AVVISO PER GLI STUDENTI DEL TERZO ANNO - SOLLECITO

A pochi giorni dalla consegna (entro lunedì 7 maggio prossimo), solo 2 gruppi hanno comunicato i nomi dei partecipanti al gruppo stesso e la prima indicazione del bene analogo. Ricordo che ho, di buon grado, concesso di saltare la lezione scorsa del 30 aprile per facilitare molti allo scopo. Mi aspetto - prima di lunedì - che sul Sito compaiano "tutti i gruppi di lavoro" e le scelte del "bene analogo", come espressamente richiesto dal sottoscritto nei miei precedenti avvisi.

Prof. Alfredo Passeri - Modulo di Estimo nei Laboratori di Progettazione del Terzo Anno

 

Bene Analogo - Gruppo Francesco Segala, Silvia Volpe (lab. Vidotto)

Laboratorio di Progettazione Architettonica e Urbana 6C

Gruppo Francesco Segala, Silvia Volpe

La scelta del bene analogo ci ha portati a scegliere tra architetture che stanno influenzando in modo più o meno diverso il nostro progetto. Abbiamo avuto diverse idee a riguardo e alla fine abbiamo scelto un'architettura che, sebbene non molto recente, è quella più analoga all'architettura che stiamo progettando. C'è da dire poi che si tratta di un progetto con dimensioni molto ridotte rispetto al nostro, si tratta di 37 alloggi e noi ne dovremmo progettare 80-90. Comunque ciò che rende questa architettura analoga alla nostra è sicuramente il fatto che si tratta di edifici a ballatoio, alcuni materiali utilizzati e la soluzione progettuale del tetto.

Günter Behnisch & partners, Manfred Sabatke  
Social Housing a Albertus-Magnus Strasse 9/11, Ingolstadt, Germania
37 alloggi
Area totale: 2500 mq                                                                                                                                  
Costo totale: 1.8 milioni di €                                                                                                                                  
Costo al metro quadro: circa 750 €                                                                                                          
Anno di completamento: 1997
 

                                                                                                                  

link utili:

http://behnisch.com/Behnisch-Partner/projects/residences/02/index.html

http://www.lueder.info/2projects/01_wai/01.html

link da bingmaps:

http://it.bing.com/maps/#JndoZXJlMT1BbGJlcnR1cy1NYWdudXMrU3RyYXNzZSUyYytpbmdvbHN0YWR0JmJiPTUyLjQ5OTAyNTEzNjQwMzUlN2UxMy4zMDc2NTMyNDgzMTAxJTdlNTIuNDk1NDQ1NzU4MDg3MiU3ZTEzLjI5MzA2MjAzMTI2OTE=

Bene analogo

Morena Mimmi e Fabio Liberati

Laboratorio di Progettazione Architettonica e Urbana 6C

La ricerca sul bene analogo, al momento, si dirige verso due progetti: uno realizzato in Italia nel 2009 (MAB) e l'alro realizzato in Danimarca nel 2006 (TETRON VANDKUNSTEN); le analogie con il nostro progetto si verificano in ragione delle tecnologie costruttive applicate per la realizzazione delle architetture, i costi di realizzazione (ragionevolmente contenuti in relazione ad un budget massimo di 1600euro/mq), sommiglianza morfologica, tipologica e di funzione simile al progetto che stiamo realizzando per questa prima fase (progetto preliminare).

 

Planimeria Tetron. Vandkunsten

 

Immagine 3D Vandkunsten

 

Immagine 3D Vandkunsten

MAB, prgetto di edilizia residenziale pubblica Milano 2009

costo 1.100 euro/mq

Sulla lezione di venerdì (27-04-12)

