN/mc e spessore 0,04 m

E. Sottofondo in malta con peso specifico pari a 18 KN/mc e spessore 0,03 m

F. Pavimento in porcellana con peso specifico pari a 2 Kg/dmc= 20N/0,001mc= 20000 N/mc= 20 KN/mc e spessore 0,01 m

Per calcolare il carico finale Q, costituito dalla somma del carico strutturale, del carico permanente e del carico accidentale è stato fatto riferimento ad 1mq di solaio, per il quale è stato considerato quanto materiale è compreso in esso.

Per ogni materiale costituente in solaio è stato calcolato il peso per 1mq di superficie, moltiplicando il peso specifico del materiale per il volume occupato, oppure moltiplicando il peso specifico per lo spessore quando costituiscono degli strati.

CARICO STRUTTURALE (qs)

A.Travetti
Ptrav= pstrav x V x n° = 5 KN/mc x (0,25 x 0,15 x 1) mc/mq x 1= 0,1875 KN/mq

B. Assito
Pass= psass x sp= 5 KN/mc x 0,035 mc/mq= 0,175 KN/mq

C. Caldana
Pcald= pscald x sp= 24 KN/mc x 0,04 mc/mq= 0,96 KN/mq

qstot= (0,1875 + 0,175 + 0,96) KN/mq= 1,32 KN/mq

CARICO PERMAMENTE (qp)

D. Isolante
Pisol= psisol x sp= 1,6 KN/mc x 0,04 mc/mq= 0,064 KN/mq

E. Sottofondo
Psott= pssott x sp= 18 KN/mc x 0,03 mc/mq= 0,54 KN/mq

F. Pavimento
Ppav= pspav x sp= 20 KN/mc x 0,01 mc/mq= 0,2 KN/mq

Al carico permanente aggiungiamo l’incidenza degli impianti 0,5 KN/mq e quella dei tramezzi 1 KN/mq

qptot= (0,064 + 0,54 + 0,2 + 0,5 + 1) KN/mq= 2,304 KN/mq

CARICO ACCIDENALE ( qa)

Si è deciso di destinare l’ambiente ad uffici aperti al pubblico (cat B2)

qa= 3 KN/mq

E’ possibile ora inserire i dati ottenuti in un foglio di calcolo excel da cui ricaviamo un carico totale Q pari a 36,8448 KN/mq, ottenuto considerando dei coeff di accrescimento pari a 1,3 per il carico strutturale e il carico permanente e 1,5 per il carico accidentale, da cui possiamo calcolare il peso totale gravante sulla trave in base alla sua area di influenza.
P= q x Ainfl= q x b x l= Q x l= 36,8448 KN/mq x 6m= 221,06 KN/m

Il momento della trave, essendo una trave appoggiata, si ricaverà dal carico gravante sulla trave e dalla luce, ossia M= q x l^2/ 8= 165,802 KNm.

Per il progetto è stato poi scelto il tipo di materiale, ossia legno lamellare GL24h con resistenza caratteristica f m,k= 24 N/mmq, classe di servizio 2 e carico di durata del carico k mod= 0,8. Da qui è stato possibile ricavare la tensione ammissibile sig amm= 13,24 N/mmq

Una volta impostata la base, b= 30 cm, è stata ricavata l’altezza minima da rispettare ossia h= 50,04 cm, per cui per il progetto si è scelta una trave leggermente dimensionata, dovendo portare anche il proprio carico, di dimensioni (30 x 55) cm.

fig 3

Dopo aver progettato la trave tramite il sovradimensionamento occorrerebbe rieseguire i calcoli, inserendo il peso proprio della trave così come è stato pensata e verificare che resista anche in questo caso, controllando che la sigmax sia minore della sigamm (sigmax= Mmax/W

