blog di pierangelo.perna

11_GRATICCIO DI TRAVI_26-05-2013

Possiamo parlare di graticcio quando vi è collaborazione tra due sistemi ortogonali di travi. Va distinto dalla gerarchia di travi, nella quale c’è sempre un’orditura principale e una secondaria.

Ne graticcio non vi sono differenze nelle sezioni degli elementi, a prescindere dalla loro orditura e per questo motivo abbiamo momenti d’inerzia pressoché identici nei due assi x e y.

 

Un parametro che assume notevole importanza nel graticcio è la rigidezza torsionale, dal momento che avendo flessione in una direzione, inevitabilmente avremo torsione nell’altra. Il problema della Torsione è legata principalmente alla sezione dell’elemento strutturale poiché nella formula della rigidezza compare il Momento d’inerzia Polare (Ip), diverso a seconda della sezione in esame. Per questo motivo analizziamo un graticcio semplice, comparando i valori delle rotazioni indotte da una forza concentrata a travi di sezioni differenti. Va ricordato, infatti, che la rotazione è indirettamente proporzionale alla rigidezza.

RISOLUZIONE DI UN GRATICCIO

Il nodo ha 6 gradi di libertà: esso può avere 3 differenti traslazioni, secondo i 3 assi x, y e z; inoltre, può essere soggetto a rotazioni intorno ai 3 assi. In questo caso specifico, però, la condizione di carico non genera traslazioni lungo x e lungo y, così come non vi sono rotazioni in x e in z. Le incognite, dunque, sono soltanto due, ossia lo spostamento e la rotazione.

Analizziamo le deformate delle due travi separatamente:

Sulla trave BD la forza F agisce esattamente al centro, quindi la deformata è simmetrica e in quel punto abbiamo uno spostamento δ, ma nessuna rotazione della sezione essendo un punto di tangenza orizzontale. Sulla trave AC, invece, F agisce ad un terzo della lunghezza e, sebbene il punto trasli della stessa quantità lungo z, stavolta non ci troviamo nel punto a tangenza orizzontale della deformata, quindi avremo anche una rotazione della sezione intorno all’asse y.

Per questo motivo separiamo idealmente le due incognite, facendole agire separatamente e sovrapponendo poi i loro effetti.

Analizziamo innanzitutto le due deformate prodotte dalla spostamento δ:

  • deformazione dovuta solo allo spostamento δ per la trave AC:

come detto in precedenza il punto soggetto alla forza F deve abbassarsi senza ruotare. Conoscendo già i valori della rigidezza in una trave doppiamente incastrata possiamo quantificare gli sforzi di Taglio e Momento flettente, concentrandoci in particolare su quelli che agiscono sul nodo:

  • deformazione dovuta solo allo spostamento δ per la trave BD:

anche nell’asta BD soggetta alla sola traslazione il nodo si abbassa senza ruotare, quindi analogamente a quanto fatto in precedenza procediamo rapidamente al calcolo degli sforzi di Taglio e Momento Flettente, i quali per via della simmetria dello schema stavolta saranno identici:

(questi due moment oltre ad elidersi perché uguali in valore assoluto e opposti nel verso, si riferiscono ad una rotazione attorno all’asse x, quindi non verranno presi in considerazione nell’equazione di equilibrio dei momenti)        

A questo punto analizziamo le deformate provocate dalla sola rotazione:

  • deformazione dovuta solo alla rotazione  per la trave AC:

la rotazione imposta al nodo prova un’inflessione nella trave AC e il punto stesso ruota intorno all’asse y. Anche in questo caso, come in precedenza, ci affidiamo a schemi notevoli dal momento che abbiamo già affrontato la questione della rigidezza flessionale e conosciamo i valori dei momenti agli estremi in una trave doppiamente incastrata:

noto il diagramma dei Momenti, possiamo calcolare anche gli sforzi di Taglio:

La flessione della trave AC intorno all’asse y corrisponde inevitabilmente alla torsione di quella BD:

  • deformazione dovuta solo alla rotazione per la trave BD (TORSIONE):

il Momento Torcente agente sulla trave genera due momenti reagenti di verso opposto, cosa non trascurabile per determinare poi il segno di questi due contributi nell’equazione di equilibrio dei momenti:

A questo punto conosciamo tutti i contributi degli sforzi di Taglio e Momento Flettente agenti sul nodo e generati sia dalla traslazione che dalla rotazione. Possiamo, quindi, scrivere le due equazioni di equilibrio:

Risoluzione delle equazione distinte:

Sostituzione di δ/L  all’interno della prima equazione e ricerca dell’incognita rotazione:

 

VERIFICA DEL GRATICCIO SU SAP

Scopo di questo esercizio è quantificare le variazioni degli abbassamenti e delle rotazioni relativi al nodo, punto d’incontro delle 2 travi doppiamente incastrate, al variare delle proporzioni di lunghezza e delle sezioni assegnate agli elementi strutturali. Infatti, come già sottolineato in precedenza, la rigidezza torsionale è direttamente proporzionale al Momento d’inerzia Polare, il quale dipende dal tipo di sezione.

  • Immagine dello schema di partenza

  • la forza F agente sul nodo provoca le deformate qualitativamente descritte precedentemente nella risoluzione a mano:

  • Questi sono i rispettivi diagrammi di Taglio, Momento flettente e Momento torcente:

Ad una delle due travi, quella con la forza applicata ad un terzo della luce, è stata associata una sezione costante in acciaio di tipo scatolare, con spessori ridotti in modo da consentire abbassamenti sensibili che mettessero in evidenza il contributo dell’altra trave. Inoltre, così facendo essa mantiene costante la sua rigidezza flessionale, quindi le differenze nei valori delle rotazioni finali tra i diversi casi studio saranno dovute soltanto al contributo della rigidezza torsionale.