Come prima cosa voglio scusarmi per averla offeso usando il termine “giocare con i numeri”. Sono molto bravo a non farmi capire bene e dire le cose troppo crude. Proverò ad esprimermi meglio in seguito.
Il mondo del estimo dal mio punto di vista è molto vasto e complesso. C’è un vero e proprio linguaggio (su cui mi sbagliavo venerdì usando prezzo, costo e valore come sinonimi). Ma anche quando si parla di un valore si dovrebbe dire di che cosa si tratta; € ##,00/m2 secondo me non appartiene al linguaggio del estimo (ci vorrebbe € ##,00/m2 più qualcosa). Oltre al mondo del estimo c’è ovviamente anche il mondo dell’agenzia immobiliare, il mondo delle aziende d’assicurazione e il fisco che parlano tutti quanti un linguaggio simile, ma con grande differenze a volta. Il dubbio mi è venuto partendo dal presupposto che il valore alto stimato dopo i restauri sicuramente viene dall’agenzia immobiliare, mentre mi sembrava difficile trovare dati storici dalle agenzie. E’ invece più facile trovare il valore stimato dal fisco (che è in genere più basso del valore di vendita). In Olanda i diversi valori si riconoscono dalle differenti abbreviazioni usati nei diversi linguaggi professionali (es. € ##,00/m2 BVO). Mi aspettavo qualcosa di simile in Italia, ma forse non esiste qua. Ripeto che non avevo intenzione di offendere nessuno e la critica era soltanto per stimolare a parlare il linguaggio del estimo.

Parliamo della lezione di venerdì. Sono contento che nella lezione è stato usato il termine “costo di costruzione” quando si faceva il confronto dei stadi (e che si presta molto bene per fare dei confronti internazionali anche se ci vuole un ulteriore fattore se si vuole trarre un dato utile).
La seconda parte della lezione parlava della fattibilità iniziando con le 3+1 fasi di costruzione;
preliminare, definitivo, esecutivo e cantiere. Io invece conosco 9 fasi, che in gran parte corrispondono con quelli descritti qua sopra. Però ci sono delle differenze. Mi sembra interessante spiegare un po’ come si fanno le stime in Olanda. Così forse si capisce meglio come vedo io quest’argomento. E potrebbe essere interessante vederlo da un altro punto di vista.

Ho tradotto un immagine (da Jellema vol. 12b) che provo aggiungere dopo in cui secondo me vengono esposte bene le fasi e le diverse stime fatte. La prima fase è quella della fattibilità che si conclude con la definizione del progetto e la stima di fattibilità. Qua come detta nella lezione si stabilisce la qualità e la quantità, ma anche la durata. Le prime cose da sapere per la valutazione di fattibilità sono;
- La data di riferimento dei prezzi
- La data d’inizio costruzione
- I tempi di costruzione (da cui segue la data di conclusione)
Con questi dati poi inizia qualsiasi stima. Mi ricordo che nelle mie prime lezioni di estimo si insegnava fare il cronoprogramma (MS Project). Una cosa che in Italia non è molto comune e che potrebbe essere alla base dei problemi della;
- elevata durata di costruzione
- elevata incertezza sui benefici e sui costi
Tornando ai costi stimati in fase di fattibilità, si possono distinguere 6 gruppi:
A: Costo del terreno (e preparazione cantiere, incl. demolizioni ecc.)
B: Costo di costruzione (molto globale e separati per funzione d’uso; qua si tratta in generale di dati d’esperienza, ma chi fornisce questi dati in Italia? Si trovano spesso anche nei manuali del architetto, ma chi/che istituto gli stabilisce e aggiorna?)
Un dato interessante da aggiungere;
* crescita prezzi fino all’inizio costruzione (ca. 3,5% anno)
* crescita prezzi durante la costruzione (ca. 3% anno)
* imprevisti (ca. 5% a volte anche di più)
C: Consigliatori (architetti, ingegneri, avvocati, manager, ecc.) => ca. 10% del totale!
D: Costi aggiunti (tasse, bolli, assicurazione, garanzia banca, ecc.) => intorno al 15% del C.C.
E: Costo di Avviamento (incl. evt. trasloco e promozione)
F: Costi di Finanziamento (interessi ca. 6% anno da calcolare sulle diverse fasi)
Questi costi poi vengono messi contro i benefici economici stimati (affitto, vendita)