SOLAIO IN ACCIAIO
Per il solaio in acciaio è stata scelta una soluzione come quella in figura costituita da:

fig4

A. Controsoffitto in cartongesso con peso specifico pari a 900 Kg/mc= 9000 N/mc= 9 KN/mc e spessore 0,02 m

B. Trave secondaria (IPE 160) con peso specifico pari a 78,5 KN/mc e area di sezione di 20,10 cmq= 0,00201mq

C. Soletta in calcestruzzo alleggerito su lamiera grecata con peso complessivo pari a 265 Kg/mq= 2650 N/mq= 2,6 KN/mq e spessore 0,15 m

D. Isolante di fibra di legno con peso specifico pari a 160 kg/mc=1600 N/mc= 1,6 KN/mc e spessore 0,04 m

E. Sottofondo in malta con peso specifico pari a 18 KN/mc e spessore 0,035 m

F. Pavimento in porcellana con peso specifico pari a 2 Kg/dmc= 20N/0,001mc= 20000 N/mc= 20 KN/mc e spessore 0,02 m

Come per il legno, è stato calcolato il peso di ogni materiale costituente il pacchetto solaio facendo riferimento a 1mq di superficie.

CARICO STRUTTURALE (qs)

B. Trave secondaria
Ptrav= pstrav x V= pstrav x A x 1m= 78,5 KN/mc x (0,00201 x 1) mc/mq= 0,15778 KN/mq

C. Soletta su lamiera grecata
Psol= 2,6 KN/mq

qstot= (0,15778 + 2,6) KN/mq= 2,75778 KN/mq

CARICO PERMANENTE (qp)

A.Controsoffitto
Pcon= pscon x sp= 9 KN/mc x 0,02 mc/mq= 0,18 KN/mq

D. Isolante
Pisol= psisol x sp= 1,6 KN/mc x 0,04 mc/mq= 0,064 KN/mq

E. Sottofondo
Psott= pssott x sp= 18 KN/mc x 0,035 mc/mq= 0,63 KN/mq

F. Pavimento
Ppav= pspav x sp= 20 KN/mc x 0,02 mc/mq= 0,4 KN/mq

Al carico permanente aggiungiamo, come nel caso del solaio in legno, l’incidenza degli impianti 0,5 KN/mq e quella dei tramezzi 1 KN/mq

qptot= (0,18 + 0,064 + 0,63 + 0,4 + 0,5 + 1) KN/mq= 2,774 KN/mq

CARICO ACCIDENTALE (qa)

Si è deciso di destinare l’ambiente ad uffici aperti al pubblico (cat B2)

qa= 3 KN/mq

E’ possibile ora inserire i dati ottenuti in un foglio di calcolo excel da cui ricaviamo un carico totale Q pari a 46,7653 KN/mq, ottenuto considerando dei coeff di accrescimento pari a 1,3 per il carico strutturale e il carico permanente e 1,5 per il carico accidentale, da cui possiamo calcolare il peso totale gravante sulla trave in base alla sua area di influenza.
P= q x Ainfl= q x b x l= Q x l= 46,7653 KN/mq x 6m= 280,59 KN/m

Anche in questo caso, essendo una trave appoggiata, il momento della trave si ricaverà dal carico gravante sulla trave e dalla luce, ossia M= q x l^2/ 8= 210,444 KNm.

Ai fini del progetto è stato scelto un acciaio Fe 430/S275 con tensione di snervamento caratteristica f y,k (N/mmq) pari a 275 N/mmq da cui si ricava una tensione ammissibile sigamm pari a 239,13 N/mmq, ottenuta dalle tensione di snervamento diviso un coeff di sicurezza per l’acciaio.