A quest’ultima  state assegnate 3 sezioni differenti con due condizioni di luce distinte, in modo da avere una gamma di risultati relativamente ampia che consentisse un qualunque discorso comparativo.

  • La prima è una sezione scatolare in acciaio:

 

  • La seconda è una sezione rettangolare con la base molto minore dell’altezza:

  • La terza e ultima è una sezione tubolare:

Le stesse sezioni sono state applicate dopo aver dimezzato la luce della trave. Di seguito lo schema iniziale e la deformata:

  • Questi sono i rispettivi diagrammi di Taglio, Momento flettente e Momento torcente:

In queste tabelle sono riassunti i dati esportati da SAP relativi  all’abbassamento  e alla rotazione jdel punto in comune alle 2 travi, nel quale viene applicata la forza agente F.

Le tabelle di sinistra fanno riferimento al caso di luce pari a 6 m, mentre quelle di destra al caso con luce pari a 3 m.

Come prevedibile, nei casi in cui alla trave soggetta a torsione sono stati associati profili chiusi (gli scatolari e i tubolari) essa ha garantito una maggiore rigidezza torsionale, limitando la rotazione del punto d’incontro delle travi.

Ricordiamo che la rotazione è inversamente proporzionale alla rigidezza del sistema, la quale in questo caso è data dalla somma della rigidezza flessionale della trave AC (mantenuta costante) e di quella torsionale della trave BD che abbiamo fatto variare per quantificare il suo contributo ai fini della rigidezza totale.

  •  

10_RIGIDEZZA TORSIONALE_26-05-2013

Affrontiamo il tema della rigidezza torsionale analizzando un sistema tridimensionale, nel quale la perpendicolarità degli elementi presuppone flessione per un piano e inevitabilmente torsione per l’altro.

La struttura tridimensionale è stata modellata sulla base di una 3D Grid. Le travi e i pilastri hanno la stessa lunghezza, ossia 3 m e i 3 elementi rappresentano un corpo unico, caratterizzato da 6 gradi di libertà trovandoci nello spazio tridimensionale. I tre incastri dunque vincolano 3 spostamenti e 3 rotazioni ciascuno, rendendo la struttura 12 volte iperstatica.

È possibile semplificare il sistema sostituendo la trave a sbalzo soggetta ad un carico distribuito con il momento che agisce direttamente sul nodo, ossia il valore del momento flettente sviluppato in corrispondenza dell’incastro dalla trave a sbalzo appena sostituita.

Gli elementi strutturali, come già anticipato, in queste condizioni di vincolo e di carico si comportano in maniera differente: il momento applicato nel nodo genera flessione sulla trave e sul pilastro appartenenti al piano yz, mentre torce la trave che corre lungo l’asse x.

Queste considerazioni qualitative vengono confermate dalla deformata e dai grafici delle sollecitazioni.

  • deformata

  •  Taglio

  • Momento flettente

  • Torsione

Il contributo della trave perpendicolare e della relativa torsione risiede nell’aumentare la rigidezza rotazionale del nodo, in quanto la sua rigidezza torsionale si somma alle due rigidezze flessionali della trave e del pilastro appartenenti al piano xy. Di conseguenza, il Momento agente viene ripartito nelle tre aste in proporzione alla loro rigidezza.

Per quantificare questo contributo sono state assegnate diverse sezioni con la stessa area (170 cm2) alla trave sottoposta a torsione e sono stati raffrontati i dati forniti dal software relativi alla rotazione del punto d’intersezione attorno all’asse della trave stessa.

  • sezioni adottate:

  • tabella relativa ai valori della rotazione:

Nonostante l’area della sezione e il materiale di cui è composta siano costanti, le varie prove hanno dato diversi esiti. Questo perché, come abbiamo più volte sottolineato, a differenti sezioni corrispondono diverse rigidezze torsionali.

 In particolare, le sezioni aperte (la T o la L) sono quelle che comportano le rotazioni maggiori, dal momento che, pur avendo una buona resistenza flessionale (a cui consegue un minore abbassamento, qui non tabellato, del giunto), si comportano in maniera meno performante nei confronti della torsione.

Le tensioni tangenziali (τ) incrementano il loro valore con l’aumentare della distanza dall’asse di torsione; analogamente le tensioni normali, nel caso della flessione, sono massime nei lembi superiori e minime o nulle quando la distanza è vicina allo zero.

Il profilo che ha la miglior resistenza torsionale e, quindi, presenta la rotazione minore, è quello cilindrico, in quanto l’acciaio è distribuito ad una distanza media dall’asse di torsione maggiore rispetto a quella delle altre sezioni.

La scatolare quadrata presenta le tensioni più alte in corrispondenza dei vertici, quella rettangolare in corrispondenza dei lati corti. Invece, il tubolare consente di distribuire uniformemente le tensioni tangenziali su tutta la sua area, ammesso che l’asse di torsione coincida con il centro delle sue sezioni e che il materiale venga sfruttato in maniera più uniforme.

Il modo in cui l’area di materiale è distribuita attorno all’asse di torsione è rappresentata numericamente dal momento d’inerzia polare (Ip), che è inversamente proporzionale alla tensione τ.

9_RIPARTIZIONE DELLE FORZE ORIZZONTALI_11-05-2013

 

Analizzando il telaio shear-type abbiamo assimilato il concetto di rigidezza: essa può essere espressa come la forza necessaria ad imprimere uno spostamento unitario, dal momento che la forza F è pari alla rigidezza K per lo spostamento d. In sostanza è ciò che lega la causa (forza) all’effetto prodotto (spostamento): maggiore è la rigidezza, maggiore dovrà essere la forza necessaria a produrre un medesimo spostamento.

