Esercitazione

Esercitazione

Esercitazione6-Trave Vierendeel a mensola

In questa esercitazione andremo a studiare il comportamento di vari telai Shear Type sovrapposti l’uno all’altro e ribaltati in modo da costituire un sistema di trave che per la sua conformazione avrà delle sollecitazioni inferiori rispetto ad un sistema standard.

Studieremo due casi: il primo quando la nostra trave sarà disposta a mensola mentre il secondo quando la trave sarà incastrata da ambedue le parti.

Trave Vierendeel a mensola:

 

  

 

Come abbiamo detto prima la trave Vierendeel è costituita da vari telai Shear Type (nel nostro caso 6) sovrapposti l’uno sull’altro, questo ci consente di usufruire del metodo di risoluzione sfruttato nell’esercitazione del telaio Shear Type.

Il telaio Shear Type ci consente di avere un momento pari a 0 nella mezzeria del pilastro. Questo è un enorme aiuto nel caso si duplichi il telaio più volte dato che i vari segmenti sono disassociati l’uno rispetto all’altro e quindi i valori di momento e taglio diminuiscono ogni qual volta si studia il telaio successivo. Tutto questo ovviamente comporta che i vari segmenti siano della stessa sezione e materiale in modo che il coefficiente di rigidezza sia uguale per ogni segmento. Ciò comporta che ogni segmento abbia un taglio pari alla metà della forza agente. Ovviamente se nel telaio Shear Type si parlava di pilastri deformabili e travi non deformabili, nel sistema di trave Vierendeel sarà l’opposto.

 

 

Una volta saputo il taglio si può quindi procedere al calcolo del momento flettente massimo in corrispondenza degli incastri. Per far ciò è sufficiente moltiplicare il valore del taglio del segmento corrispondente per la metà del braccio, ossia L/2:

 

M1= F/2 * L/2 = FL/4

M2= F * L/2 = FL/2

M1= 3F/2 * L/2 = 3FL/4

M1= 2F * L/2 = FL

M1= 5F/2 * L/2 = 5FL/4

M1= 3F * L/2 = 3FL/2

 

 

Trovati i valori di momento sui segmenti di trave andiamo a vedere come gli stessi si trasmettono al pilastro indeformabile e quanto dovrà essere il momento contrastante di ogni pilastro:

 

 

Ne deriviamo cosi il diagramma degli sforzi di momento:

 

 

Una volta calcolati i momenti flettenti sul pilastro siamo pronti per calcolare il valore del taglio. Essendo ai due estremi del pilastro i valori del momento uguali possiamo sommare i valori tra di loro e dividerli per la luce in modo da avere il valore del taglio.

T1 = (FL/4 + FL/4) / L = F/2

T2 = (3FL/4 + 3FL/4) / L = 3F/2

T3 = (5FL/4 + 5FL/4) / L = 5F/2

T4 = (7FL/4 + 7FL/4) / L = 7F/2

T5 = (9FL/4 + 9FL/4) / L = 9F/2

T6 = (11FL/4 + 11FL/4) / L = 11F/2

 

 

Ora abbiamo il quadro completo. Tutte le forze e sollecitazioni sono state calcolate. Manca a questo punto solamente calcolare lo spostamento δ delle travi. Inizialmente avevamo imposto che tutte le travi avevano una sezione e un materiale uguale, questo implica che tutti i tratti di trave abbiano la medesima rigidezza che, come avevamo calcolato nell’esercizio del telaio Shear Type, ha un valore di 12EI/L3. Conoscendo, come già detto, il valore del taglio per ogni campata otteniamo:

 

F/2 = T = 12EI/L3 * δ1 àδ1 = FL3/24EI

F = T = 12EI/L3 * δ2 àδ2 = FL3/12EI

3F/2 = T = 12EI/L3 * δ3 àδ3 = FL3/8EI

2F = T = 12EI/L3 * δ4 àδ4 = FL3/6EI

5F/2 = T = 12EI/L3 * δ5 àδ5 = 5FL3/24EI

3F = T = 12EI/L3 * δ6 àδ6 = FL3/4EI

 

Da cui ne possiamo derivare la configurazione deformata:

 

 

            Verifica in SAP2000

 

Per la verifica in SAP2000 possiamo usare il modello “2D Frames”. Disegnamo la trave del nostro esercizio e impostiamo sezione e materiale. Per i pilastri però c’è bisogno di un coefficiente di rigidezza infinitamente elevato perché è indeformabile. Questo implica che il materiale assegnato ai pilastri sarà diverso rispetto a quello dato ai segmenti di trave. In questo modo sarà possibile determinare i valori giusti anche in SAP:

Deformata:

Taglio:

Momento:

GRATICCIO DI TRAVI

Si chiama graticcio una struttura dove c’è una collaborazione tra due sistemi di travi più o meno ortogonali tra loro senza alcuna gerarchia, infatti l’intero sistema ha lo stesso momento d’inerzia (cioè i due sistemi di travi hanno la stessa sezione e stesso materiale) e i nodi sono tutti incastri che permettono il passaggio di momento e quindi il ripristino della continuità della trave.

Come già studiato nell’esercizio sulla rigidezza torsionale, anche nel graticcio questa entra in gioco grazie alla flessione di alcune  aste che provocano una torsione nella direzione a loro ortogonale.