Vorrei tornare a spiegare meglio l’immagine. Dopo la stima di fattibilità si fanno le stime di progetto, dipendendo dalla estensione del progetto si fanno 2 o 3 stime. Nei progetti maggiori in genere si vuole controllare meglio i costi già dall’inizio con una stima di struttura che esprime il costo in clustri di elementi (es. fondazioni, coperture, facciate, scale, ecc.). Nei progetti minori si tende a saltare questa fase e quindi torna identico al modello Italiano con 2 fasi di progetto. Le altre due fasi si esprimono in costo in elementi funzionali (es. finestre, controsoffittature, costi esecuzione, ecc.) e costo in soluzioni tecniche che sembra paragonabile con i valori nei prezzari regionali.
Dopo la fase di progetto si passa alla fase esecutivo. Si fanno i disegni d’appalto e più importante, si fa il contratto d’appalto (che in Olanda in genere si fa attraverso il sistema STABU). Il contratto o forse meglio la relazione tecnica fatta attraverso il sistema STABU poi è la base per le stime d’appalto. Esiste in Italia un sistema simile? Le stime d’appalto vengono fatte in mille modi, quelle più seri però seguono il STABU, sempre specificando materiali e lavorazioni.
L’ultima fase è la fase di cantiere dove si prova controllare e se possibile intervenire per rimanere dentro il budget (non soltanto da parte del appaltatore, ma del gruppo di progetto).

Come ultima cosa volevo parlare dello schema del prof. Ettore Bolisani mostrato durante la lezione. Lui parte col termine Costo totale di sistema dividendolo in Costo di progetto e Costo di esercizio e manutenzione. Per quanto io sappia il Costo di esercizio e manutenzione viene integrato nel progetto (e quindi calcolato il costo totale di sistema) soltanto se c’è una richiesta particolare del committente, e finora quasi mai inserito nei calcoli di fattibilità come beneficio. In genere rimane una cosa che appartiene al mondo del “facility management” e, anche se da anni si sta provando di cambiare questa cosa (giustamente), ancora non ci siamo. E’ probabile che nel restauro questa cosa è molto più comune visto che un restauro spesso viene richiesto dal facility management. Mi piacerebbe sapere se nel caso del Palazzo Massimo si è tenuto conto del costo di esercizio e manutenzione già dalla stima di fattibilità (o anche dopo)?
Chiudo qua e spero che mi sono fatto capire meglio questa volta. Spero anche che questo non viene visto come una lezione che sto facendo, ma soltanto per me capire meglio com’è il sistema di estimo italiano e soprattutto da dove vengono i dati che ci servono per fare le diverse tipologie di stime.

PER GLI STUDENTI DEL TERZO ANNO: MATERIALE DIDATTICO 2

Come promesso, in allegato il materiale che vi servirà per la scelta del bene analogo. Ed anche, per le future superfici ragguagliate.

Mi raccomando di “non perdere di vista” i principali link che riportano informazioni essenziali per il vostro lavoro. Tra di essi consiglio:


-       competitionline.com;


-       archdaily.com;


-       e, naturalmente, europaconcorsi.com.

Quanto poi alla bibliografia, ove è possibile trarre prezzi di riferimento, spunti metrici vari, etc.:


-       Hoco, Density Housing Construction & Costs (dove è possibile trarre indicazioni utili di costo);


-       Total Housing, alternatives to urban sprawl;


-       Density projects;


-       Territori europei dell’abitare (a cura di L. Gelsomino e O. Marinoni).

Ancora una volta sollecito a inviare sul Sito quanto richiesto nel precedente avviso.