 

Trattando il tema dei controventi e, di conseguenza, della risposta alle azioni orizzontali di varia natura (sisma, vento, ecc.) che una struttura deve necessariamente essere in grado di sopportare, è opportuno fare una precisazione: l’efficacia di un sistema di controventi risiede nella possibilità di considerare l’impalcato in questione come un corpo infinitamente rigido sul piano orizzontale. Esso, quindi, è incapace di deformarsi se soggetto a forze agenti lungo il suo medesimo piano e si inflette nel caso dell’azione di forze verticali che qui però non trattiamo. I controventi, dunque, possono essere considerati vincoli elastici cedevoli, i quali contrastano le forze agenti sul loro stesso piano. La loro elasticità consente al corpo rigido degli spostamenti indotti dalla forza agente, alla quale corrisponde una reazione proporzionale alla rigidezza (vedi telaio shear-type). 

Nel caso più semplice di controventi con eguale rigidezza avremo una medesima ripartizione della forza agente e il corpo rigido traslerà.

 

Quando, invece, abbiamo controventi con rigidezze tra loro differenti sappiamo che la forza agente verrà ripartita in proporzione alle rigidezze appunto, quindi anche gli spostamenti ddiversi per ogni molla. Di conseguenza, il corpo rigido non si limiterà a traslare, ma ruoterà. Questo avviene nei casi in cui l’asse della forza agente F non corrisponde all’asse dei centri delle rigidezze, ossia l’asse della forza reagente risultante equivalente alle 2 reazioni singole.

Gli spostamenti finali, quindi, risentono della traslazione dlungo al direzione di F e di una rotazione attorno al centro delle rigidezze. In sostanza le due grandezze fondamentali sono la rigidezza traslante Kde la rigidezza rotazionale Kfi

 

Lo scopo dell’esercitazione seguente è quello di analizzare un impalcato strutturale, calcolando la rigidezza traslante, il centro di massa, il centro delle rigidezze, la rigidezza rotazionale e quantificando la ripartizione delle azioni orizzontali (sismiche) sui diversi controventi.

Pianta strutturale e sistema di controventi

 

STEP 1

Dopo aver individuato i pilastri che compongono i 7 telai dell’impalcato assegno ad ognuno di loro un materiale (in questo caso ca) e una sezione (b=10 cm; h=15 cm). L’obiettivo è calcolare la rigidezza traslante Kddi ogni telaio, ovvero la  somma delle rigidezze dei singoli pilastri che lo compongono, la quale come sappiamo dipende dal modulo di Young E, dal Momento d’Inerzia I e dalla luce L (nello specifico l’altezza h).

 

STEP 2

Raccogliamo in una tabella i valori delle rigidezze traslanti dei telai e le distanze degli stessi da un punto O ritenuto origine del sistema di riferimento. Come vedremo queste distanze relative ci serviranno nel calcolo del centro delle rigidezze.

 

STEP 3

A questo punto calcoliamo il centro di massa del nostro impalcato: il procedimento è puramente i natura geometrica e consiste nel suddividere la pianta in forme semplici (rettangoli) delle quali calcolo il corrispondente centro di massa. Una volta ottenute le coordinate dei 2 centri di massa dei 2 rettangoli, con una semplice media ponderata abbiamo le coordinate del centro di massa dell’impalcato.

 

 

STEP 4

Il quarto step prevede il calcolo del centro delle rigidezze, per il quale necessitiamo delle distanze dall’origine O prima annotate. Infatti, anche in questo caso si tratta di una media ponderata: moltiplichiamo il valore della rigidezza traslante di ogni telaio per la relativa distanza dal punto O e dividiamo la somma ottenuta per la rigidezza traslante totale, sia in orizzontale che in verticale (ossia lungo gli assi x e y del nostro sistema di riferimento perché va ricordato che le forze agenti sono sempre orizzontali e che si sta analizzando il piano dell’impalcato).

 

Dopo aver individuato il centro delle rigidezze annotiamo le distanze da esso di ogni controvento poiché sono necessarie ai fini del calcolo della rigidezza rotazionale Kfi: essa è data dalla sommatoria dei prodotti delle rigidezze traslanti di ogni telaio per il quadrato della relativa distanza dal centro delle rigidezze.

 

STEP 5

Il quinto passo consiste nell’analisi dei carichi agenti sull’impalcato e sulla loro combinazione (allo SLE dal momento che i valori non vengono amplificati dai coefficienti g). La somma del carico permanente totale e di quello accidentale totale, moltiplicata per il coefficiente di contemporaneità, ci dà il valore dei pesi sismici, i quali, a loro volta, divisi per il coefficiente di intensità sismica, danno il valore della forza sismica orizzontale

 

STEP 6-7

Ora non ci resta che quantificare la ripartizione della forza sismica F lungo l’asse x e lungo quello y e, nello specifico, per ognuno dei controventi.

Innanzitutto, ricordiamo che nel momento in cui la forza agente abbia un asse differente da quello del centro delle rigidezze (come nel nostro caso), il corpo non si limita a traslare, ma ruota anche. Per poter conoscere il valore di questa rotazione, calcoliamo il Momento Torcente M per l’asse x, moltiplicando la forza sismica F per il suo braccio, ovvero la differenza tra l’ordinata del centro delle rigidezze e quella del centro di massa, e per l’asse y, utilizzando come braccio la differenza tra le ascisse dei due centri. Poi, calcoliamo la traslazione orizzontale, dividendo F per la rigidezza traslante orizzontale, la traslazione verticale, dividendo F stavolta per la rigidezza traslante verticale, e le rotazioni, dividendo i rispettivi Momenti Torcenti per la rigidezza rotazionale.