La struttura analizzata è un graticcio semplice formato da due travi di lunghezza pari a 6m ortogonali tra loro e incastrate nell’asta BD nel punto di mezzeria, mentre nell’asta AC a 1/3 della lunghezza, con una forza F=10 KN applicata sul nodo centrale .

Se conosciamo gli spostamenti del nodo libero allora conosciamo anche quelli delle aste.

Trovandoci nello spazio tridimensionale, il nodo ha 6 gradi di libertà, esso può traslare e ruotare nelle direzioni x, y, z, ma per i vincoli che ci siamo dati sappiamo che in x e y il nodo non può traslare orizzontalmente altrimenti le aste si accorciano ed allungano, quindi è possibile il solo abbassamento  .

La rotazione attorno a z non ci sta perché non ci sono forze applicate, mentre abbiamo una rotazione attorno a y in quanto nell’asta AC la forza non è applicata al centro ma ad 1/3 quindi la tangente alla deformata non è orizzontale. Le incognite di spostamento che abbiamo sono due  ,

Con il metodo della sovrapposizione degli effetti possiamo studiare come la struttura reagisce ai nostri due parametri di spostamento facendoli agire uno per volta.

Facciamo agire solo l’abbassamento

Grazie agli schemi notevoli di una trave doppiamente incastrata possiamo ricavarci i valori di taglio e momento flettente.

Nell’asta BD i due momenti sono uguali e contrari e si annullano, infatti questi riguardano una eventuale rotazione attorno all’asse x che in questo caso non abbiamo.

Facciamo agire solo la rotazione

Sempre grazie agli schemi notevoli di una trave doppiamente incastrata con una rotazione applicata ad un estremo, possiamo ricavarci valori del taglio e momento

La flessione della trave AC intorno all’asse y corrisponde inevitabilmente alla torsione di quella BD:

Applicando la sovrapposizione degli effetti al nodo centrale, otteniamo le seguenti forze


 

Mettendo a sistema le due equazioni

    

    

   

   

   

 

    

    

    

    

    

   

   

   

   

   

 

 

 

 

VERIFICA IN SAP

Verifichiamo con SAP la sezione in calcestruzzo calcolata a mano, e come nell'esercizio della rigidezza torsionale fatto in precedenza, con le altre sezioni scelte, cioè:

.         Sezione RETTANGOLARE in CALCESTRUZZO ARMATO

·         Sezione CIRCOLARE PIENA in CALCESTRUZZO ARMATO

·         Sezione DOPPIA T in ACCIAIO

·         Sezione QUADRATA CAVA in ACCIAIO

·         Sezione TUBOLARE in ACCIAIO

DEFORMATA                                                                                     DIAGRAMMA MOMENTO


    

DIAGRAMMA TAGLIO                                                                              DIAGRAMMA TORSIONE

   

I risultati ottenuti sono stati riassunti in una tabella

Esercitazione5-Telaio Shear Type

 

Il telaio Shear Type indica la configurazione di una struttura di tipo “portale”. La caratteristica insita a questo telaio è l’indeformabilità della struttura orizzontale la quale fa si che il portale si possa deformare nei soli pilastri, che comunque hanno un movimento limitato dagli incastri alla base e al colmo degli stessi.

Prima di tutto però è bene definire il concetto di rigidezza (k) in quanto è il valore più influente per definire lo spostamento (δ).  La rigidezza è una costante derivata dal materiale che indica la quantità di forza necessaria ad imprimere una deformazione di spostamento unitario, difatti: F=k*δ . Quindi, maggiore è la rigidezza e maggiore dovrà essere la forza impressa per deformare il corpo.

Abbiamo detto dunque che la trave è indeformabile e che vi è mancanza di rotazione  agli estremi quindi và da se che la trave si muove con atto di moto rigido e le deformazioni sono insite nei soli pilastri. Essendo alla base ancorati al terreno, nel caso ci sia (come nel nostro caso) una forza orizzontale spingente (di cui tra l’altro si conosce il valore), l’unico spostamento sarà nel colmo del pilastro e sarà, per tutto quello che abbiamo detto prima, uguale a quello dell’altro pilastro. Lo spostamento derivato definirà il valore δ e darà vita a deformazione di curvatura χ e conseguente momento M, a prescindere dalla quantità del carico.

Tramite l’integrazione della linea elastica:

Essendo in questo caso in assenza dicarico:

Analizziamo le condizioni al bordo:

ESTREMO BASE

ESTREMO COLMO

Possiamo quindi riportare le equazioni di spostamento e rotazione:

Derivando la rotazione si avrà la curvatura e quindi il momento flettente M e il taglio T.

Da queste si possono diagrammare gli sforzi.

 

Qui sopra si possono vedere i valori delle reazioni vincolari nel pilastro, ma essendo strettamente collegate alla trave sappiamo che i valori vengono trasmessi all’interno della stessa:

Calcoliamo ora lo spostamento d tramite l’equilibrio alla traslazione orizzontale del corpo rigido (trave):

Esercitazione RIGIDEZZA TORSIONALE

In questa esecitazione analizzeremo l’effetto della torsione su un telaio, 12 volte iperstatico e in seguito attraverso SAP2000 analizzeremo come la rigidezza torsionale del telaio varia in base alle scelte progettuali ( differenti materiali e geometria nella sezione delle travi e pilastri).

