ARCHI. Cenni teorici+SAP2000

Vestibolo d'antico tempio - Giovanbattista Piranesi

Nell'immaginario collettivo, quando si parla della monumentalità dell'architettura romana, si manifesta immediatamente l'immagine dell'ormai dimenticato arco. Nonostante esso sia già riscontrabile in età molto antica presso popoli culturalmente molto differenti (vd. Egitto 3500 a.C.), divenne celebre durante la fase repubblicana di Roma, grazie all'uso massivo che se ne fece, adottando generalmente l'arco a tutto sesto poggiato su pilastri. Con l'avvento del Cristianesimo, la cui architettura è mutuata da quella classica, l'arco continuò a dominare la scena architettonica, raggiungendo forse la sua catarsi nel Medioevo, in funzione di più complesse esigenze statico-costruttive, che portarono all'implementazione di nuovi tipi (archi acuti, lobati, ecc.). La cultura occidentale, dal Rinascimento al sec. XIX, ne ripropose invece i tipi e gli usi desunti dallo studio degli esempi romani. Il Movimento Moderno, dall'alto della sua arrogante necessità di fare tabula rasa, cancellò dal suo lessico l'arco, che fu relegato ad un malinconico ruolo di comprimario eccellente.

Dal punto di vista del comportamento statico, gli archi possono distinguersi in: incastrati, a due cerniere, a tre cerniere o a spinta eliminata. L'arco incastrato, tre volte iperstatico, è molto rigido ed è difficilmente soggetto a spostamenti eccessivi sotto carico,ma la sua analisi può risultare molto complessa. Il vantaggio della maggiore resistenza degli archi molto rigidi viene però controbilanciato dai problemi che proprio la loro rigidezza crea (specie se la luce è considerevole), allorquando nascano tensioni interne di origine termica o dovute a deformazioni lente nel tempo. Diminuendo la rigidezza si passa all'arcoa due cerniere, il quale, appunto perché più deformabile, mantiene tali tensioni entro limiti accettabili, per giungere all'arcoa tre cerniere isostatico, altamente deformabile, ma che permette di calcolare con precisione le spinte orizzontali e le forze interne (vd. Galerie des Machines). Gli archia spinta eliminata, infine, possono considerarsi archi a due cerniere nei quali l'incognita iperstatica è costituita dalla tensione della catena, che ne collega le imposte per assorbirne quella spinta che altrimenti sarebbe destinata ai piedritti.

In questa ultima esercitazione ci limiteremo ad analizzare gli archi a tre cerniere isostatici, sia dal punto di vista teorico che da quello pratico, verificando il loro comportamento meccanico su SAP2000. Iniziamo col sottolineare che gli archi fanno parte di quegli elementi architettonici che resistono per forma, lavorano a compressione e possono essere in alcuni casi (vd. arco parabolico) strutture altamente ottimizzate, ovvero in grado di assorbire i carichi e di trasformarli in sforzo normale. Ciò ovviamente andrà a discapito della riserva di resistenza, utile, ad esempio, nel caso del sisma. Questa attitudine degli archi a trasformare tutto il carico in sforzo normale, ignorando la flessione, si chiama architudine.

 

ARCO A TUTTO SESTO a 3 cerniere

San Lorenzo fuori le mura - Roma

Trattiamo innanzitutto l'arco a tutto sesto a tre cerniere. Esso è sostanzialemente definito da una semicirconferenza e può essere considerato alla stregua del portale a 3 cerniere, in quanto è caratterizzato dalle stesse reazioni vincolari:

Considerando la simmetria della struttura, le reazioni vincolari sono facilmente ricavabili dall'equazione di equilibrio alla rotazione, in quanto, non essendoci taglio in chiave, il carico verrà contrastato dalla reazione verticale all'imposta:

Una volta trovate le reazioni vincolari, si passa allo studio delle azioni di contatto all'interno di una sezione generica dell'arco. Per fare ciò è necessario adottare il metodo delle parti, utilizzando qualsivoglia sezione contenuta all'interno dell'intervallo definito da 0<α<90:

Nelle azioni di contatto subentreranno quindi semplici nozioni di trigonometria, che ci permettono di scomporre le risultanti inclinate nelle canoniche forze orizzontali o verticali, cosicchè sia possibile procedere alla scrittura delle equazioni di equilibrio (con polo in B):

Come si nota nelle prime 2 equazioni N e T sono accoppiati (e lo sarebbero stati anche nella 3° se non avessimo preso il polo in B), caratteristica essenziale delle strutture curve. Se provassimo a prendere ad esempio un arco a tutto sesto di raggio e freccia pari ad l sottoposto ad un carico distribuito pari a 10 KN/m, avremmo i seguenti risultati:

Gli sforzi assiali varieranno da -80KN all'imposta a -40 KN in chiave, quelli di taglio da 40 KN all'imposta a 0 KN in chiave e i momenti flettenti saranno ovviamente 0 KNm agli estremi fino a raggiungere un picco di -80 KNm all'interno della sezione dell'arco. Confronteremo successivamente questi risultati con la seguente tipologia di arco.

