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sulla rigidezza e sul metodo..

Che la rigidezza sia un concetto fumoso nella testa di molti, non vi è alcun dubbio.. lo sforzo della dispensa allegata, scritta e redatta da Fabiana Riparbelli lungo il corso di una serie di mie lezioni, è stato quello di definirla in un preciso contesto strutturale e di valutarne l'espressione analitica per comprendere da quali grandezze essa dipende..  adatta quindi ad un'analisi parametrica (quant'è di moda sta parola...) ..

Il contesto strutturale sono i telai, usati sia come elementi di sostegno verticale della struttura, ma anche come elementi di sostegno orizzontale (controventamento).

Beh, vi presento un telaio shear-type, ossia un ottimo elemento strutturale per effettuare azioni di controventamento di un edificio, se saggiamente dimensionato e se ben disposto in pianta.. Quello che segue è un suo collega molto più modesto...

e la sua modestia nasce dal fatto che l'elemento orizzontale che collega in sommità i ritti è troppo "debole".. stavo per dire "flessibile" ma flessibile è esattamente l'opposto di "rigido" ed io non ho neanche iniziato a spiegare cosa in meccanica strutturale si intenda per rigido.. insomma, mi sa proprio che questa dispensa dovrete studiarvela..

Perchè, direte voi?

 

Perchè, ad esempio, volete ripartire la forza del vento sui due controventi (telai) che reggono l'impalcato (leggi "solaio") in figura.. Anzitutto i due controventi dovete averceli sulla struttura (sapete che per controventare una struttura servono almeno tre controventi non paralleli, possibilmente non ammucchiati tutti in pianta?) e poi dovete valutare la forza F (in questo vi guidano le normative) e poi dovete pensare un modo per ripartire la forza F sui due controventi (che, non so se l'avete capito finora, costituiscono vincolo orizzontale all'impalcato)..

Insomma, per fare questo dovete cambiare abito mentale.. vedere l'impalcato come un corpo rigido dotato di massa ed i controventi come molle che lo vincolano a non spostarsi troppo...

e risolvere il problema del suo equilibrio con il "metodo delle rigidezze".. ed ancora una volta, fatalmente ed inevitabilmente, vi riporto alla dispensina allegata.. scialatevi (sapete che cos'è lo scialo?... :-))))

un foglio elettronico per la ripartizione delle forze sismiche

Impegnarsi a ripartire le forze orizzontali su di una struttura aiuta a comprendere molti concetti di meccanica strutturale.

Tra gli altri, i seguenti:

1) che la struttura, comunque sia fatta, vive nel tridimensionale;

2) che non esistono solo le azioni (carichi) verticali, ma anche azioni orizzontali, qualunque sia la loro natura (azioni sismiche, vento, spinte della terra etc.)

3) che la struttura va progettata (anzi, concepita) tenendo conto anche di queste azioni orizzontali

4) che i medesimi elementi strutturali possono avere una doppia funzione, se adeguatamente disposti nello spazio. In particolare, che un insieme di travi e pilastri, se allineati in un piano verticale,  rappresentano allo stesso tempo una struttura che sopporta i carichi verticali ma anche le azioni orizzontali (controvento)

In particolare, se ci concentriamo sulla tipologia dell'edificio e se il solaio è abbastanza rigido nel suo piano, lo sforzo di ripartire le forze sismiche equivale ad un'applicazione del metodo delle rigidezze in un sistema meccanico composto da corpi rigidi e molle elastiche.

Tuttavia, la semplicità algebrica ha un prezzo concettuale. Bisogna conoscere il concetto di rigidezza (in particolare di rigidezza traslante di un telaio shear-type) e lo spostamento rigido infinitesimo di un corpo piano (formula di Eulero). E poi aver capito bene che nella risoluzione dei sistemi elastici iperstatici le equazioni si usano tutte (equilibrio, congruenza e legame costitutivo) ed in un ordine ben preciso, definito dal metodo utilizzato (metodo delle forze, metodo delle rigidezze etc.).

Ciò premesso, ecco il problema.  Abbiamo un edificio di un solo piano definito dal seguente impalcato (pianta strutturale):

 

in cui i solai sono orditi come indicato in figura ed i pilastri hanno le seguenti sezioni:

Dall'analisi dell'impalcato individuiamo sette telai piani, quattro lungo Y e tre lungo X. Questi hanno il compito, oltre che di portare il peso della costruzione (struttura, sovrastruttura, sovraccarico accidentale), anche di controventare la struttura intera, ossia di resistere a forze orizzontali (nel piano X-Y), comunque orientate.

Gli elementi distinguibili che compongono la struttura sono tutti piani, ma vivono in piani diversi. Il solaio vive nel piano X-Y, 4 controventi vivono in Y-Z e tre in X-Z. Il solaio è ipotizzabile rigido nel suo piano, mentre ai controventi viene riconosciuta un'elasticità. A questo livello di semplificazione, i controventi sono vincoli (del solaio) cedevoli elasticamente e rappresentabili nel piano dell'impalcato come molle di adeguata rigidezza.

La rigidezza di ogni controvento (modellato come un telaio shear-type) viene calcolata come segue:

Ovviamente, se il controvento ha quattro pilastri al posto di due, la somma indicata in figura si estende ai momenti di inerzia dei quattro pilastri. Il coefficiente K è detto rigidezza traslante del telaio shear-type ed è funzione dei  parametri meccanici e geometrici su indicati.