Analizzando il telaio preso in esempio e notiamo come il carico ripartito sull’asta AB produce una momento Ql²/2 corrispondente al nodo B.
Nel piano ZX la rotazione ϕ antioraria del momento provoca uno spostamento o una deformata che si traduce in FLESSIONE nella trave BC e pilastro BD. Dove c’è curvatura c’è momento flettente. Viene chiamata così in causa la rigidezza flessionale a rotazione della trave e del pilastro.
Nel piano XY il momento provoca una rotazione che si traduce in torsione della trave BE, quindi un momento torcente (Mt) momento uguale ed opposto al momento flettente al nodo B,  chiamando in causa la rigidezza torsionale della trave.
Rt = GJt/L
Analizzando il telaio preso in esempio e notiamo come il carico ripartito sull’asta AB produce una momento Ql²/2 corrispondente al nodo B.
Nel piano ZX la rotazione ϕ antioraria del momento provoca uno spostamento o una deformata che si traduce in FLESSIONE nella trave BC e pilastro BD. Dove c’è curvatura c’è momento flettente. Viene chiamata così in causa la rigidezza flessionale a rotazione della trave e del pilastro.
Nel piano XY il momento provoca una rotazione che si traduce in torsione della trave BE, quindi un momento torcente (Mt) momento uguale ed opposto al momento flettente al nodo B,  chiamando in causa la rigidezza torsionale della trave.
Rt = GJt/L
Analizzando il telaio preso in esempio e notiamo come il carico ripartito sull’asta AB produce una momento Ql²/2 corrispondente al nodo B.
Nel piano ZX la rotazione ϕ antioraria del momento provoca uno spostamento o una deformata che si traduce in FLESSIONE nella trave BC e pilastro BD. Dove c’è curvatura c’è momento flettente. Viene chiamata così in causa la rigidezza flessionale a rotazione della trave e del pilastro.
Analizzando il telaio preso in esempio e notiamo come il carico ripartito sull’asta AB produce una momento Ql²/2 corrispondente al nodo B.
 
Nel piano ZX la rotazione ϕ antioraria del momento provoca uno spostamento o una deformata che si traduce in FLESSIONE nella trave BC e pilastro BD. Dove c’è curvatura c’è momento flettente. Viene chiamata così in causa la rigidezza flessionale a rotazione  della trave e del pilastro.
 
Nel piano XY il momento provoca una rotazione che si traduce in torsione della trave BE, quindi un momento torcente (Mt) momento uguale ed opposto al momento flettente al nodo B,  chiamando in causa la rigidezza torsionale della trave. Rt= GJt/L
 
 
 

Equilibrio al Nodo (per trovarmi il valore di ϕ)

Ql²/2 - 4 EI/L ϕ - 4 EI/L ϕ - GJt/L ϕ = 0

Ql²/2 = (4 EI/L + 4 EI/L + GJt/L ) ϕ

dove  Kϕ= (8 EI/L + GJt/L ) (rigidezza al nodo)

a cui partecipano la rigidezza torsionale e la rigidezza flessionale

Allora come si ripartisce il momento esterno applicato provocato dalla trave a sbalzo?

Cerco ϕ 

ϕ= Ql²/2 *1/8 EI/L + GJt/L

dove:

Ql²/2= 15 kNm

modulo di elasticità

momentod’inerzia

G modulo di elasticità tangenziale

L lunghezza della trave

Jmomento d’inerzia torsionale

Una volta trovato ϕ cerco tutti i valori delle rigidezze specifiche per ogni trave e pilastro.

Il momento applicato verrà ripartito a secondo delle diverse rigidezze.

trave BD= 3m; pilastro BC= 3m; trave BE= 1m;

Mf (trave BD)= 4 EI/L1ϕ

Mt (trave BE)= GJt/L ϕ

 

Mf (pilastro BC)= 4 EI/L ϕ

 

Esistono due tipologie di sezioni :

  • •             Sezioni aperte
  • •             Sezioni chiuse

Considerando diverse sezioni per la struttura, i valori dei due momenti ( flettente e torcente) varieranno al variare del materiale (acciao e cls ) e della geometria della sezione. Per esempio, il metodo dell’analogia idrodinamica studia il comportamento a torsione delle travi in funzione al loro tipo di  sezione  ( geometria del profilo).

 

Attraverso l’utilizzo di SAP2000 applicheremo profili in Cls ed Acciaio alla struttura per analizzare l’esito che il rispettivo momento d’inerzia ha sulla rigidezza torsionale momento di inerzia polare  Jt che dipende dalla sezione, e del modulo di elasticità tangenziale G che dipende dal materiale:

Iniziamo i nostri calcoli....prima a mano e poi li verificheremo su SAP2000.

CALCESTRUZZO

sezione RETTANGOLARE  67x15cm

Q= 30kN  Ql²/2 = 15kNm

E= 21 10⁶ kN/m²

I =bh³/12 = 0.15*(0.67)³/12 = 0.0037 m⁴

G =10.000 N/mm² = 10⁷ kN/m²

 

Inserisco  questi dati in SAP2000 “material property data”. G ha un nuovo valore cioè 8750000 kN/m²

L = trave BD = 3m; pilastro BC = 3m; trave BE = 1m;

Jt= C₂ab³                      C₂=a/b  (altezza/base) = 0.67/0.15= 4.46 quindi C₂=0,281

 

= 0,281( 0.67)(0.15)³ = 0,00064m⁴

 

Cerco ϕ:

Equazione di Equilibrio al nodo:

RA = (8 EI/L + GJt/L )