 

Prof. Alfredo Passeri

Rinvio lezione prevista per il prossimo 30 aprile 2012

Comunico che LUNEDI 30 APRILE PROSSIMO non ci sara' lezione. Tale decisione e' presa per accogliere le molte richieste da parte di studenti che, non essendo di Roma, vorrebbero trascorrere il ponte del 1 maggio a casa.
Verra' recuperata, detta lezione, nei modi che esporro' successivamente, con cadenze settimanali di "revisioni" per ogni gruppo di lavoro.
A tal proposito, ricordo a tutti che mi aspetto vengano inviati i contributi richiesti nella lezione scorsa di lunedi' 23 u.s.
E cioe': 1) comunicazione sul Sito dei nomi degli studenti che compongono il gruppo di lavoro; 2) laboratorio di appartenenza; 3) prima scelta ipotetica del "bene analogo", indicato quale iniziale riferimento concettuale e dei costi del modello di progetto che si sta elaborando.
Ricordo poi e infine, che molti non hanno ritirato l'esercitazione e che pertanto risultano "assenti" all'ultima o alla penultima lezione.
L'appuntamento prossimo e' quindi fissato per lunedi' 7 maggio; in quella occasione tutti dovranno aver postato i loro contributi (lo ripeto, iniziali, ipotetici e modificabili) come sopra indicato.
Prof. Alfredo Passeri

Prime impressioni sulla fattibilità: i casi di Palazzo Massimo alle Terme e della Palazzina di Libera ad Ostia

 

Palazzo Massimo fu costruito tra il 1883 e il 1887 dall’architetto Camillo Pistrucci. Qua sorgeva la cinquecentesca villa Montalto-Peretti, passata poi di proprietà ai principi Massimo. Il palazzo svolse principalmente due funzioni: prima la funzione di collegio d’istruzione (fino al 1960) poi è stato acquistato dallo Stato italiano e restaurato grazie ai finanziamenti della legge 92/81 per la valorizzazione del patrimonio archeologico di Roma. La sede museale, inaugurata nel 1998, ospita le sezioni di arte antica, numismatica e oreficeria del Museo Nazionale Romano. In questi anni ci sono stati dei finanziamenti agevolati dallo stato per la risistemazione e la cura degli allestimenti interni. Carlo Celia e Stefano Cacciapaglia sono stati incaricati, con la missione di rendere questi spazi , anonimi e privi di una corretta lettura pedagogica, fruibili e piacevoli al visitatore. L’input di ogni scelta parte sempre  dall’opera o dalla persona che dovrà ospitarla. Il compito sembra più che riuscito. I due “incaricati” riscontrano fra gli spettatori un maggiore interesse verso le opere stesse. Fra le varie soluzioni adottate notiamo con efficace risultato l’uso di una cromia per le facciate parietali interne che tende ad esaltare il colore stesso delle opere scultoree, così, da renderle effettivamente le attrici principali delle numerose sale. Le luci coadiuvano le cromie, le tamponature ed i percorsi, al fine di ottenere una gradevole “lettura” museale. Per uno, come me, che studia questi tipi di soluzioni progettuali risulta raffinato e minuzioso il lavoro dietro ad ogni singola opera. Attenti nei dettagli, con degli escamotage, hanno voluto rendere più bassa l’altezza di una sala ( vecchio teatro del convitto, che precedentemente era alta circa 9 metri) ma senza oscurare completamente l’immagine architettonica che fino a quel momento l’aveva caratterizzata: dei panneli regolabili,sospesi tramite cavi in acciaio sono disposti a quote differenti per non creare un piano unico di tamponamento (un controsoffitto) ma dare la possibilità, al visitatore, di intravedere anche la parte sovrastante. In