Questa premessa è di base per comprendere quanto contenuto nel file excel allegato,  che ripartisce una forza orizzontale (in particolare quella sismica) sui sette controventi, attribuendone ad ognuno una frazione, che è funzione della rigidezza del controvento e della sua distanza da un punto privilegiato (il centro delle rigidezze). Molti dei concetti sopra riassunti sono contenuti in altri allegati di post precedenti a questo. Anche l'algoritmo contenuto nel file excel si riferisce a post ed allegati precedenti. 

Questo algoritmo si compone di sette passi:

Passo 1: calcolo della rigidezza del singolo controvento (in figura la tabella del controvento 1)

Passo 2: tabella sinottica di rigidezze e distanze dal punto O (origine degli assi) di tutti i controventi.

Passo 3: calcolo del centro di massa.

Passo 4: calcolo del centro delle rigidezze

Passo 5: calcolo delle forze sismiche

Passo 6: ripartizione forza sismica lungo X

passo 7: ripartizione forza sismica lungo Y

 

In allegato trovate due file. L'uno contiene il file excel, l'altro il suo commento.

Il file excel è più generale di quanto si possa pensare. Anzitutto, la pianta può essere variata a piacimento, a patto che i telai rimangano diretti o lungo X o lungo Y.

Inoltre, se si effettua l'ipotesi che le sezioni dei pilastri non varino da piano a piano oppure che varino da un piano all'altro nelle medesime proporzioni, l'agoritmo di ripartizione può applicarsi anche ad un edificio multipiano, in quanto rimangono alterati sia il centro di massa sia il centro di rigidezza di ogni piano.

Ovviamente, va adeguata secondo normativa la valutazione ad ogni piano dell'azione sismica.

un primo esempio di "scambio digitale": l'arco parabolico

Se volete effettuare l'analisi con SAP di un arco parabolico, vi trovate di fronte ad una prima difficoltà: la modellazione geometrica dello stesso.

 

SAP non ha al suo interno gli strumenti per modellare geometricamente famiglie di archi, quindi dovrete costruirlo con altri strumenti e poi importarlo in SAP. 

Il modo che vi suggeriamo è il seguente: partite dall'espressione analitica dell'arco (che otterrete una volta fissati la freccia, la luce ed un sistema di riferimento) ed inserite questa espressione su excel.

Excel vi consentirà di determinare le coordinate di quanti più punti vogliate appartenenti all'arco. Ed anche di costruire una colonna testo pronta per essere letta da AUTOCAD per la creazione di una polilinea.

Quindi inserite la polilinea su AUTOCAD, esplodetela e ponetela su di un layer di nome "frames". Esportatela in dxf e, dunque, aprite SAP.

Sap la leggerà come un insieme di travi rettilinee che messe di fila costituiscono l'arco, approssimando con una spezzata una linea curva.

Ora dovrete comunicare a SAP che l'oggetto è unico prima di iniziare la vostra analisi ad elementi finiti.

Effettuate un merge..

con un'adeguata tolleranza..

 

 

ovviamente, chi voglia saperne di più ed essere veramente operativo dovrà scaricarsi i file in download (preparati da Stefano Gabriele) e studiarseli.

Buon lavoro!

travi reticolari e Vierendeel

un ponte con le Vierendeel

cari ragazzi/e, vi allego una dispensina non mia, ma di un docente di un'altra università. Mi è piaciuta e l'ho caricata (dopo averla controllata). Tratta di travature reticolari e travi Vierendeel.

Qui di seguito ne troverete qualche esempio progettuale:

un primo esempio, essenziale, nel caso di un ponte lo trovate in alto.

Un secondo esempio, più barocco, ancora per un ponte, qui di seguito..

il terzo, un delirio di Vierendeel, in un edificio...

 

Ricordate che affinchè la Vierendeel funzioni bene, gli elementi verticali devono essere molto rigidi flessionalmente.. infatti, per un calcolo rapido della stessa, abbiamo utilizzato ( e lo troverete anche nella dispensina allegata) il modello shear type...

Buono studio!

 

 

 

 

E. Benvenuto (sulle costanti elastiche)

Ho sdoppiato file Benvenuto per consentirne la pubblicazione sul portale. La divisione è puramente strumentale e non concettuale.

Cenni di teoria della plasticità

Questa dispensa è stata scritta da Fabiana Riparbelli e contiene gli appunti di una mia lezione tenuta al corso di Scienza delle Costruzioni per la LM in Restauro nell'a.a. 2008/2009.

Contiene cenni di teoria della plasticità con qualche riferimento alla meccanica delle murature.

La parola plasticità è una parola molto utilizzata in vari contesti. Si parla di plasticità neuronale, per indicare una capacità di adattamento permanente delle nostre attività neuronali..

 

ma si definiscono plastiche tutte quelle forme che sembrano scolpite nella materia...

.. anche in meccanica la parola plasticità è piena di senso. Ha molto a che fare con le deformazioni permanenti e con la capacità di adattamento strutturale, oltre che con il collasso delle strutture...

Buona lettura, anzi.. buono studio!

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