RA = 8 (21 10⁶ * 0.0037)/3 + (8750000* 0,00064/3) ϕ

RA = (207200 + 1866.66) = 209066.66 kN/m

ϕA = 15/209066.66 = 0, 00007174

Mf (pilastro BC) =Mf (trave BD)= 4EI/L1 ϕ  con L=3m

(4*21 10⁶ * 0.0037/3)* 0, 00007174 = 7.432 kNm

Mt (trave BE)= GJt/L ϕ con L=3m

(8750000* 0, 00064/3)* 0, 00007174 = 0,133 kNm

M1+M2+M3 = Ql²/2

7.432+7.432+ 0,133 = 15 kNm

Su sap il nodo 3d con le 3 aste incastrate e un momento di 15 kNm applicato nel nodo B. Qui, tutte e tre le aste hanno una sezione in calcestruzzo rettangolare come per i calcoli manuali. nel definire la sezione è importante che anche su sap il cls abbia lo stesso modulo di elasticità e modulo di elasticità tangenziale.

Le tre aste con la Forza di 15 kN applicata sul nodo B

Deformed shape _ Deformata

 

Cambio la sezione della trave BE ed analizzo i risultati

sezione CIRCOLARE  d = 36cm

Q= 30kN  Ql²/2 = 15kNm

E= 21 10⁶ kN/m²

I =bh³/12 = 0.15*(0.67)³/12 = 0.0037 m⁴

G =10.000 N/mm² = 10⁷ kN/m²

dati in SAP2000 “material property data”. G ha un nuovo valore cioè 8750000 kN/m²

L = trave BD = 3m; pilastro BC = 3m; trave BE = 1m;

 

Jt= Ip (momento polare d’inerzia) = π R⁴/2 = π (0.18)⁴/2 = 0.00164 m⁴

Cerco ϕ:

Equazione di Equilibrio al nodo:

RA = (8 EI/L + GJt/L )

RA = 8 (21 10⁶ * 0.0037)/3 + (8750000* 0.00164 /3) ϕ

RA = (207200 + 4783,33) = 211983,33 kN/m

ϕA = 15/211983,33 =0, 00007076

Mf (pilastro BC) =Mf (trave BD)= 4EI/L1 ϕ  con L=3m

(4*21 10⁶ * 0.0037/3)* 0, 00007076= 7.33 kN/m

Mt (trave BE)= GJt/L ϕcon L=3m 

(8750000* 0.00164 /3)* 0, 00007076= 0,338 kN/m

M1+M2+M3 = Ql²/2

7.33 +7.33 + 0,338 = 15 kN/m

Torno su SAP2000 e rinserisco i valori:

 

ACCIAIO

sezione APERTA

HEB 200 mm x 200 mm 

Q = 30kN/mq  Ql²/2 = 15kN/mq

E= 208 10⁶ kN/mq

I =5,544 10⁻⁵ m⁴

G = 80 10⁶ kN/mq

L = trave BD = 3m; pilastro BC = 3m; trave BE = 1m;

Jt1= C2*a*b³ = (0.333)(20)(1.5)³= 22,47 cm⁴   C2= a/b

Jt2= C2*a*b³ = (0.333)(17)(1)³= 5,66 cm⁴

Jt TOT = 22,47 + 22,47 + 5,66 = 50.6 cm⁴ = 50.6 10⁻⁸ m⁴

cerco ϕ:

Equazione di Equilibrio al nodo:

RA = (8 EI/L + GJt/L )

RA = 8 (208 10⁶ * 5,544 10⁻⁵)/3 + (80 10⁶ * 50.6 10⁻⁸ /3) ϕ

RA = (30750,72 + 13.49) = 30764,21 kN/m

ϕA = 15/30764,21 = 0, 0004875

Mf (pilastro BC) =Mf (trave BD) = 4EI/L1 ϕ  con L=3m

(4*208 10⁶ * 5,544 10⁻⁵/3)* 0, 0004875= 7.49 kN/m

 

Mt (trave BE) = GJt/L ϕcon L=3m

(80 10⁶ * 50.6 10⁻⁸ /3)* 0, 0004875 = 0,006578 kN/m

M1+M2+M3 = Ql²/2

7.49 +7.49 + 0,006578 = 15 kN/m

 

inseriamo i dati in SAP2000

Cambio la sezione della trave BE ed analizzo i risultati

sezione SCATOLARE

HEB 200 mm x 200 mm

Q=30kN/mq  Ql²/2 = 15kN/mq

E = 208 10⁶ kN/mq

I = 5,544 10⁻⁵ m⁴

G = 80 10⁶ kN/mq

L = trave BD = 3m; pilastro BC = 3m; trave BE = 1m;

Jt = 4Ω²t/Lm

4(20*20) ² (1)/19*4

640000/76 = 0,00008421 m4

cerco ϕ:

Equazione di Equilibrio al nodo:

RA = (8 EI/L + GJt/L )

RA = 8 (208 10⁶ * 5,544 10⁻⁵)/3 + (80 10⁶ * 0,00011875/3) ϕ

RA = (30750,72 + 3166,66) = 33917,38 kN/m

ϕA = 15/33917,38 = 0, 0004422

Mf (pilastro BC) =Mf (trave BD) = 4EI/L1 ϕ  con L=3m

(4*208 10⁶ * 5,544 10⁻⁵/3)* 0, 0004422= 6.79 kNm

Mt (trave BE) = GJt/L ϕcon L=3m

(80 10⁶ * 0,00011875 /3)* 0, 0004422= 1,40 kNm

M1+M2+M3 = Ql²/2

6.79 +6.79 + 1,40= 15 kNm

inseriamo i dati in SAP2000

CONCLUSIONE

Osserviamo la tabella. Nel  CLS  sezione circolare piena la rigidezza della trave BE (quella soggetta a torsione), è maggiore rispetto alla sezione rettangolare.