A questo punto siamo in grado di conoscere la ripartizione della forza sismica, sia lungo l’asse x che lungo quello y, e il valore delle reazioni dei singoli controventi.

 

8_ESERCITAZIONE 2 SUL CONCETTO DI RIGIDEZZA_23-04-2013

Il secondo esercizio riguarda una struttura composta sempre da 6 telai shear type sovrapposti e ruotati, ma in questo caso la struttura rimanda ad una trave doppiamente incastrata per via della presenza degli incastri anche sulla destra. Qualitativamente ci aspettiamo risultati almeno in parte diversi e sfruttiamo per i nostri calcoli il concetto di simmetria di cui la struttura gode.

Il primo passo rimane il medesimo rispetto all’esercizio precedente, ossia il calcolo dei valori costanti del Taglio nei pilastri sempre tramite l’equilibrio delle forze orizzontali. Mentre per i telai più esterni non abbiamo particolari problemi, per i due centrali, per la simmetria, dobbiamo avere l’accortezza di ripartire la forza F agente in 4 forze F/4:

I valori del Taglio ottenuti consentono di calcolare i valori del Momento Flettente massimo negli incastri nei pilastri. Infatti, è sufficiente moltiplicare il valore del taglio nel pilastro in questione per la metà della lunghezza dello stesso:

A questo punto passiamo ad analizzare le travi e prima di tutto calcoliamo il loro Momento Flettente sempre mediante l’equilibrio dei momenti nei nodi:

Ora avendo i valori dei Momenti, determiniamo quelli del Taglio nelle travi. Come nell’esercizio analogo precedente i due momenti agli estremi sono concordi, quindi sommiamo i loro valori e dividiamo il risultato ottenuto per la luce, ovvero per il braccio, quantificando così il valore del Taglio:

Inutile ripetere come i pilastri abbiano tutti la medesima rigidezza che, dallo studio del telaio shear type, possiamo ritenere uguale a 12EI/L3. A questo punto siamo in possesso di tutti i requisiti utili alla determinazione degli spostamenti. Ancora una volta ci affidiamo all’equilibrio alla traslazione orizzontale del corpo rigido identificato con la trave:

VERIFICA SU SAP

Come fatto in precedenza, verifichiamo i risultati ottenuti attraverso il software SAP. Utilizziamo nuovamente un modello “2D Frames” e impostiamo numero di piani, di campate e lunghezze. Assegniamo sempre ai pilastri il materiale acciaio di default e una sezione di un profilo qualsiasi; per quanto riguarda le travi, invece, ricordiamoci di modificare i parametri giusti al fine di renderle infinitamente rigide da un punto di vista flessionale: teniamo sempre a mente che la rigidezza dipende dal materiale (modulo elastico E), dalla sezione (momento d’inerzia I) e dalla luce (L), quindi scegliamo di assegnare un materiale dal modulo elastico infinitamente elevato. Come possiamo vedere dalle immagini dei diagrammi di Taglio e Momento e dalla deformata i risultati precedentemente calcolati sono in linea con il reale comportamento della struttura:

7_ESERCITAZIONE 1 SUL CONCETTO DI RIGIDEZZA_23-04-2013

Il  primo esercizio riguarda una struttura composta da 6 telai shear type sovrapposti, ma ruotata come se fosse una mensola. Come vedremo, però, rispetto alla canonica mensola della medesima lunghezza può vantare valori del Momento flettente molto più contenuti.

Innanzitutto, possiamo calcolare rapidamente i valori costanti del Taglio nei pilastri utilizzando l’equilibrio delle forze orizzontali. Nell’analisi precedente del Telaio Shear Type abbiamo potuto constatare come la forza agente si ripartisca in maniera proporzionale alla rigidezza e, conseguentemente, alla luce. Essendo i nostri pilastri tutti di uguale lunghezza, materiale e sezione, avranno la stessa rigidezza, quindi si fanno carico ciascuno della metà della forza agente:

I valori del Taglio ottenuti consentono di calcolare i valori del Momento Flettente massimo negli incastri, sempre per quanto concerne i pilastri. Infatti, è sufficiente moltiplicare il valore del taglio nel pilastro in questione per la metà della lunghezza dello stesso:

A questo punto passiamo ad analizzare le travi e prima di tutto calcoliamo il loro Momento Flettente mediante l’equilibrio dei momenti nei nodi:

Ora avendo i valori dei Momenti, determiniamo quelli del Taglio nelle travi. Essendo i due momenti agli estremi concordi, sommiamo i loro valori e dividiamo il risultato ottenuto per la luce, ovvero per il braccio, quantificando così il valore del Taglio:

In precedenza abbiamo sottolineato come i pilastri abbiano tutti la medesima rigidezza che, dall’analisi precedente del telaio shear type, possiamo ritenere uguale a 12EI/L3. A questo punto siamo in possesso di tutti i requisiti utili alla determinazione degli spostamenti. Ancora una volta ci affidiamo all’equilibrio alla traslazione orizzontale del corpo rigido identificato con la trave:

VERIFICA SU SAP

In ultima istanza, possiamo verificare i risultati ottenuti mediante SAP. Utilizziamo un modello “2D Frames” con il numero di piani e di campate identico a quello in esame e con le medesime lunghezze. Assegniamo ai pilastri il materiale acciaio di default e una sezione di un profilo qualsiasi; per quanto riguarda le travi, invece, dobbiamo far attenzione a modificare i parametri giusti al fine di renderle infinitamente rigide da un punto di vista flessionale: essendo la rigidezza dipendente dal materiale (modulo elastico E), dalla sezione (momento d’inerzia I) e dalla luce (L), è sufficiente assegnare un materiale dal modulo elastico infinitamente elevato. Come possiamo vedere dalle immagini dei diagrammi di Taglio e Momento e dalla deformata i risultati precedentemente calcolati sono in linea con il reale comportamento della struttura:

6_CONCETTO DI RIGIDEZZA_TELAIO SHEAR TYPE_22-04-2013

 

Prima di procedere con l’esercitazione è bene definire il concetto di rigidezza. Essa può essere espressa come la forza necessaria ad imprimere uno spostamento unitario, dal momento che la forza F è pari alla rigidezza K per lo spostamento d. In sostanza è ciò che lega la causa (forza) all’effetto prodotto (spostamento): maggiore è la rigidezza, maggiore dovrà essere la forza necessaria a produrre un medesimo spostamento.