Otteniamo infine il modulo di resistenza a flessione minimo Wmin= Mmax/sigamm= 880,04 cmc che servirà a dimensionare la trave; andando nella tabella dei profilati si andrà a scegliere un profilato con modulo di resistenza a flessione piu grande come l’ IPE 360 con Wx= 904 cmc

fig 5

Dopo aver progettato la trave tramite il sovradimensionamento occorrerebbe rieseguire i calcoli, inserendo il peso proprio della trave così come è stato pensata e verificare che resista anche in questo caso, controllando che la sigmax sia minore della sigamm (sigmax= Mmax/W

SOLAIO IN CEMENTO ARMATO

Per il solaio in cemento armato è stata scelta una soluzione come quella in figura costituita da:

fig 6

A.Intonaco con peso specifico pari a 1600 Kg/mc= 16000 N/mc= 16 KN/mc e spessore 0,01m

B. Pignatte con peso specifico pari a 12 KN/mc di dimensioni pari a 0,40m x 0,16m (n°2 in 1 mq) e calcestruzzo con peso specifico pari a 25 KN/mc e dimensioni 0,10m x 0,16m (n°2 in 1mq)

C. Calcestruzzo con peso specifico pari a 25 KN/mc e spessore pari a 0,04m

D. Massetto in malta con peso specifico pari a 18 KN/mc e spessore 0,04 m

E. Isolante di fibra di legno con peso specifico pari a 160 kg/mc=1600 N/mc= 1,6 KN/mc e spessore 0,04 m

F. Allettamento in malta con peso specifico pari a 18 KN/mc e spessore 0,06 m

G. Pavimento in porcellana con peso specifico pari a 2 Kg/dmc= 20N/0,001mc= 20000 N/mc= 20 KN/mc e spessore 0,02 m

CARICO STRUTTURALE (qs)

B. Calcestruzzo
Pcls= pscls x V x n°= 25 KN/mc x (0,10 x 0,16 x 1) mc/mq x 2= 0,8 KN/mq

C. Calcestruzzo
Pcls= pscls x sp= 25 KN/mc x 0,04mc/mq= 1 KN/mq

qstot= (0,8 + 1) KN/mq= 1,8 KN/mq

CARICO PERMANENTE (qp)

A.Intonaco
Pint= psint x sp= 16 KN/mc x 0,01 mc/mq= 0,16 KN/mq

B. Pignatte
Ppig= pspig x V x n°= 12 KN/mc x (0,40 x 0,16 x 1) mc/mq x 2= 1,536 KN/mq

D. Massetto
Pmas= psmas x sp= 18 KN/mc x 0,04 mc/mq= 0,72 KN/mq

E. Isolante
Pisol= psisol x sp= 1,6 KN/mc x 0,04 mc/mq= 0,064 KN/mq

F. Allettamento
Pall= psall x sp= 18 KN/mc x 0,06 mc/mq= 1,08 KN/mq

G. Pavimento
Ppav= pspav x sp= 20 KN/mc x 0,02 mc/mq= 0,4 KN/mq

Al carico permanente aggiungiamo, come nel caso del solaio in legno, l’incidenza degli impianti 0,5 KN/mq e quella dei tramezzi 1 KN/mq

qptot= (0,16 + 1,536 + 0,72 + 0,064 + 1,08 + 0,4 + 1 + 0,5) KN/mq= 5,46 KN/mq

CARICO ACCIDENTALE (qa)

Si è deciso di destinare l’ambiente ad uffici aperti al pubblico (cat B2)

qa= 3 KN/mq

E’ possibile ora inserire i dati ottenuti nel foglio di calcolo excel da cui ricaviamo un carico totale Q pari a 55,752 KN/mq, ottenuto considerando dei coeff di accrescimento pari a 1,3 per il carico strutturale e il carico permanente e 1,5 per il carico accidentale, da cui possiamo calcolare il peso totale gravante sulla trave in base alla sua area di influenza.
P= q x Ainfl= q x b x l= Q x l= 55,752 KN/mq x 6m= 334,512 KN/m

Anche in questo caso, essendo una trave appoggiata, il momento della trave si ricaverà dal carico gravante sulla trave e dalla luce, ossia M= q x l^2/ 8= 250,884 KNm.