Nella sezione circolare piena il Jt momento d’inerzia torsionale è più alto rispetto a quello nell’altra sezione.

Nell’acciaio la sezione chiusa scatolare della trave BE ha una rigidezza maggiore rispetto alla stessa rigidezza nella sezione HEB, la sua rotazione R2 ha il valore più piccolo tra tutte le sezioni. Inoltre notiamo, che l’acciaio offre una maggiore resistenza torsionale rispetto a quelle in cls armato perchè il modulo di elasticità tangenziale (G) è superiore.

La rigidezza delle aste sarà data dal momento flettente o il momento torsionale diviso la rotazione k=M/o  kN rad
 
 

ARCHI. Cenni teorici+SAP2000

Vestibolo d'antico tempio - Giovanbattista Piranesi

Nell'immaginario collettivo, quando si parla della monumentalità dell'architettura romana, si manifesta immediatamente l'immagine dell'ormai dimenticato arco. Nonostante esso sia già riscontrabile in età molto antica presso popoli culturalmente molto differenti (vd. Egitto 3500 a.C.), divenne celebre durante la fase repubblicana di Roma, grazie all'uso massivo che se ne fece, adottando generalmente l'arco a tutto sesto poggiato su pilastri. Con l'avvento del Cristianesimo, la cui architettura è mutuata da quella classica, l'arco continuò a dominare la scena architettonica, raggiungendo forse la sua catarsi nel Medioevo, in funzione di più complesse esigenze statico-costruttive, che portarono all'implementazione di nuovi tipi (archi acuti, lobati, ecc.). La cultura occidentale, dal Rinascimento al sec. XIX, ne ripropose invece i tipi e gli usi desunti dallo studio degli esempi romani. Il Movimento Moderno, dall'alto della sua arrogante necessità di fare tabula rasa, cancellò dal suo lessico l'arco, che fu relegato ad un malinconico ruolo di comprimario eccellente.

Dal punto di vista del comportamento statico, gli archi possono distinguersi in: incastrati, a due cerniere, a tre cerniere o a spinta eliminata. L'arco incastrato, tre volte iperstatico, è molto rigido ed è difficilmente soggetto a spostamenti eccessivi sotto carico,ma la sua analisi può risultare molto complessa. Il vantaggio della maggiore resistenza degli archi molto rigidi viene però controbilanciato dai problemi che proprio la loro rigidezza crea (specie se la luce è considerevole), allorquando nascano tensioni interne di origine termica o dovute a deformazioni lente nel tempo. Diminuendo la rigidezza si passa all'arcoa due cerniere, il quale, appunto perché più deformabile, mantiene tali tensioni entro limiti accettabili, per giungere all'arcoa tre cerniere isostatico, altamente deformabile, ma che permette di calcolare con precisione le spinte orizzontali e le forze interne (vd. Galerie des Machines). Gli archia spinta eliminata, infine, possono considerarsi archi a due cerniere nei quali l'incognita iperstatica è costituita dalla tensione della catena, che ne collega le imposte per assorbirne quella spinta che altrimenti sarebbe destinata ai piedritti.

In questa ultima esercitazione ci limiteremo ad analizzare gli archi a tre cerniere isostatici, sia dal punto di vista teorico che da quello pratico, verificando il loro comportamento meccanico su SAP2000. Iniziamo col sottolineare che gli archi fanno parte di quegli elementi architettonici che resistono per forma, lavorano a compressione e possono essere in alcuni casi (vd. arco parabolico) strutture altamente ottimizzate, ovvero in grado di assorbire i carichi e di trasformarli in sforzo normale. Ciò ovviamente andrà a discapito della riserva di resistenza, utile, ad esempio, nel caso del sisma. Questa attitudine degli archi a trasformare tutto il carico in sforzo normale, ignorando la flessione, si chiama architudine.

 

ARCO A TUTTO SESTO a 3 cerniere

San Lorenzo fuori le mura - Roma

Trattiamo innanzitutto l'arco a tutto sesto a tre cerniere. Esso è sostanzialemente definito da una semicirconferenza e può essere considerato alla stregua del portale a 3 cerniere, in quanto è caratterizzato dalle stesse reazioni vincolari:

Considerando la simmetria della struttura, le reazioni vincolari sono facilmente ricavabili dall'equazione di equilibrio alla rotazione, in quanto, non essendoci taglio in chiave, il carico verrà contrastato dalla reazione verticale all'imposta:

Una volta trovate le reazioni vincolari, si passa allo studio delle azioni di contatto all'interno di una sezione generica dell'arco. Per fare ciò è necessario adottare il metodo delle parti, utilizzando qualsivoglia sezione contenuta all'interno dell'intervallo definito da 0<α<90:

Nelle azioni di contatto subentreranno quindi semplici nozioni di trigonometria, che ci permettono di scomporre le risultanti inclinate nelle canoniche forze orizzontali o verticali, cosicchè sia possibile procedere alla scrittura delle equazioni di equilibrio (con polo in B):

Come si nota nelle prime 2 equazioni N e T sono accoppiati (e lo sarebbero stati anche nella 3° se non avessimo preso il polo in B), caratteristica essenziale delle strutture curve. Se provassimo a prendere ad esempio un arco a tutto sesto di raggio e freccia pari ad l sottoposto ad un carico distribuito pari a 10 KN/m, avremmo i seguenti risultati:

Gli sforzi assiali varieranno da -80KN all'imposta a -40 KN in chiave, quelli di taglio da 40 KN all'imposta a 0 KN in chiave e i momenti flettenti saranno ovviamente 0 KNm agli estremi fino a raggiungere un picco di -80 KNm all'interno della sezione dell'arco. Confronteremo successivamente questi risultati con la seguente tipologia di arco.