TELAIO SHEAR TYPE

Questo tipo di telaio costituisce una delle 2 configurazioni limite attraverso la quale studiamo in maniera ideale il comportamento di un portale. In particolare esso è legato intrinsecamente al concetto di rigidezza, in quanto un assunto imprescindibile è che la trave sia considerata come un corpo rigido piano, la cui rigidezza flessionale infinita non ne consente alcuna deformazione.

Non essendoci deformazione, né rotazione negli incastri tra pilastri e trave, quest’ultima trasla orizzontalmente di una lunghezza dche intendiamo conoscere. Siccome la forza F è nota, necessitiamo della rigidezza dei pilastri, unici elementi deformabili del sistema e oggetto della nostra analisi. 

Il pilastro in esame è una struttura 3 volte iperstatica dal momento che è incastrato ad entrambi gli estremi, ma possiamo imporre un cedimento vincolare elastico nell’estremo destro per il quale l’elemento si deforma. La deformazione presuppone una curvatura e di conseguenza un momento, a prescindere dalla presenza di un carico.

 

Proprio l’assenza del carico ci consente di utilizzare con maggiore semplicità l’integrazione della linea elastica:

Per trovare le 4 costanti di integrazione incognite investighiamo le condizioni al bordo:

A questo punto possiamo scrivere le equazioni dello spostamento e della rotazione:

Deriviamo la rotazione jper ottenere la curvatura. Da quest’ultima ricaviamo il Momento flettente M e il Taglio T che ne è la derivata:

Ottenute le equazioni di taglio e momento, possiamo diagrammare i due sforzi:

Le tensioni calcolate sono le reazioni vincolari nel pilastro, ma dobbiamo tenere a mente che esso fa parte di un telaio, quindi tali tensioni si trasmettono, uguali ed opposte, all’interno della trave:

PILASTRO                                                                                       TRAVE

Attraverso l’equilibrio alla traslazione orizzontale del corpo ridido trave calcoliamo il valore dello spostamento de della rigidezza:

5_ESERCITAZIONE SUL METODO DELLE FORZE_16-04-2013

 

ESERCITAZIONE SUL METODO DELLE FORZE_16-04-2013

 

Il metodo delle forze consente di risolvere strutture iperstatiche in maniera tutto sommato agevole, dal momento che la struttura oggetto d’analisi viene ricondotta ad una struttura isostatica di riferimento. Il concetto chiave di questo procedimento risiede nella nozione di compatibilità cinematica e di congruenza di spostamenti e/o rotazioni semplici, noti negli esempi di sistemi isostatici a cui ci si rifà.

 

Risolvendo uno degli esempi più comuni di struttura iperstatica, ovvero la trave continua su più appoggi, descriveremo per punti questo metodo di risoluzione.

 

  • STRUTTURA IPERSTATICA DI PARTENZA

  • STRUTTURA ISOSTATICA DI RIFERIMENTO

La struttura iperstatica di partenza viene ricondotta ad una isostatica nella quale, al numero di gradi di iperstaticità precedenti, corrispondono lo stesso numero di reazioni vincolari incognite in grado di non labilizzare la struttura in questione.

Nel nostro caso specifico abbiamo, quindi, 3 reazioni vincolari incognite (per il principio della simmetria x1=x3 d’ora in avanti si userà solo x1) che si oppongono alla rotazione concessa dalle cerniere e precedentemente negata dai 3 vincoli.

  • EQUAZIONI DI COMPATIBILITA’ CINEMATICA

Individuate le reazioni incognite, dobbiamo scrivere le equazioni di compatibilità cinematica capaci di ripristinare il vincolo iperstatico, soppresso attraverso la trasformazione dello stesso in reazione vincolare.

  • RISOLUZIONE DELLE EQUAZIONI

Sostituendo alle equazioni di compatibilità cinematica i rispettivi valori delle rotazioni nei 3 nodi B,C e D e mettendole a sistema possiamo trovare i valori delle nostre due incognite x1 ex2.

Risolvendo questo sistema di 2 equazioni in 2 incognite troviamo i due valori delle nostre incognite x1 e x2.

  • PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE DEGLI EFFETTI

Definite le incognite delle reazioni vincolari x1 e x2 applichiamo in maniera sistematica il principio di sovrapposizione degli effetti, semplificando ulteriormente la struttura isostatica di riferimento mediante due strutture: una dipendente dal carico q e l’altra dipendente dalle reazioni vincolari x.

In entrambi i casi è possibile scomporre la struttura in 4 travi doppiamente appoggiate, studiare le reazioni vincolari dovute al carico q e ai momenti x1 e x2 in ognuna di queste 4 travi e sommare quelle relative ai medesimi nodi per avere le reazioni vincolari finali dei due sistemi.

q)

x)

A questo punto è possibile sovrapporre gli effetti dei due sistemi e avere lo schema delle reazioni vincolari della nostra struttura di partenza. Passaggio questo necessario al fine di poter diagrammare lo sforzo di Taglio e il Momento Flettente.