Ai fini del progetto è stato scelto un acciaio da armatura B450A con tensione di snervamento f y (N/mmq) pari a 450 N/mmq da cui si ricava una tensione ammissibile sig famm pari a 391,30 N/mmq, ottenuta dalle tensione di snervamento diviso un coeff di sicurezza per l’acciaio e un calcestruzzo con resistenza a compressione Rck= 50 MPa da cui si ricava una tensione ammissibile sig camm pari a 28,33 N/mmq.

Da progetto si decide di impostare una base di 30cm, ricavando così una altezza utile h (che escude il copriferro in quanto inerte dal punto di vista meccanico) pari a 37,04 cm. A questa altezza utile si decide di aggiungere un copriferro pari a 4 cm per ottenere infine una altezza complessiva di 41,04 cm che può essere sovradimensionata a 45 cm.

fig 7

Ps: ho dei problemi a caricare le immagini nel post per cui prima di risolvere il problema le inserisco come allegati

ESERCITAZIONE 1 STRUTTURA RETICOLARE

Si considerino un arco a tre cerniere, costituito da due corpi rigidi rappresentabili come travi collegate da cerniere puntuali. Supponiamo che in corrispondenza della cerniera interna agisca un carico concentrato, P.

   

Si può facilmente verificare che il carico agente in sommità viene trasmesso alle due cerniere a terra dalle due aste mediante sole forze di compressione. In altre parole, le due aste sono sollecitate solo da sforzi normali, in questo caso di compressione. Questo elementare modello di struttura a traliccio piana, di frequente impiego nelle prime applicazioni di copertura realizzati in materiale ligneo, è chiaramente ispirata al principio statico della triangolazione. Se inseriamo una catena a collegamento dei due appoggi, come illustrato nella figura precedente, otteniamo la cosiddetta capriata semplice a due spioventi. Tuttavia, l’impossibilità di coprire, mediante tale schema semplice, luci sempre più grandi ha condotto via via all’inserimento di ulteriori elementi strutturali al fine di parzializzarne la luce libera, fino ad ottenere elementi sempre più complessi.

Nascono così le strutture reticolari, le quali offrono una delle più antiche soluzioni al problema delle coperture: le capriate in legno che coprivano le basiliche romane rappresentano un primo esempio. Ma la forma reticolare da anche soluzione ad un altro problema, la necessità di realizzare strutture di notevoli dimensioni con elementi relativamente piccoli. In particolare, l’evoluzione di sistemi costruttivi basati su elementi reticolari ha portato al passaggio dalla trave ad anima piena alla trave reticolare.

Il maggior sviluppo si ebbe nell’ottocento quando si riuscì a produrre industrialmente i laminati di ferro con caratteristiche meccaniche sufficientemente sicure, diffusamente utilizzati nella realizzazione di ponti ferroviari. Contemporaneamente, il reticolo di travi si viene ad orientare verso schemi caratterizzati ciascuno da un preciso funzionamento statico. Si fa così gradualmente strada la tendenza a realizzare composizioni del reticolo mediante una successione di elementi triangolari accostati, come per lo schema Warren considerato come soluzione ottimale per opere da ponte. Il vantaggio di questo schema sta nel fatto che permette di concentrare il materiale secondo le linee di massima concentrazione degli sforzi. Le travature reticolari nascono infatti per ottimizzare lo spazio in cui vengono inserite.

Se però l’altezza necessaria per raggiungere determinati livelli di rigidezza è troppo estesa, nella trave Warren si raggiungono eccessive lunghezze degli elementi che possono provocare nelle aste compresse dei fenomeni di instabilità. Per tali motivi, si affermano altri tipi di travature reticolari, quali i tipi Pratt e Howe.