Nel frattempo portiamo su SAP2000 l'arco a tutto sesto per verificare se quanto detto finora sia valido. Modelliamo il nostro arco su AUTOCAD, disegnando una circonferenza di 5 m di raggio e tagliandone solo la metà che ci occorre. Spezziamo il nostro arco in corrispondenza della chiave di volta e ruotiamolo in 3D affinchè la sua freccia sia orientata secondo il piano z. Dopo aver salvato in dxf 2004 lo importo su SAP2000:

Assegno 2 cerniere alle imposte dell'arco e col solito comando (ASSIGN - FRAME - RELEASE/PARTIAL FIXITY spuntando la casella del momento M 3-3) assegno il rilascio in chiave:

Assegno delle sezioni di calcestruzzo con lato maggiore uscente dal piano di dimensione 0,25m x 0,50m:

Assegno un carico distribuito di 10 KN/m, avendo la premura di scegliere come opzione GRAVITY PROJECTED, in modo tale che venga spalmato sull'orizzontale dell'arco. Rimuovo inoltre il peso proprio della struttura:

Faccio partire l'analisi:

Deformata

Sforzo normale

Taglio

Momento flettente

Reazioni vincolari:

I dati di SAP2000 non fanno che confermare quanto detto sopra. Sotto la spinta del carico, l'arco tende a spanciare lateralmente e viene riportato al suo posto dall'azione dei vincoli alle imposte. I valori dello sforzo normale tendono a diminuire man mano che si va dall'imposta alla chiave, per poi effettuare il processo inverso. I momenti sono ovviamente 0 in corrispondenza delle cerniere e massimi nelle parti mediali dei due semi-archi. Ci annotiamo inoltre i valori max delle sollecitazioni per metterli a confronto dopo con l'arco ribassato: Nmax = 50KN; Tmax = 23,65 KN; Mmax = 31,16 KNm.

 

ARCO CIRCOLARE RIBASSATO a 3 cerniere

Ponte degli Annibaldi - Insula

Come suggerisce il nome, l'arco circolare ribassato è costruito sempre a partire dalla circonferenza, di cui però sfrutta non più l'esatta metà, bensì un intervallo più piccolo, tale che f < l. Trattandosi comunque di un arco a 3 cerniere, le sue reazioni vincolari saranno sempre le stesse:

A differenza della precedente tipologia più immediata, in questo caso la prima cosa da fare è trovare l'angolo α0 che rispetto al centro della circonferenza individua la sezione di imposta:

Grazie al teorema di Pitagora ricaviamo il valore della retta R che collega il centro dell'ipotetica circonferenza con la sezione d'imposta dell'arco. Visto che l'arco da 0 ad α0 non esiste, introduciamo un secondo angolo α e procediamo come prima grazie al metodo delle parti:

Con la scomposizione delle azioni di contatto N(α) e T(α) nelle loro componenti elementari e dopo aver trovato il valore di ogni braccio, possiamo scrivere le equazioni di equilibrio (con polo in S):

 

Se proviamo ad applicare i valori dell'esempio precedente all'arco ribassato, curandoci di portare la freccia da 8m a 4 m, avremmo i seguenti risultati (con α0=0,64 rad) :

Notiamo subito che la spinta dell'arco è raddoppiata rispetto all'arco a tutto sesto, mentre consultando un apposito tabellario sappiamo che gli sforzi assiali raggiungono valori di 115 KN, gli sforzi di taglio 15 KN e i momenti flettenti 20 KNm (vedi immagine). Possiamo quindi concludere che lo sforzo normale è decisamente incrementato, mentre il taglio risulta essere meno della metà e il momento flettente addirittura 4 volte inferiore.