questi pannelli sono stati inseriti una serie di apparecchi illuminanti a led che creano una specie di “cielo stellato” che permette la corretta illuminazione di ogni singola opera. Un sistema di illuminazione biodinamica caratterizza , invece, la sezione che ospita gli affreschi di epoca Augustea. Qua è di impatto maggiore la “mano” dei progettisti, i quali fanno uso delle tecniche di percezione visiva più  avanzate per destare interesse e una corretta visione. Ammetto che non ricordo bene come è  fatto l’edificio, bensì ho l’immagine impressa nella memoria di alcune opere esposte. Questo significa che il lavoro dei progettisti è più che riuscito; anche se, ricordo, che durante la visita a questa seconda sezione, lamentavo con alcuni colleghi l’invasività del “nuovo sul vecchio”. Semplice impressione o triste abitudine critica ( non tutto deve essere perfetto per un architetto, c’è sempre qualcosa che poteva essere fatto meglio), fatto sta che il ricordo della visita e l’interesse suscitato è positivo, il che rende riuscita ( per quanto mi riguarda) la loro intenzione. Tutt’altra situazione è quella della palazzina di A. Libera ad Ostia Antica: Edificio degli anni trenta del ventesimo secolo, uno dei simboli dell’architettura razionalista italiana che caratterizzava quel periodo storico. Qua l’intervento di Roberta Rinaldi consiste nel restauro e ripristino ideologico della palazzina stessa. Infatti, l’edificio, si presentava all’esterno in una condizione di abbandono totale: intonaco giallo ocra (per altro colore inappropriato) distaccato nella maggior parte della superficie esposta sul litorale perché realizzato con il quarzo plastico, che blocca l’azione traspirante dei muri; il terrazzo, che presentava una fisionomia diversa da quella originariamente disegnata, con problemi d’infiltrazione dell’acqua; i ferri dei balconi ossidati a causa degli agenti atmosferici; gli infissi differenti tra loro perché  la palazzina è abitata da tre inquilini. La palazzina di Libera era diventata un monumento fatiscente in stato di abbandono totale, al quale si prevedeva un demolizione. Non è classificato come bene culturale quindi era in piena padronanza del degrado e degli inquilini, i quali si sono subito allarmati quando hanno sentito parlare di restauro finanziato da loro stessi. Ridotti al minimo i costi d’intervento e convinti i condomini, il progetto di ripristino è maturato sotto la mano ferma dell’architetto Roberta Rinaldi, supervisionata e diretta dal Professore Alfredo Passeri. La soddisfazione è tanta, sia da parte degli architetti che da parte degli abitanti della palazzina che ora si ritrovano il valore dei loro appartamenti (140 mq ca) triplicato. Infatti, da 1500,00 €/mq del 1999 a 5000,00 € m/q , del valore attuale. Allora, un restauro ben eseguito e curato funziona? Si, funziona molto bene e riesce a dare una dignità storica e di presenza architettonica a se stesso come al suo immediato intorno. Il problema risiede ,ahimè, nella cultura delle persone di fronte a questi temi, sempre molto discussi dalla critica, ma  poche volte affrontati. Riusciamo a dar valore ad un opera solo se continuamente ne prendiamo cura, con criteri giusti e ragionati, ma sotto una costante attenzione. Risulta sempre più facile demolire e creare qualcosa di nuovo, succede nella vita e non solo nell’architettura, ma questo approccio non si addice a noi….che ammiriamo, studiamo e valorizziamo il “bello”.