Tre aste che formano un triangolo costituiscono pertanto una struttura stabile. Il triangolo è quindi la forma più semplice di struttura reticolare di cui costituisce pertanto anche la cellula base per formare un sistema rigido che non può essere deformato dall’applicazione di forze esterne. Le strutture reticolari formate per semplice giustapposizione di triangoli sono dette talora triangolazioni semplici. Definiamo pertanto struttura reticolare, un insieme di aste rettilinee incernierate collegate le une alle altre mediante nodi in modo da formare una struttura portante stabile, piana oppure spaziale. Trave reticolare è un sistema reticolare, formante un’unica membratura, nel quale una dimensione (la lunghezza) è largamente preponderante rispetto all’altra (o alle altre nel caso tridimensionale). Fra le diverse aste che compongono la struttura si distinguono i CORRENTI, costituiti dalle aste essenzialmente orientate nella direzione della dimensione maggiore della trave reticolare, e di cui distinguiamo un CORRENTE SUPERIORE e un CORRENTE INFERIORE,  e un’anima scomposta in elementi lineari di cui distinguiamo le DIAGONALI, disposti inclinati, e i MONTANTI, disposti verticalmente a tale direzione.

Se i carichi sono costituiti unicamente da forze concentrate sulle cerniere, ogni asta risulterà soggetta a sola azione assiale, o sforzo normale; in virtù di questa ultima ipotesi le aste saranno soggette soltanto a sforzo normale, di trazione o compressione. La generica asta tesa si definisce comunemente come TIRANTE, quella compressa come PUNTONE.

Il problema statico delle strutture reticolari consiste nel calcolo dello sforzo normale in tutte le aste e tale calcolo è possibile servendosi delle sole equazioni di equilibrio. Dei due metodi principali metodi per la determinazione degli sforzi nelle aste di un sistema reticolare, metodo dei nodi e metodo delle sezioni o di Ritter, utilizzerò il secondo per la risoluzione dell’esercizio manualmente.

METODO DELLE SEZIONI

Una travatura reticolare generata a partire da un triangolo iniziale presenta la proprietà di poter essere tagliata da una sezione ideale, che divida la struttura integralmente in due parti sezionando solo tre aste non concorrenti nello stesso punto. Si può quindi disegnare lo schema isolato di una delle due porzioni.  Preventivamente sono state calcolate le reazioni scrivendo l’equilibrio di tutto il traliccio (sommando pertanto tutte le forze esterne agenti sui nodi e dividendola per il numero delle reazioni nei vincoli, in quanto si tratta di una struttura simmetrica), restano come incognite solo gli sforzi normali di tutte le aste tagliate. Poiché l’equilibrio di questa porzione consente di scrivere solo tre equazioni, il taglio non dovrà evidenziare più di tre incognite. Lo sforzo in una delle tre aste viene calcolato mediante un’equazione di equilibrio dei momenti intorno al polo in cui convergono le altre due. Successivamente sono stati operati altri tagli per determinare gli sforzi assiali nelle aste non interessate dal primo taglio.

Successivamente ho verificato la struttura con SAP. Creando un nuovo file con il comando NEW FILE, e dopo aver impostato le unità di misura (KN, m, C), ho scelto come template con cui lavorare 2D TRUSSES, ideale per questo tipo di lavoro. Ho inserito pertanto le indicazioni di tipo geometrico della struttura quali numero delle partizioni, altezza e lunghezza delle aste (L=5m, 2L=10m).

Ottenendo così la struttura richiesta

SAP in realtà riconosce 2 aste unite come un incastro, ma essendo tutte cerniere interne dobbiamo segnalarlo in quanto le aste essendo libere di ruotare non si trasmettono momenti, contrariamente all’incastro. Per questo motivo dopo aver selezionato tutte le aste e seguendo il percorso ASSIGN > FRAME > RELEASES/PARTIAL FIXITY, andiamo ad indicare che all’inizio e alla fine di ogni frame il MOMENT 33 è nullo.

Abbiamo ottenuto così cerniere interne in ogni nodo.