Vediamo ora su SAP2000 se le nostre conclusioni vengono confermate. Disegnamo su AUTOCAD un arco di circonferenza con raggio 5m e freccia di 2,5m e lo importiamo su SAP2000 come fatto in precedenza, assegnando poi i vincoli, il rilascio in chiave, le sezioni in calcestruzzo ed il carico distribuito:

Deformata

Sforzo normale

Taglio

Momento flettente

Reazioni vincolari

Le riflessioni fatte in precedenza rimangono valide anche per questo modello di arco, ma balza subito all'occhio come la spinta dell'arco all'imposta sia il doppio dell'arco a tutto sesto. Inoltre analizzando i valori massimi delle sollecitazioni abbiamo ottenuto i seguenti valori: Nmax = 70,25 KN; Tmax = 9,40 KN; Mmax = 7,8 KNm.
Lo sforzo normale è sensibilmente aumentato, mentre il taglio è inferiore alla metà e il momento flettente addirittura 4 volte inferiore al precedente.

 

ARCO PARABOLICO a 3 cerniere

Miho Museum - Arco parabolico d'ingresso

L'arco parabolico isostatico, a differenza dei due precedenti, è una struttura perfettamente ottimizzata. La sua capacità, come detto in precedenza, consiste nel trasformare la densità di carico ripartita uniformemente sull'orizzontale in sforzo normale puro, all'interno di ogni singola sezione. Si dice quindi che l'arco parabolico isostatico è funicolare rispetto al carico ripartito. Non essendo più in presenza di una struttura definita dalla funzione circonferenza, per dimostrare che effettivamente l'unica tensione interna diversa da 0 è lo sforzo normale, dobbiamo innanzitutto analizzare l'equazione della parabola:

La famiglia di parabole che descrive il nostro arco è:

y = ax2 + bx + c 

Imponiamo l'appartenenza dei punti A,B,C alla parabola e troviamo l'equazione esatta che descrive la nostra parabola:

A ► x=0; y=0; -> c = 0
B ► x=l; y=f; ->  al2 + bl2 + c = f
C ► x=2l; y=0; ->  4al2 + 2bl + c = 0

Mettiamo le 3 equazioni a sistema e otterremo che:

a = - f/l2           b = 2 f/l               c = 0

L'equazione sarà quindi:

Dato che siamo in presenza di una struttura curva più complessa delle precedenti e non potendo utilizzare l'angolo α come prima, ci calcoliamo la tangente alla parabola tramite la derivata, cosicchè sia possibile scomporre le azioni di contatto dopo aver applicato il metodo delle parti:

 

Dalla prima equazione ricaviamo:

Sostituendo nella seconda:

Sostituisco a tanβ il valore precedentemente ricavato:

 

Vediamo ora il momento flettente:

 

Come anticipato quindi, essendo M(x) e T(x) nulli, l'arco parabolico costringe il materiale a lavorare solo a compressione, risultando così come una struttura altamente ottimizzata.Vediamo in ultimo come si comporta l'arco parabolico su SAP2000. Lo modelliamo su AUTOCAD tramite il comando spline, spezzandolo come usuale in chiave, e avendo la premura di trasformare la spline in polilinea (con una precisione >5) e di esplodere il tutto prima di salvare. Questo è quello che si ottiene importandolo su SAP2000:

Assegno di nuovo i vincoli alla base, il rilascio in chiave, le sezioni di calcestruzzo ed il carico distribuito:

Deformata

Sforzo normale

Nel caso in cui il taglio e il momento non siano pari a 0, basterà reimportare l'arco su SAP2000 dopo aver convertito la spline in polilinea con una precisione più alta.

GRATICCIO DI TRAVI

 

GRATICCIO DI TRAVI

Il Graticcio di travi, utilizzato per grandi luci, è composto da due travi tra loro ortogonali soggette ad una forza F nel nodo. Il graticcio non è costituito da travi principali e travi secondarie, ma tutte le travi collaborano allo stesso modo, hanno lo stesso momento di inerzia a prescindere dalla loro orditura e presentano un nodo che consente la trasmissione della rotazione.

 

Per la deformata e i valori di taglio e momento, ci riferiamo agli  schemi notevoli della trave doppiamente incastrata:

 

Se consideriamo la struttura separatamente, vediamo che nella trave AC la forza è applicata ad 1/3 della sua lunghezza, perciò oltre allo spostamento abbiamo anche una rotazione intorno all’asse y  (fy). Nella trave BD invece la forza è applicata al centro della sua lunghezza quindi abbiamo solo uno spostamento.

Andiamo perciò a separare l'azione dei due diversi effetti, per poi sovrapporli alla fine. 