Reazioni vincolari

Taglio

Momento Flettente

4_ESERCITAZIONE SUL DIMENSIONAMENTO DI UNA TRAVE INFLESSA_12-04-2013

 

Obiettivo dell’esercitazione è il dimensionamento di massima di una trave soggetta a momento flettente M, ovvero il calcolo dell’altezza della sezione, fatto per 3 diversi tipi di materiali: legno, acciaio e cemento armato.

 

Prima di tutto è opportuno sottolineare i 2 concetti chiave di questo procedimento, ossia il PESO e la TENSIONE. Il primo inteso non solo come carico effettivamente gravante sulla struttura (che come vedremo andrà calcolato), ma anche come parametro di riferimento imprescindibile in un processo che punta all’ottimizzazione del materiale prescelto in un’ottica di rapporto qualità-prezzo del nostro prodotto. Il secondo, invece, costituisce sostanzialmente la chiave di ogni nostra considerazione, in quanto il dimensionamento si basa su un assunto: la tensione massima riscontrabile nella trave può essere al massimo pari a quella ritenuta convenzionalmente ammissibile per quel determinato materiale.

 

Passando alla parte operativa, il dimensionamento riguarderà il solaio rappresentato in figura e in particolare la trave più sollecitata, ossia quella con la maggiore area di influenza. Per poter fare un raffronto circa l’incidenza di quest’ultimo parametro si procederà anche al calcolo dell’altezza per una sezione con area di influenza minore e l’intero iter verrà ripetuto per i 3 diversi materiali.

LEGNO

 

  • ANALISI DEI CARICHI

Il legno rappresenta il caso più semplice dei 3. Il primo passo consiste nella definizione del pacchetto che compone il solaio e nell’analisi dei carichi che la trave dovrà sopportare. Ogni strato è caratterizzato da un materiale e dal relativo Peso Specifico (KN/m3). Dal momento che il risultato che cerchiamo è un carico distribuito (KN/m2), moltiplichiamo il peso specifico per la lunghezza e la larghezza considerate, oltre che per lo spessore del singolo strato. Infine, dividiamo per la superficie analizzata.

Una volta ottenuto il peso di ognuno degli strati componenti il solaio, li combino per avere il carico totale q, dato dalla somma dei carichi strutturali qs, dei carichi permanenti non strutturali qp(ai quali aggiungiamo sempre 1 KN/m2per gli impianti e 0,5 KN/m2 per i tramezzi) e dei carichi accidentali qa, relativi alla destinazione d’uso degli ambienti (nel nostro caso 2 KN/m2 destinazione residenziale), tutti moltiplicati per l’interasse i legato all’area d’influenza della trave.

NB:dopo aver dimensionato una prima volta la trave calcolo anche il suo peso proprio, ottenendo un carico strutturale qs* maggiore di quello precedente per il quale ridimensiono la trave ottenendo un’altezza h maggiore.

 

  • CALCOLO DELL’ALTEZZA H

Ottenuto il carico totale q, sono in grado di calcolare il momento flettente M agente sulla trave, considerando il sistema statico equivalente ad una trave doppiamente appoggiata con momento flettente massimo pari a ql2/8. L ovviamente si riferisce alla luce della trave presa in esame.

Per quanto riguarda la tensione sigam, questa dipende dal tipo di legno scelto e, più in generale, è data dal prodotto del coefficiente riduttivo kmod (normato, tiene conto della durata del carico e della classe di servizio del progetto)e della resistenza a flessione caratteristica fm,k, ulteriormente ridotta dal coefficiente di sicurezza gamma (nel legno lamellare pari a 1,45).

L’ultimo passaggio sfrutta la Formula di Navier, in quanto da essa possiamo ricavarci il modulo di resistenza W e, dopo aver posto la tensione sigma massima pari a quella ammissibile, anche l’altezza h che cercavamo.

NB:I primi 2 valori di h si riferiscono rispettivamente alla trave più sollecitata (i = 4,5 m) e ad una qualsiasi (i = 2,25 m), con il carico strutturale qs ; mentre gli altri 2 sono riferiti alle medesime travi, ma con un carico strutturale qs* che tiene conto del peso proprio della trave.

ACCIAIO

  • ANALISI DEI CARICHI

Per quanto concerne l’acciaio la prima parte relativa all’analisi dei carichi è identica a quella precedente. Si procede sempre alla definizione della stratigrafia e al calcolo del peso totale di ogni strato, al fine di sommarli poi per ottenere il carico totale q.

NB:dopo aver dimensionato una prima volta la trave calcolo anche il suo peso proprio, ottenendo un carico strutturale qs* maggiore di quello precedente per il quale ridimensiono la trave ottenendo un’altezza h maggiore.

 

  • CALCOLO DELL’ALTEZZA H

Anche il calcolo del momento flettente M non riporta differenze rispetto al calcolo precedente.

Lo stesso non si può dire per la tensione: nel caso dell’acciaio abbiamo differenti valori di resistenza caratteristica fy,k, a seconda del tipo di acciaio utilizzato (nel nostro caso abbiamo usato 3 diversi acciai con fy,k pari 235, 275 e 355). La tensione sigam è uguale a quella caratteristica fy,k ridotta dividendo per il solito coefficiente di sicurezza gamma, il quale per l’acciaio da carpenteria è pari a 1,15.

Il passo finale si fonda sempre sulla Formula di Navier, ma paradossalmente è più semplice rispetto al legno: è sufficiente porre sempre la tensione sigma massima uguale a quella ammissibile e ricavarsi il modulo di resistenza Wx minimo; successivamente occorre cercare sul profilario il primo profilo con modulo di resistenza superiore a quello trovato.