A questo punto ho assegnato i carichi esterni in corrispondenza dei nodi. Dopo averli selezionati, e aver seguito il percorso ASSIGN > JOINT LOADS > FORCES, ho aggiunto  il carico desiderato, ADD NEW LOAD PATTER, nominandolo F e assegnandogli un peso proprio nullo, perché altrimenti lo avrebbe segnalato come carico distribuito 

Infine ne stabilisco il valore, in questo caso -200 KN, nel sistema globale in direzione dell’asse z, essendo forze verticali e discordi a tale asse, da cui il segno negativo.  

Occorre arrivati a questo punto assegnare la sezione. Pertanto, dopo aver selezionato tutti gli elementi interessati, attraverso il percorso ASSIGN > FRAME > FRAME SECTION > ADD NEW PROPERTY, scelgo la sezione desiderata. In questo caso è stata scelta la sezione tubolare, rinominata PIPE, per la quale è possibile anche variarne le dimensioni

SAP ci indica sul modello stesso il tipo di sezione scelta

È possibile a questo punto avviare l’analisi, attraverso il comando RUN ANALYSIS. Scelgo al momento di non analizzare né la parte modale nel il carico DEAD, specificandolo attraverso il comando RUN/DO NOT RUN CASE. Avvio infine l’analisi scelta con il comando RUN NOW.

Il primo risultato subito comprensibile è la deformata della struttura, ottenuta  con il comando SHOW DEFORMED SHAPE

È possibile a questo punto verificare le reazioni vincolari, calcolate precedentemente attraverso il comando SHOW FORCES > JOINT

 

Per controllare i diagrammi delle sollecitazioni è possibile invece seguire il percorso SHOW FORCES > FRAME/CLABES/TENDONS e scegliere quale grafico consultare. Scegliendo ad esempio il diagramma del MOMENT 33, risulta un momento nullo così come era stato supposto inizialmente, essendo tutte aste soggette a solo sforzo assiale in cui non viene trasmesso il momento.

Consultiamo allora il diagramma dello sforzo assiale scegliendo l’opzione AXIAL FORCE nel percorso precedente. Dal diagramma risulta in primo luogo la simmetricità delle sollecitazioni dato dalla struttura simmetrica stessa, da cui dipendono anche la simmetricità delle reazioni vincolari. In secondo luogo è possibile distinguere quali siano le aste compresse, dette PUNTONI, e distinte convenzionalmente dal segno negativo e colore rosso, e le aste tese, ossia i TIRANTI, convenzionalmente con segno positivo e in questo caso colore blu. Detto ciò è possibile notare che tutti gli elementi che corrono a formare il corrente interiore sono dei tiranti mentre quelli del corrente superiore dei puntoni. Al contrario, gli elementi che costituiscono le diagonali sono sia puntoni che tiranti. Dal diagramma è possibile inoltre apprezzare quale siano le aste più sollecitate.

 

Cliccando poi con il tasto destro su ogni singola asta è possibile visualizzare i diagrammi specifici, in cui è possibile notare ulteriormente momento e taglio nullo, al contrario dello sforzo assiale 

 

È possibile a questo punto esportare i valori così ottenuti in una tabella excel per analizzarli qualitativamente, attraverso il percorso DISPLAY > SHOW TABLES. In questo caso ci farà vedere tutte le analisi eseguite, ma deciso di fare una selezione e di farmi mostrare solo quelle ricavate da ANALYSIS RESULTS. Dopo aver cliccato il comando SELECT LOAD PATTER scelgo anche il carico desiderato, e in questo caso continuo ad analizzare solo il carico aggiunto F.

 

Seleziono infine la tabella che intendo esportare ossia ELEMENT JOINT FORCES- FRAME e la esporto attraverso il percorso FILE > EXPORT CURRENT TABLE > TO EXCEL

 

Per analizzare i risultati deciso di riordinarli in ordine decrescente in base al valore di F1

 

Notiamo che la tabella riporta i nomi attribuiti dal programma alle aste (FRAME) e ai nodi (JOINT), allora seleziono direttamente da SAP il comando per vedere tali nomi, attraverso il percorso SET DISPAY OPTIONS > LABLES, sia per le aste che per i nodi.