 

DEFORMATE DOVUTE AGLI SPOSTAMENTI

-abbassamentoδ sulla traveAC

-abbassamentoδ sulla traveBD

Nel caso della trave BD, i momenti flettenti si annullano l'uno con l'altro e verranno quindi ignorati nella successiva equazione di equilibrio alla rotazione

 

DEFORMATE DOVUTE ALLA ROTAZIONE

Vediamo ora gli effetti della rotazione ϕy sulla trave AC, riprendendo sempre gli schemi notevoli della rotazione su una trave doppiamente incastrata:

 

Sulla trave BD come abbiamo detto non abbiamo rotazioni, ma sappiamo anche che la flessione sull'asse x provoca inevitabilmente la torsione sull'asse perpendicolare, su cui giace la trave in questione.

La trave reagirà quindi alla sollecitazione con un momento torcente di verso opposto alla rotazione ϕy.

 

Vado a fare ora il sistema di 2 equazioi in 2 incognite 

 

Infine andiamo ad eseguire la verifica con SAP 2000  andando ad assegnare alle aste il materiale e la sezione  scelti andando a modificare il modulo di elasticità E e il modulo di elasticità tangenziale G . Infine vado ad applicare la forza F nel punto di incontro delle due travi.

Notiamo che i valori si approssimano a queli calcolati.

Graticcio di travi

ESERCITAZIONE 7_RIGIDEZZA TORSIONALE

Si tratta di un nodo tridimensionale in C.A., materiale che assicura l'omogeneità.

La struttura è 12 volte iperstatica, perchè per ogni incastro tridimensionale ha 6 gradi di vincolo per un totale di 18 gradi di vincolo, ma ha anche 6 gradi di libertà, 18 - 6 = 12

Lavoreremo solotanto sul piano XZ trascurando l'asta EC appartenente al piano YZ. Consideriamo l' asta ED ( mensola con carico ripartito quindi isostatica) separata dal resto della struttura, e ne studiamo Momento e Taglio per applicarli al nodo D:

                      

Essendo qL in asse con il pilastro, e considerando la rigidezza assiale molto più grande di quella flessionale, non la consideriamo.

Sul piano XZ il momento flettente (qL2)/2  provova una rotazione dell'asta DB e DA e genera un momento torcente sull' asta DC, perpendicolare al piano dove  agisce il momento flettente, che vale: 

Rt*φ

dove Rt è la rigidezza torsionale e vale

Rt = (GJt)/L

dove G è il modulo di elasticità tangenziale, ed è una caratteristica del materiale

G = τ/γ

e Jt è il momento d'inerzia torsionale

                                

Facciamo la verifica al nodo D della struttura 3D considerando tutti i momenti:

(qL2)/2- [(4EJ)/L]*φ - [(4EJ)/L]*φ - [(GJt)/L]*φ =0 -> (qL2)/2 = φ([(4EJ)/L] + [(4EJ)/L] + [(GJt)/L]) -> 

φ = [(qL2)/2] * (1/K) dove ([(4EJ)/L] + [(4EJ)/L] + [(GJt)/L]) = K (rigidezza del nodo)

sostituendo il valore della rotazine nel momento flettente e nel momento torcente si ha:

Mf = (2EIql)/K

Mt = (GJtql)/2k

Considerando diverse sezioni per la struttura, i valori dei due momenti ( flettente e torcente) varieranno al variare del materiale (acciao e cls ) e della geometria della sezione:

VERIFICA SU SAP:

SEZIONE HE 

b = 20 cm 

h = 20 cm

tw = 1 cm

tf = 1,5 cm

SCATOLARE QUADRATO

l = 20 cm 

t = 1 cm

SEZIONE RETTANGOLARE (cls)

a = 67 cm

b = 15 cm

SEZIONE CIRCOLARE (cls)

r  = 18 cm

Esercitazione_9.0 graticcio di travi (risoluzione a mano e tramite software SAP2000)

 

Esercitazione_9.0

graticcio di travi (risoluzione a mano e tramite software SAP2000)

 

1_

Il sistema proposto risulta essere un sistema tridimensionale composto da travi aventi la stessa sezione di lunghezza 12m con una forza puntuale pari a 100 kN. Lo scopo dello studio del sistema risulta essere quello di comprendere il funzionamento del sistema a graticcio e come il nodo 1 si abbassa e ruota in funzione della forza applicata, lo studio successivamente verrà incentrato sulla sezione ed il materiale della trave soggetta a torsione, per comprendere come quest’ultimi influiscano a parità di azioni esterne.