 

 

 

PRIME IMPRESSIONI SULLA FATTIBILITA': I casi del Palazzo Massimo alle Terme e della palazzina di Libera ad Ostia

Il palazzo Massimo alle Terme fu progettato e costruito nel 1883, dall’architetto Camillo Pistrucci, nell’area dove sorgeva la cinquecentesca villa Montalto Peretti. Commissionato dal padre gesuita Massimiliano Massimo, il palazzo svolse la funzione di collegio d’istruzione fino agli anni 60 del XX secolo, per poi essere acquistato dallo Stato italiano e restaurato affinché potesse ospitare parte del patrimonio archeologico di Roma.

 

In seguito al restauro firmato dall’architetto Costantino Dardi negli anni 80, di cui sono visibili ancora le belle “macchine illuminanti”, cubi dalla struttura metallica bianca e pannelli riflettenti che illuminano le opere attraverso la luce riflessa, gli architetti Cacciapaglia e Celia sono stati chiamati a dare vita ad un progetto di allestimento atto a valorizzare le importanti opere mostrate all'interno delle sale.

La caratteristica fondamentale di questo recentissimo intervento, è la caratterizzazione cromatica degli ambienti in base al colore e alle peculiarità delle opere stesse in essi contenute: un espediente economico e assolutamente efficace a dimostrare che spesso è nella semplicità ragionata il successo degli interventi più riusciti. Infatti, entrando nella sala più grande, una volta ospitante il piccolo teatro del collegio, non si può non restare colpiti dalla bellezza delle candide statue romane di marmo, che risaltano sui toni grigi delle pareti, del pavimento e del controsoffitto. Il colore è usato con sapienza anche per accompagnare lo spettatore nella fruizione dello spazio espositivo. Sono da segnalare a tal proposito i due riquadri di un grigio più scuro, rispetto al fondo delle pareti di un grigio chiaro, posti alle due estremità dell’asse longitudinale della sala: questi permettono di individuare immediatamente i due capolavori principali, nonché la direzionalità dell’ambiente lungo la quale il visitatore deve muoversi. Dello stesso grigio scuro sono anche il pavimento e il controsoffitto. Quest’ultimo è stato concepito come una macchina teatrale, predisposta per essere in grado di abbassarsi e di alzarsi in base alle esigenze espositive dello spazio, richiamando la funzione che lo spazio ha avuto in passato. Tuttavia a causa della scarsa disponibilità di fondi, l’aspetto dinamico del controsoffitto nello spazio è lasciato esclusivamente al suo scomporsi in più pannelli sfalsati tra loro: ancora una volta emerge la brillantezza delle scelte architettoniche capaci di far fronte a difficoltà oggettive, come quelle di tipo economico. Il colore ha la sua importanza anche nella rievocazione del mare nei tendaggi della sala della nave di Nemi, e soprattutto nella valorizzazione del sarcofago di Portonaccio, la cui base in travertino, sulla quale si trova esposto, è stata rivestita con pannelli grigi per permettere al color del marmo di risaltare pienamente.

La differenza tra il nuovo progetto di allestimento e quello degli anni 80, si fa evidente entrando nella sala immediatamente successiva non ancora restaurata, in cui i sarcofagi esposti sono ancora su basi di travertino, immersi in un ambiente dalle cromie estremamente chiare, che non permettono l’immediata godibilità delle opere all’occhio anche dello spettatore meno erudito.

Considerando che la cultura è un bene che appartiene alla collettività e che non esaudisce la sua missione quando resta fine a se stessa, la fruibilità degli spazi e un’esposizione accattivante sono aspetti che andrebbero sempre ben considerati in un progetto di allestimento e di restauro filologico.

A questo proposito, sono apprezzabili le feritoie nei muri tra un ambiente e l’altro, che permettono di sbirciare all'interno della sala conseguente, accompagnando con una certa enfasi la curiosità della scoperta delle opere successive. Così come pure l’allestimento della Casa di Livia. Anche in questo caso, l’esatta riproposizione della disposizione degli ambienti originali, e la creazione di una volta illuminata e realizzata con materiali economici, tubi al neon coperti da pannelli di pvc, invitano lo spettatore ad avere una percezione immediata degli spazi di una domus romana propriamente detta.

In generale, questo intervento testimonia che la parola “restauro” porta con sé il concetto secondo cui le opere devono essere proposte e valorizzate in funzione e a misura dello spettatore che vi si trova dinanzi, affinché possano essere comprese e apprezzate come meritano, anche da coloro che sono lontani dal tempo in cui sono state create.

Si può affermare quindi che, in questo caso, il coraggio delle scelte compiute dagli architetti, insieme al costo ragionevole dell'opera, conducono ad un esito particolarmente felice dell'intervento, nella speranza che si possano trovare nuove fonti economiche, pubbliche o private, per far sì che tutto il museo possa trovare un più felice riassetto e la conseguente valorizzazione.

 

Che l'opera di restauro sia necessaria ai fini di una degna valorizzazione dell'opera architettonica nel tempo, è evidente nel caso della Palazzina di Libera ad Ostia.