NB:I primi 3 valori di Wx con relativo profilo IPE si riferiscono alla trave più sollecitata (i = 4,5 m), con il carico strutturale qs e tensioni fy,k crescenti; mentre i successivi 3 sono riferiti ad una trave qualsiasi (i = 2,25 m), sempre un carico strutturale qs e tensioni crescenti; i 3 seguenti si riferiscono alla trave più sollecitata, con carico strutturale qs* che tiene conto del carico proprio della trave, e gli ultimi 3 ad una trave qualsiasi sempre con carico strutturale qs*.

CEMENTO ARMATO

  • ANALISI DEI CARICHI

Anche per il cemento armato la parte relativa alla stratigrafia del solaio e all’analisi dei carichi non subisce variazioni.

NB:dopo aver dimensionato una prima volta la trave calcolo anche il suo peso proprio, ottenendo un carico strutturale qs* maggiore di quello precedente per il quale ridimensiono la trave ottenendo un’altezza h maggiore.

  • CALCOLO DELL’ALTEZZA H

Anche il calcolo del momento flettente M non riporta differenze rispetto al calcolo precedente.

Per quanto riguarda la tensione, a seconda del cls precelto, avremo una tensione sig_ca data dalla resistenza caratteristica fy, moltiplicata per un coefficiente riduttivo alfacc  pari a 0,85 e divisa per il coefficiente riduttivo gamma pari a 1,5.

L’ultimo passaggio in questo caso è più complicato poiché bisogna tener conto del fatto che il materiale non è omogeneo, ma è composto da due materiali diversi (cls e acciaio) con tensioni e deformazioni differenti. Il tutto va, quindi, “omogeneizzato”, mediante un coefficiente di omogeneizzazione n.

Una volta omogeneizzati i materiali e le rispettive tensioni, poniamo queste uguali alla tensione ammissibile e esplicitiamo xc in funzione della nostra incognita h, sfruttandoproprietà dei triangoli simili. Così facendo ci imbattiamo in un altro parametro fondamentale, ossia alfa.

A questo punto sappiamo che il momento flettente M è dato da una coppia: la compressione C relativa al calcestruzzo e la trazione T relativa all’armatura d’acciaio.

Eguagliando i momenti dati dal prodotto di queste due forze con il braccio b* possiamo esplicitare l’altezza h (hu nell’immagine sopra) che stiamo cercando.

NB:I primi 3 valori di H si riferiscono alla trave più sollecitata (i = 4,5 m), con il carico strutturale qs e tensioni Rck crescenti; mentre i successivi 3 sono riferiti ad una trave qualsiasi (i = 2,25 m), sempre un carico strutturale qs e tensioni crescenti; quello seguente si riferisce alla trave più sollecitata, con Rck pari a 50 e carico strutturale qs* che tiene conto del carico proprio della trave, mentre l’ultimo ad una trave qualsiasi sempre con carico strutturale qs* e Rck 50.

 

 

 

 

 

3_ESERCITAZIONE SULLA LINEA ELASTICA_26-03-2013_verifica su SAP

 

ESERCITAZIONE SULLA LINEA ELASTICA_26-03-2013_verifica su SAP

  • SAP ci permette di verificare, con un livello di precisione elevato, la bontà dei calcoli effettuati a mano nel corso dell’esercitazione. Per rappresentare lo schema statico su SAP apriamo un nuovo file di tipo GRID, con unità di misura convenzionali (kN, m, °C). Impostiamo i parametri di spaziatura in modo che l sia pari ad 1 e disegniamo un punto P di coordinate (0,578 - 0 – 0): in questo modo è possibile avere di tale punto ogni tipo di informazione relativa al suo spostamento conseguente la deformazione; ovviamente le coordinate derivano dai nostri risultati, quindi la verifica è efficace sino ad un certo punto poiché risente del calcolo precedente, nel quale  abbiamo individuato il valore di s corrispondente all'abbassamento massimo. In seguito, disegniamo la trave mediante 2 segmenti con il suddetto punto in comune (il tutto non inficia la natura omogenea della trave stessa, la quale viene comunque considerata come un unico elemento).

  • Successivamente impostiamo i vincoli, incastro e carrello, attraverso il comando ASSIGN -> JOINT RESTRAINTS. A questo punto è necessario fornire al programma i dati relativi al materiale e alla sezione della trave. Questo ci consente di effettuare la verifica sia per il cemento armato che per l’acciaio: dopo aver selezionato entrambi i tratti di trave, clicchiamo su DEFINE  -> MATERIALSe scegliamo nel primo caso “4000psi” e nel secondo “A992Fy50” (del materiale è importante annotare ai fini del calcolo manuale il valore del modulo elastico E).

 

  • Dopo aver impostato il materiale, passiamo a definire la sezione della trave mediante il comando DEFINE  -> SECTION PROPERTIES  -> FRAME SECTIONS: nel caso dell’acciaio occorre scegliere un profilo (nel nostro caso scatolare “tube”) e assegnargli delle misure; mentre per il ca è importante, oltre alle misure, ricordarsi di eliminare i tondini, cliccando su “concrete reinforcement” e cambiando l’impostazione “column” in “beam”.

 

  • La sezione della trave ci fornisce quelle informazioni geometriche imprescindibili per il calcolo del momento d’inerzia I. Definita la sezione, è importante assegnare tale sezione appena delineata ai tratti di trave disegnati: ASSIGN   -> FRAME  -> FRAME SECTIONS.

  • A questo punto non resta che assegnare il carico distribuito: ASSIGN   -> FRAME LOADS -> DISTRIBUTED. Aprescindere dal valore del carico q, è fondamentale, in questo tipo di esercizi, impostare l’analisi in modo da trascurare il peso proprio dell’elemento trave. Ora finalmente abbiamo tutti i requisiti per avviare la nostra analisi (escludendo l'analisi modale).