 

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2_

Per poter studiare la struttura in maniera più semplice, quest’ultima viene studiata attraverso gli schemi notevoli dei diagrammi della deformata. Lo schema presenta però una complicazione, in quanto il nodo 1 non risulta essere posizionato in mezzeria, quindi la forza applicata genera una rotazione φ1. Studiando di conseguenza le due travi della struttura, si può comprendere come la rotazione φ1 della trave CD dovrà necessariamente essere uguale all’abbassamento δ della trave AB. Da questo si può dedurre che sulla trave CD sono presenti due tipi di deformazioni (la rotazione φ1 e l’abbassamento δ), mentre sulla trave AB solo quella verticale (δ).

La struttura verrà studiata dividendo le due azioni agenti sulla trave, usando alla fine il metodo della sovrapposizione degli effetti.

 

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trave AB_abbassamento δ

 

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Lo studio dei momenti flettenti per la trave AB, ci fa vedere come quest’ultimi si annullano e quindi di conseguenza non verranno riportati nei calcoli successivi.

 

trave CD_abbassamento δ

 

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trave CD_rotazione φ1

 

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3_

Come si può dedurre dallo studio eseguito su rotazioni ed abbassamenti si può comprendere come la trave AB presenta solamente una deformazione di abbassamento verticale; ciò nonostante l’inflessione della trave CD genera su di essa un momento torcente. La trave AB quindi reagirà alla sollecitazione prodotta dalla trave CD con un momento torcente di verso opposto alla rotazione definita da quest’ultima.

 

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Successivamente si procederà studiando l’equilibrio del nodo 1, inizialmente studiando l’equilibrio alla traslazione verticale e successivamente l’equilibrio alla rotazione.

 

Eq. alla traslazione verticale nodo 1

 

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Eq. alla rotazione nodo 1

 

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Ci si presenta quindi un sistema di 2 equazioni in 2 incognite.

 

4_

Possiamo ora attraverso un software WolframAlpha (computational knowledge engine) per poter risolvere il sistema:

 

5_

Successivamente alla risoluzione a mano del sistema del nodo si procede con la verifica tramite il software SAP.

 

La modellazione viene effettuata per comodità direttamente in SAP.

creare un nuovo file con una griglia utile al disegno dell’asta:

FILE > NEW MODEL >

 

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QUICK GRID LINES > impostare 9 assi sull’asse x, 9 sull’asse y e 1 sull’asse z > impostare come GRID SPACING la dimensione che vorremo dare alla lunghezza della trave

 

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le impostazioni date alla griglia dovrebbero produrre una condizione analoga alla seguente:

 

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disegnare le aste della trave seguendo la spaziatura della griglia preimpostata.

 

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assegnare i vincoli: 

selezionare il punto > ASSIGN > JOINT RESTRAINTS > spuntare le sollecitazioni che il vincolo da posizionare trattiene

 

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vengono assegnati incastri sulle 4 aste

 

N.B. In questo tipo di esercizi, impostiamo l’analisi in modo che non consideri il peso proprio della struttura (che costituirebbe un carico distribuito su travi che si deve considerare scariche). 

Ciò viene fatto creando un nuovo LOAD PATTERN che abbia 0 come coefficiente di moltiplicazione del carico SELF WEIGHT MULTIPLER.

 

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Si procede con l’assegnazione dei carichi con il comando ASSIGN > JOINT LOADS > DISTRIBUTED, trattandosi di un’idealizzazione per la quale i carichi sono distribuiti.

 

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Possiamo ora avviare l’analisi. Il software mostra per prima cosa l’andamento della deformata.

 

pastedGraphic_17.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > SHEAR 22

 

pastedGraphic_18.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > MOMENT 33

 

pastedGraphic_19.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

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Possiamo ora avviare l’analisi della struttura in funzione delle varie sezioni assegnate.

 

ACCIAIO

SEZIONE QUADRATA CAVA

 

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Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_22.pdf

 

HEA 200

 

pastedGraphic_23.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_24.pdf

 

SEZIONE CIRCOLARE CAVA

 

pastedGraphic_25.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

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CA

SEZIONE RETTANGOLARE 15cm_67cm

 

pastedGraphic_27.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_28.pdf

 

SEZIONE CIRCOLARE 36cm

 

pastedGraphic_29.pdf

 

Si può richiedere al programma di analizzare gli sforzi assiali (unici presenti) con il comando SHOW FORCES/STRESSES > FRAME/CABLES > TORSION

 

pastedGraphic_30.pdf

 

 

 

 

 

 

Esercitazione 9_Graticcio di travi

Esercitazione 9

 

Graticcio di travi

Un graticcio di travi è un sistema strutturale in cui travi non parallele tra loro collaborano, in modo non gerarchico ma proporzionale alla propria rigidezza, all’equilibrio del sistema stesso. 