Seconda tabella esportata ELEMENT FORCES

 

 

Successivamente alla realizzazione delle struttura reticolare in 2D, ho analizzato una struttura reticolare in 3D, la quale, essendo ideale per coprire grandi luci, è stata impostata come una copertura e rappresentata come una piastra di 25x30, con modulo 3x3x3m.

In questo caso, rispetto al modello 2D, si decide di utilizzare come template GRID ONLY, impostata inserendo il numero delle linee per ogni asse e dimensione delle stesse, in modo da ottenere una griglia di base su cui disegnare ogni asta attraverso il comando DRAW FRAME

 

Partendo dalla definizione di un modulo, ho proceduto utilizzando i comandi copia CTRL+C e incolla CTRL+V per ripeterlo e completare la griglia.

 

Nel momento in cui si copiano degli elementi si potrebbe non far coincidere i punti, per questo motivo occorre unirli, una volta selezionati, tramite il percorso EDIT > EDIT POINT > MERGE POINT, ed inserendo una tolleranza ad esempio di 10cm Come nel modello 2D, occorre definire che tutti i nodi presenti, essendo una struttura reticolare, sono delle cerniere interne, seguendo per cui il percorso ASSIGN > FRAME > RELEASES/PARTIAL FIXITY, si assegna che all’inizio e alla fine di ogni asta il MOMENT 33 sia nullo, cioè non viene trasmesso momento.

Analogamente ripeto il passaggio per definire la sezione delle aste, ossia attraverso il percorso ASSIGN > FRAME > FRAME SECTION > ADD NEW PROPERTY scelgo la sezione tubolare.

Infine posso definire gli appoggi, ultimo parametro fondamentale per definire la struttura. Si è deciso di porre delle cerniere in corrispondenza dei 4 angoli, come a simulare dei pilastri. Per far ciò bisogna seguire il percorso ASSIGN > JOINT > RESTRAITS, e nel momento in cui scegliamo il vincolo di cerniera verranno selezionati i movimenti bloccati, ossia la traslazione in questo caso

 

 

 

Arrivati a questo punto occorre solo inserire il carico esterno agente prima di avviare l’analisi. In questo caso i carichi vengono applicati a ogni nodo della faccia superiore della struttura. Perciò, così come è stato fatto nel caso 2D, dopo aver selezionato i nodi interessati si segue il percorso ASSIGN > JOINT LOAD > FORCES,  e si aggiunge il carico desiderato denominandolo F e attribuendogli un valore di -5KN.

Definiti i parametri fondamentali delle struttura come cerniere interne, vincoli esterni e sezione, e i carichi esterni agenti, è possibile avviare l’analisi. Anche in questo caso decido di analizzare solamente la parte dovuta ai carichi esterni e di trascurare l’analisi modale e dead. Mostrando la deformata con il comando SHOW DEFORMED SHAPE, si nota come la struttura sopporti abbastanza bene il carico agente, non si riscontrano infatti particolari deformazioni delle configurazione iniziale

Attraverso poi il percorso SHOW FORCES > FRAME CABLES > AXIAL FORCE è possibile visualizzare il diagramma dello sforzo assiale. Da quest’ultimo si nota quali siano i puntoni, la maggior parte nella parte inferiore, e i tiranti, nella parte superiore. Si può notare inoltre come gli sforzi maggiori, sia per gli elementi superiori che inferiori, sia per le diagonali, siano nella parte centrale della struttura, lontana perciò dagli appoggi.

Allo stesso modo si può notare che dal diagramma dei momenti risulta un momento nullo così come era stato supposto inizialmente, essendo tutte aste soggette a solo sforzo assiale in cui non viene trasmesso il momento. Infine esportiamo la tabella dei valori in excel per analizzarli.

 

 

 

 

 

 

 

 

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