Si tratta di un edificio esemplare nell'ambito dell'architettura razionalista italiana. Tuttavia pur essendo un capolavoro ed entrando di diritto tra le fila del patrimonio culturale di tutti, non è sottoposta ad alcun vincolo da parte dei Beni Culturali, se non quello paesaggistico della zona. Per questo motivo l'onere dell'opera di restauro, riservata agli spazi comuni e alla facciata, è ricaduto sugli inquilini che la abitano. Ridurre il più possibile i costi dell'opera, quindi, è stato uno tra i principali obiettivi dell'architetto Roberta Rinaldi.

Nonostante i problemi riscontrati in cantiere, che hanno prolungato nel tempo i lavori, l'esito dell'intervento è sicuramente positivo secondo molteplici punti di vista. Uno su tutti, l'incremento del valore al mq delle abitazioni, da 1500 euro/mq a 5000 euro/mq, a testimoniare che un corretto intervento di restauro ha un potenziale di valenza culturale, che si esprime nella godibilità dell'opera architettonica e che si riflette felicemente anche sul piano economico.

 

 

Prime impressioni sulla fattibilità: i casi di Palazzo Massimo alle Terme e della palazzina di Libera ad Ostia

 

Nei due casi che ci proponiamo di analizzare, il Palazzo Massimo alle Terme e la palazzina di Libera ad Ostia, si evidenziano le differenze nell'affrontare un progetto di restauro.

 

Il primo caso riguarda il Palazzo Massimo alle Terme: si tratta di un edificio costruito tra il 1883 e il 1887 nell'area dove sorgeva la cinquecentesca Villa Montalto-Peretti. Il Palazzo divenne sede di un collegio dei Gesuiti fino al 1960 e fu successivamente acquistato dallo Stato Italiano nel 1961; in seguito ad un intervento di restauro e consolidamento ad opera dell'architetto Costantino Dardi, finalizzato ad adeguare il Palazzo a spazio espositivo, ospita dal 1992 una parte del Museo nazionale Romano.

 

Il progetto di allestimento delle sale interne è stata curato dagli architetti Carlo Celia e Stefano Cacciapaglia, i quali si sono dovuti confrontare con i caratteri di un edificio ottocentesco e la necessità di non stravolgere l'impianto architettonico interno, nonostante si è dovuto eseguire un cambio di destinazione.

Particolare attenzione è stata posta nella sala dell'ex teatro della scuola, con l'intenzione di conservare i caratteri preesistenti, ovvero i ballatoi, la galleria e il proscenio; dai 9 metri precedenti si è ridotta l'altezza dell'ambiente, utilizzando un sistema di pannelli sospesi, disposti su quote sfalsate in modo da creare uno spazio espositivo più raccolto e per una miglior lettura delle opere. Questo particolare accorgimento era stato pensato inizialmente come una “macchina scenica”, che con l’abbassarsi e l’alzarsi dei pannelli aveva la funzione di rievocare proprio un teatro, che però a causa della mancanza di fondi non verrà realizzato secondo questo artificio.

 

Altro aspetto interessante è quello delle scelte cromatiche: nei restauri precedenti le pareti erano di color bianco e le basi delle statue in pietra. In un secondo momento si sono rivestite le basi di un color grigio scuro e per le pareti è stato adottato un grigio più chiaro proprio per far risaltare il marmo chiaro delle statue, e sono stati utilizzati dei grigi più scuri sul fondo ai fini di creare degli assi visivi sulle opere di maggior importanza.

Anche per quanto riguarda l'illuminazione sono stati usati particolari accorgimenti. Nella sezione dedicata alla scultura, l'utilizzo del led inserito all'interno dei pannelli sospesi è risultato ottimale, in primo luogo perché crea una luce uniforme evitando l'abbagliamento e consente quindi di apprezzare al meglio le sculture marmoree, in secondo luogo perché riduce i consumi energetici e i costi di manutenzione.

Nella sezione dedicata agli affreschi di epoca augustea ritrovati nella Villa Farnesina viene adottato un sistema di illuminazione ottenuta con l'uso di tubi al neon, ottima riuscita a mio parere in quanto creando una luce diffusa e senza ombre consente di esaltare gli affreschi e di apprezzare al meglio il colore.