Nel frattempo portiamo su SAP2000 l'arco a tutto sesto per verificare se quanto detto finora sia valido. Modelliamo il nostro arco su AUTOCAD, disegnando una circonferenza di 5 m di raggio e tagliandone solo la metà che ci occorre. Spezziamo il nostro arco in corrispondenza della chiave di volta e ruotiamolo in 3D affinchè la sua freccia sia orientata secondo il piano z. Dopo aver salvato in dxf 2004 lo importo su SAP2000:

Assegno 2 cerniere alle imposte dell'arco e col solito comando (ASSIGN - FRAME - RELEASE/PARTIAL FIXITY spuntando la casella del momento M 3-3) assegno il rilascio in chiave:

Assegno delle sezioni di calcestruzzo con lato maggiore uscente dal piano di dimensione 0,25m x 0,50m:

Assegno un carico distribuito di 10 KN/m, avendo la premura di scegliere come opzione GRAVITY PROJECTED, in modo tale che venga spalmato sull'orizzontale dell'arco. Rimuovo inoltre il peso proprio della struttura:

Faccio partire l'analisi:

Deformata

Sforzo normale

Taglio

Momento flettente

Reazioni vincolari:

I dati di SAP2000 non fanno che confermare quanto detto sopra. Sotto la spinta del carico, l'arco tende a spanciare lateralmente e viene riportato al suo posto dall'azione dei vincoli alle imposte. I valori dello sforzo normale tendono a diminuire man mano che si va dall'imposta alla chiave, per poi effettuare il processo inverso. I momenti sono ovviamente 0 in corrispondenza delle cerniere e massimi nelle parti mediali dei due semi-archi. Ci annotiamo inoltre i valori max delle sollecitazioni per metterli a confronto dopo con l'arco ribassato: Nmax = 50KN; Tmax = 23,65 KN; Mmax = 31,16 KNm.

 

ARCO CIRCOLARE RIBASSATO a 3 cerniere

Ponte degli Annibaldi - Insula

Come suggerisce il nome, l'arco circolare ribassato è costruito sempre a partire dalla circonferenza, di cui però sfrutta non più l'esatta metà, bensì un intervallo più piccolo, tale che f < l. Trattandosi comunque di un arco a 3 cerniere, le sue reazioni vincolari saranno sempre le stesse:

A differenza della precedente tipologia più immediata, in questo caso la prima cosa da fare è trovare l'angolo α0 che rispetto al centro della circonferenza individua la sezione di imposta:

Grazie al teorema di Pitagora ricaviamo il valore della retta R che collega il centro dell'ipotetica circonferenza con la sezione d'imposta dell'arco. Visto che l'arco da 0 ad α0 non esiste, introduciamo un secondo angolo α e procediamo come prima grazie al metodo delle parti:

Con la scomposizione delle azioni di contatto N(α) e T(α) nelle loro componenti elementari e dopo aver trovato il valore di ogni braccio, possiamo scrivere le equazioni di equilibrio (con polo in S):

 

Se proviamo ad applicare i valori dell'esempio precedente all'arco ribassato, curandoci di portare la freccia da 8m a 4 m, avremmo i seguenti risultati (con α0=0,64 rad) :

Notiamo subito che la spinta dell'arco è raddoppiata rispetto all'arco a tutto sesto, mentre consultando un apposito tabellario sappiamo che gli sforzi assiali raggiungono valori di 115 KN, gli sforzi di taglio 15 KN e i momenti flettenti 20 KNm (vedi immagine). Possiamo quindi concludere che lo sforzo normale è decisamente incrementato, mentre il taglio risulta essere meno della metà e il momento flettente addirittura 4 volte inferiore.

Vediamo ora su SAP2000 se le nostre conclusioni vengono confermate. Disegnamo su AUTOCAD un arco di circonferenza con raggio 5m e freccia di 2,5m e lo importiamo su SAP2000 come fatto in precedenza, assegnando poi i vincoli, il rilascio in chiave, le sezioni in calcestruzzo ed il carico distribuito:

Deformata

Sforzo normale

Taglio

Momento flettente

Reazioni vincolari

Le riflessioni fatte in precedenza rimangono valide anche per questo modello di arco, ma balza subito all'occhio come la spinta dell'arco all'imposta sia il doppio dell'arco a tutto sesto. Inoltre analizzando i valori massimi delle sollecitazioni abbiamo ottenuto i seguenti valori: Nmax = 70,25 KN; Tmax = 9,40 KN; Mmax = 7,8 KNm.
Lo sforzo normale è sensibilmente aumentato, mentre il taglio è inferiore alla metà e il momento flettente addirittura 4 volte inferiore al precedente.