 

  • Il programma mostra direttamente la deformata, la quale conferma la correttezza, a livello qualitativo, del calcolo svolto a mano. Da notare che il posizionamento del punto a 0,578l non è esattamente corretto, infatti, selezionandolo con il mouse, abbiamo il valore dello spostamento verticale v (per il programma “u”), ma anche un valore di rotazione jdella sezione di trave (“R” per SAP) diverso da zero. Questo contrasta con l’assunto iniziale, per il quale a quel punto corrispondeva il minimo della funzione deformata: se così fosse stato allora in quel punto avremmo avuto tangente orizzontale, derivata nulla, sezione della trave perpendicolare alla tangente e conseguente rotazione nulla della stessa.

  • Verificati e confrontati i grafici di Taglio e Momento flettente, rappresentati a livello qualitativo alla fine dell'esercitazione, con quelli che il programma fornisce, visualizziamo mediante il comando DISPLAY   -> SHOW TABLES le tabelle:“joint reactions” per i valori delle reazioni vincolari, “element forces – frames” per i valori di taglio e momento e “joint displacements” per gli spostamenti relativi alla deformazione.

2_ESERCITAZIONE SULLA LINEA ELASTICA_26-03-2013

 

 

ESERCITAZIONE SULLA LINEA ELASTICA_26-03-2013

 

Dal momento che il sistema è iperstatico per poterlo risolvere ricorriamo al metodo d’integrazione della linea elastica, il quale ci permette di individuare quella che è la nostra incognita principale, ovvero lo spostamento verticale massimo (vs) della deformata (meglio sottolineare che per la trave si adotta il modello di Eulero-Bernoulli).

 

  • Avendo chiaro l’obiettivo, possiamo analizzare le 8 equazioni fondamentali (3 di EQUILIBRIO, 3 della DEFORMAZIONE e 2 COSTITUTIVE): queste non vengono usate tutte contemporaneamente, ma solitamente sono divise in 2 gruppi a seconda del fatto che si stia investigando su uno spostamento assiale (e quindi sullo sforzo normale) o su uno spostamento trasversale (e di conseguenza sugli sforzi di taglio e momento flettente).

 

  • Per questo motivo possiamo concentrarci solo sul secondo e su “sole” 5 equazioni, ossia quelle dello spostamento verticale v, della rotazione della sezione di trave j, del momento flettente M, del taglio T e della curvatura c.

  • Il  metodo analitico della linea elastica non può prescindere dall’analisi delle condizioni al bordo: per poter risolvere l’equazione dello spostamento verticale vs necessitiamo di 4 equazioni con risultato noto poiché l’equazione suddetta presenta 4 incognite, ovvero le costanti di integrazione C1, C2, C3 e C4 (“accumulate” durante le diverse integrazioni che ci hanno condotto alla determinazione dell’equazione stessa).

  • Nel nostro caso specifico abbiamo per s=0 (nell’estremo sinistro, in prossimità dell’incastro) spostamento verticale e rotazione della sezione della trave nulle (v(0) = 0 e j(0)= 0). Sostituendo sia v che jcon le rispettive equazioni, derivate sempre dall’integrazione dell’equazione della linea elastica per lo spostamento verticale a cui facciamo riferimento (q2 = d4v/ds4) si constata che c3 e c4 hanno valore nullo.

 

  • Per s=l (estremo destro, coincidente col carrello) abbiamo, invece, che lo spostamento verticale è sempre nullo, mentre stavolta la rotazione della sezione è diversa da 0, ma ignota. Necessitiamo, quindi, di un’ulteriore equazione nota e prendiamo in considerazione quella del momento che in prossimità della cerniera del carrello deve essere uguale a 0.

  • Le due equazioni relative al bordo l, messe a sistema, ci permettono di calcolare le costanti c1 e c2 che al momento sono le ultime due incognite rimaste.

  • In realtà, oltre alle 4 costanti C che abbiamo calcolato, c’è un ulteriore dato incognito, senza il quale non è possibile calcolare l’abbassamento verticale: si tratta del valore da assegnare alla variabile s all’interno dell’equazione dello spostamento verticale. Sappiamo che all’abbassamento verticale massimo corrisponde un valore nullo della derivata della funzione che approssima la deformata della trave. È sufficiente, quindi, derivare la funzione v(s) e trovare i valori di s per i quali la derivata si annulla.

  • Risolvendo questa equazione di terzo grado (ricordarsi di mettere in evidenza la s per trovare la prima soluzione e avere un’equazione di secondo grado) otteniamo 3 valori di s per i quali la derivata è nulla, ma solo 2 sono da prendere in considerazione (in quanto uno si riferisce ad un valore di s maggiore di l): s = 0, relativo all’incastro, e s =(15 - (33)1/2)/16=0,578.

(NB: per semplificare il calcolo l è stato posto =1)

  • Finalmente siamo in grado di calcolare lo spostamento verticale. Sostituiamo il valore di s = 0,578 e delle costanti C all’interno dell’equazione di v(s):

  • Il risultato è in funzione di q/EI. Per avere un risultato esclusivamente numerico basta assegnare un valore al carico q, scegliere il materiale per avere un modulo elastico E e la sezione della trave per avere il momento d’inerzia I.
  • L’ultimo passo consistenel diagrammare il Taglio e il Momento. Per il primo possiamo dire che l’andamento è lineare e abbiamo un taglio negativo massimo in prossimità dell’incastro e uno positivo massimo nel vincolo destro; l’intersezione con l’asse della trave corrisponde a s=5/8 L. Il momento, di conseguenza, avrà andamento parabolico, con un massimo positivo nell’incastro, curvatura verso il basso e valore zero nel carrello; ad s=5/8 L corrisponde un momento negativo massimo.

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