 

A mio avviso le soluzioni illuminotecniche sono state studiate per ogni opera in modo da valorizzarla e apprezzare la materia e i dettagli della scultura, pensate per rispondere anche alle esigenze di flessibilità d'uso.

Alcuni accorgimenti vengono studiati in modo tale da sorprendere l’osservatore, come nel caso ad esempio del Sarcofago di Portonaccio: qui i progettisti inducono il visitatore a scoprire l'opera progressivamente, prima osservandolo attraverso una piccola fessura sulla parete e poi entrando nella sala nella quale è esposto, così da apprezzarlo maggiormente.

Trovo che i risultati ottenuti riescano ad esaltare maggiormente rispetto ai restauri precedenti le sculture antiche e a comunicare agli osservatori i contenuti che queste ci trasmettono, ma per mancanza di finanziamenti non si sono potuti completare i restauri in tutte le sale; si nota quindi una netta differenza tra l'allestimento precedente e quello attuale e ciò provoca disorientamento nell'osservatore, come ho potuto infatti constatare di persona.

Per ciò che concerne l'adozione delle misure di sicurezza, a mio giudizio meno riuscito è stato l'inserimento delle scale di emergenza sul retro dell'edificio, in quanto si inseriscono in maniera inadeguata e “danneggiano” l'estetica della facciata.

 

Il secondo caso riguarda il restauro della palazzina di Adalberto Libera ad Ostia ad opera dell'architetto Roberta Rinaldi.

La Palazzina, realizzata nel 1933, simbolo dell’architettura razionalista italiana, dopo circa sessant’anni appariva in uno stato di forte degrado, dovuto alla mancata manutenzione, alla noncuranza dei condomini, al deterioramento di alcuni elementi, causato anche dagli agenti atmosferici, e agli errori condotti dai precedenti restauri.

Era necessario perciò un intervento di restauro, il cui obiettivo è stato quello di riconferire alla palazzina il suo aspetto originario.

I lavori di restauro, che hanno riguardato gli spazi comuni (atrio di ingresso e corpi scala, giardino, facciate e balconi), sono stati sin da subito problematici; trattandosi di un edificio non sottoposto ad alcun vincolo, ad eccezione di quello paesaggistico, non potevano quindi essere sovvenzionati dallo stato, ma dovevano essere sostenuti dagli stessi inquilini; perciò si è cercato di ridurre al minimo le spese (circa 200.000 euro).

Prima dell’intervento, la palazzina mostrava evidenti segni di degrado, come ad esempio la facciata, nella quale l’intonaco precedente era stato ricoperto con il quarzo plastico che, non lasciando traspirare le murature, aveva provocato il distacco di alcune parti di intonaco; inoltre le ringhiere in ferro dei balconi si erano ossidate a causa della salsedine.

Durante i lavori si sono incontrate una serie di problematiche con l'impresa e con le maestranze; per esempio le ringhiere sono state realizzate due volte, in quanto le prime, realizzate in ferro pre-zincato, dopo solo due mesi si erano già arrugginite.

Nonostante le problematiche economiche incontrate, trattandosi di un'opera sovvenzionata esclusivamente da privati, il risultato conseguito è positivo, in quanto il valore iniziale della palazzina da 1500 euro/mq è passato a 5000 euro/mq. Questo dimostra quindi che le spese di realizzazione sono state inferiori al valore finale dell'immobile che si è triplicato; ciò ha quindi contribuito a valorizzare un edificio di valore storico e culturale che si stava deteriorando in maniera quasi irreparabile.

Avviso per gli studenti del Laboratorio di Restauro - Sciopero di domani 20.4.2012

Su richiesta di molti, accolgo l'invito a rinviare la lezione di domani 20 aprile. Anche perche' anche il sottoscritto non e' sicuro possa raggiungere Roma da Viterbo in tempo utile.
Recupereremo il prossimo venerdi' 27 aprile con una visita ad un "cantiere" ove sono in corso lavori di restauro e di ripristino.
Vi daro' ovviamente conferma al piu' presto.
Prof. Alfredo Passeri

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