 

ARCO PARABOLICO a 3 cerniere

Miho Museum - Arco parabolico d'ingresso

L'arco parabolico isostatico, a differenza dei due precedenti, è una struttura perfettamente ottimizzata. La sua capacità, come detto in precedenza, consiste nel trasformare la densità di carico ripartita uniformemente sull'orizzontale in sforzo normale puro, all'interno di ogni singola sezione. Si dice quindi che l'arco parabolico isostatico è funicolare rispetto al carico ripartito. Non essendo più in presenza di una struttura definita dalla funzione circonferenza, per dimostrare che effettivamente l'unica tensione interna diversa da 0 è lo sforzo normale, dobbiamo innanzitutto analizzare l'equazione della parabola:

La famiglia di parabole che descrive il nostro arco è:

y = ax2 + bx + c 

Imponiamo l'appartenenza dei punti A,B,C alla parabola e troviamo l'equazione esatta che descrive la nostra parabola:

A ► x=0; y=0; -> c = 0
B ► x=l; y=f; ->  al2 + bl2 + c = f
C ► x=2l; y=0; ->  4al2 + 2bl + c = 0

Mettiamo le 3 equazioni a sistema e otterremo che:

a = - f/l2           b = 2 f/l               c = 0

L'equazione sarà quindi:

Dato che siamo in presenza di una struttura curva più complessa delle precedenti e non potendo utilizzare l'angolo α come prima, ci calcoliamo la tangente alla parabola tramite la derivata, cosicchè sia possibile scomporre le azioni di contatto dopo aver applicato il metodo delle parti:

 

Dalla prima equazione ricaviamo:

Sostituendo nella seconda:

Sostituisco a tanβ il valore precedentemente ricavato:

 

Vediamo ora il momento flettente:

 

Come anticipato quindi, essendo M(x) e T(x) nulli, l'arco parabolico costringe il materiale a lavorare solo a compressione, risultando così come una struttura altamente ottimizzata.Vediamo in ultimo come si comporta l'arco parabolico su SAP2000. Lo modelliamo su AUTOCAD tramite il comando spline, spezzandolo come usuale in chiave, e avendo la premura di trasformare la spline in polilinea (con una precisione >5) e di esplodere il tutto prima di salvare. Questo è quello che si ottiene importandolo su SAP2000:

Assegno di nuovo i vincoli alla base, il rilascio in chiave, le sezioni di calcestruzzo ed il carico distribuito:

Deformata

Sforzo normale

Nel caso in cui il taglio e il momento non siano pari a 0, basterà reimportare l'arco su SAP2000 dopo aver convertito la spline in polilinea con una precisione più alta.

ESERCITAZIONE 7_RIGIDEZZA TORSIONALE

Si tratta di un nodo tridimensionale in C.A., materiale che assicura l'omogeneità.

La struttura è 12 volte iperstatica, perchè per ogni incastro tridimensionale ha 6 gradi di vincolo per un totale di 18 gradi di vincolo, ma ha anche 6 gradi di libertà, 18 - 6 = 12

Lavoreremo solotanto sul piano XZ trascurando l'asta EC appartenente al piano YZ. Consideriamo l' asta ED ( mensola con carico ripartito quindi isostatica) separata dal resto della struttura, e ne studiamo Momento e Taglio per applicarli al nodo D:

                      

Essendo qL in asse con il pilastro, e considerando la rigidezza assiale molto più grande di quella flessionale, non la consideriamo.

Sul piano XZ il momento flettente (qL2)/2  provova una rotazione dell'asta DB e DA e genera un momento torcente sull' asta DC, perpendicolare al piano dove  agisce il momento flettente, che vale: 

Rt*φ

dove Rt è la rigidezza torsionale e vale

Rt = (GJt)/L

dove G è il modulo di elasticità tangenziale, ed è una caratteristica del materiale

G = τ/γ

e Jt è il momento d'inerzia torsionale

                                

Facciamo la verifica al nodo D della struttura 3D considerando tutti i momenti:

(qL2)/2- [(4EJ)/L]*φ - [(4EJ)/L]*φ - [(GJt)/L]*φ =0 -> (qL2)/2 = φ([(4EJ)/L] + [(4EJ)/L] + [(GJt)/L]) -> 

φ = [(qL2)/2] * (1/K) dove ([(4EJ)/L] + [(4EJ)/L] + [(GJt)/L]) = K (rigidezza del nodo)

sostituendo il valore della rotazine nel momento flettente e nel momento torcente si ha:

Mf = (2EIql)/K

Mt = (GJtql)/2k

Considerando diverse sezioni per la struttura, i valori dei due momenti ( flettente e torcente) varieranno al variare del materiale (acciao e cls ) e della geometria della sezione:

VERIFICA SU SAP:

SEZIONE HE 

b = 20 cm 

h = 20 cm

tw = 1 cm

tf = 1,5 cm

SCATOLARE QUADRATO

l = 20 cm 

t = 1 cm

SEZIONE RETTANGOLARE (cls)

a = 67 cm

b = 15 cm

SEZIONE CIRCOLARE (cls)

r  = 18 cm

Esercitazione_9.0 graticcio di travi (risoluzione a mano e tramite software SAP2000)

 

Esercitazione_9.0

graticcio di travi (risoluzione a mano e tramite software SAP2000)

 

1_

Il sistema proposto risulta essere un sistema tridimensionale composto da travi aventi la stessa sezione di lunghezza 12m con una forza puntuale pari a 100 kN. Lo scopo dello studio del sistema risulta essere quello di comprendere il funzionamento del sistema a graticcio e come il nodo 1 si abbassa e ruota in funzione della forza applicata, lo studio successivamente verrà incentrato sulla sezione ed il materiale della trave soggetta a torsione, per comprendere come quest’ultimi influiscano a parità di azioni esterne.

 

pastedGraphic.pdf

 

pastedGraphic_1.pdf

 

2_

Per poter studiare la struttura in maniera più semplice, quest’ultima viene studiata attraverso gli schemi notevoli dei diagrammi della deformata. Lo schema presenta però una complicazione, in quanto il nodo 1 non risulta essere posizionato in mezzeria, quindi la forza applicata genera una rotazione φ1. Studiando di conseguenza le due travi della struttura, si può comprendere come la rotazione φ1 della trave CD dovrà necessariamente essere uguale all’abbassamento δ della trave AB. Da questo si può dedurre che sulla trave CD sono presenti due tipi di deformazioni (la rotazione φ1 e l’abbassamento δ), mentre sulla trave AB solo quella verticale (δ).

La struttura verrà studiata dividendo le due azioni agenti sulla trave, usando alla fine il metodo della sovrapposizione degli effetti.

 

pastedGraphic_2.pdf

 

trave AB_abbassamento δ

 

pastedGraphic_3.pdf

 

Lo studio dei momenti flettenti per la trave AB, ci fa vedere come quest’ultimi si annullano e quindi di conseguenza non verranno riportati nei calcoli successivi.

 

trave CD_abbassamento δ

 

pastedGraphic_4.pdf

 

trave CD_rotazione φ1

 

pastedGraphic_5.pdf

 

pastedGraphic_6.pdf

 

3_

Come si può dedurre dallo studio eseguito su rotazioni ed abbassamenti si può comprendere come la trave AB presenta solamente una deformazione di abbassamento verticale; ciò nonostante l’inflessione della trave CD genera su di essa un momento torcente. La trave AB quindi reagirà alla sollecitazione prodotta dalla trave CD con un momento torcente di verso opposto alla rotazione definita da quest’ultima.

 

pastedGraphic_7.pdf

 

Successivamente si procederà studiando l’equilibrio del nodo 1, inizialmente studiando l’equilibrio alla traslazione verticale e successivamente l’equilibrio alla rotazione.

 

Eq. alla traslazione verticale nodo 1

 

pastedGraphic_8.pdf

 

Eq. alla rotazione nodo 1

 

pastedGraphic_9.pdf

 

Ci si presenta quindi un sistema di 2 equazioni in 2 incognite.

 

4_

Possiamo ora attraverso un software WolframAlpha (computational knowledge engine) per poter risolvere il sistema:

 

5_

Successivamente alla risoluzione a mano del sistema del nodo si procede con la verifica tramite il software SAP.

 

La modellazione viene effettuata per comodità direttamente in SAP.

creare un nuovo file con una griglia utile al disegno dell’asta:

FILE > NEW MODEL >

 

pastedGraphic_10.pdf

 

QUICK GRID LINES > impostare 9 assi sull’asse x, 9 sull’asse y e 1 sull’asse z > impostare come GRID SPACING la dimensione che vorremo dare alla lunghezza della trave

 

pastedGraphic_11.pdf

 

le impostazioni date alla griglia dovrebbero produrre una condizione analoga alla seguente:

 

pastedGraphic_12.pdf

 

disegnare le aste della trave seguendo la spaziatura della griglia preimpostata.

 

pastedGraphic_13.pdf

 

assegnare i vincoli: 

selezionare il punto > ASSIGN > JOINT RESTRAINTS > spuntare le sollecitazioni che il vincolo da posizionare trattiene

 

pastedGraphic_14.pdf

 

vengono assegnati incastri sulle 4 aste

 

N.B. In questo tipo di esercizi, impostiamo l’analisi in modo che non consideri il peso proprio della struttura (che costituirebbe un carico distribuito su travi che si deve considerare scariche). 

Ciò viene fatto creando un nuovo LOAD PATTERN che abbia 0 come coefficiente di moltiplicazione del carico SELF WEIGHT MULTIPLER.

 

pastedGraphic_15.pdf

 

Si procede con l’assegnazione dei carichi con il comando ASSIGN > JOINT LOADS > DISTRIBUTED, trattandosi di un’idealizzazione per la quale i carichi sono distribuiti.

 

pastedGraphic_16.pdf

 

Possiamo ora avviare l’analisi. Il software mostra per prima cosa l’andamento della deformata.

 

pastedGraphic_17.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > SHEAR 22

 

pastedGraphic_18.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > MOMENT 33

 

pastedGraphic_19.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_20.pdf

 

Possiamo ora avviare l’analisi della struttura in funzione delle varie sezioni assegnate.

 

ACCIAIO

SEZIONE QUADRATA CAVA

 

pastedGraphic_21.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_22.pdf

 

HEA 200

 

pastedGraphic_23.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_24.pdf

 

SEZIONE CIRCOLARE CAVA

 

pastedGraphic_25.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_26.pdf

 

CA

SEZIONE RETTANGOLARE 15cm_67cm

 

pastedGraphic_27.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_28.pdf

 

SEZIONE CIRCOLARE 36cm

 

pastedGraphic_29.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_30.pdf

 

 

 

 

 

 

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