Esaminiamo in questa esercitazione in che modo le sollecitazioni dovute ad una forza F applicata nel nodo vengono spartite tra le travi.

TRAVE A-C

Essendo la forza applicata ad l/3, nel punto di applicazione saranno diversi da 0 sia l’abbassamento δ che la rotazione φ. 

Possiamo quindi analizzare le deformazioni separatamente per poi fare uso del principio di sovrapposizione degli effetti. 

δ ≠ 0 ; φ = 0 .

φ ≠ 0 ; δ = 0 .

TRAVE B-D

In questa trave la forza è applicata a l/2, quindi nel punto di nullo del momento, per cui 

χ = 0. L’unica deformazione dovuta a F presente sarà quindi δ. 

Nondimeno, essendo il nodo un elemento rigido, la rotazione φ della sezione della trave A-C si presenta come torsione per l’elemento B-D. 

 

Sovrapponendo quindi tutti gli effetti dovuti ad F, possiamo procedere a scrivere le equazioni di equilibrio delle forze verticali e delle rotazioni.

eql. forze verticali

 

 

eql. rotazioni

 

Mettendo a sistema le due equazioni si può giungere a trovare i valori di φ e di δ. 

Possiamo ora disegnare il sistema su SAP e analizzare la variazione dei valori delle sollecitazioni di momento flettente e torcente al variare della forma e della dimensione delle sezioni. Si useranno le stesse sezioni utilizzate nell'esercitazione precedente riguardante la rigidetta torsionale.

Acciaio_Circolare cava (d=0.36m;t=0.01m)

momento flettente

momento torcente

Acciaio_tubolare a sezione quadrata (l=0.2m;t=0.01)

momento flettente

momento torcente

Acciaio_IPE300

momento flettente

momento torcente

c.a._rettangolare (0.67*0.15m)

momento flettente

momento torcente

c.a._circolare (d=0.36m)

momento flettente

momento torcente

ESERCITAZIONE VIII: Graticcio

ABSTRACT: Nella seguente esercitazione verrà esposto il modello della struttura a graticcio e gli effetti provocati dall'assenza di gerarchia fra gli elementi lineari che lo compongono. Si risolverà una semplice struttura a graticcio caratterizzata da un nodo a incastro che salda 4 travi a loro volta incastrate. Questa sarà didatticamente utile a comprendere strutture più generiche e relativamente complesse come la seguente.

NB l'aggiunta di appoggi intermedi incrementa le potenzialità meccaniche tuttavia non è strettamente legata ad una disposizione necessariamente regolare

In questa esercitazione si risolverà come accennato nella premessa la seguente struttura:

È necessario precisare che sebbene il nodo sia spaziale (deformabile in tutte le direzioni) esso viene considerato indeformabile assialmente dunque vx≡0 e vy≡0 per definizione.

 

 

 

Un'analisi preliminare ci porta anche ad eliminare il contributo della rotazione attorno l'asse z. Non vi sono infatti forze capaci di generare un momento attorno a quest'asse (φz=0).

Continuando a osservare il nodo possiamo valutare le sue sezioni lungo i piani xz e xy


Da queste sezioni valutiamo che la rotazione lungo x per via della simmetria lungo il piano xz è φx=0. Al contrario si osserva la presenza di una freccia vz≠0 e della rotazione lungo y φy0. Per semplicità d'ora in avanti chiamerò vz=δ e φy=φ.

Noti gli schemi:

ed essendo il problema lineare, gli effetti possono essere sommati. Ragionando prima sulle azioni provocate dall'abbassamento e poi dalla rotazione del nodo saremo in grado di conoscere il comportamento complessivo ed individuare δ e φ.

ABBASSAMENTO

TORSIONE / ROTAZIONE

da queste l'equilibrio del nodo.

EQL ALLA TRASLAZIONE

F - 12EIδ/(l/2)3 - 12EIδ/(l/2)3 - 12EIδ/(l/3)3 - 24EIδ/(2l/3)3 -  6EIφ/(l/3)2 + 6EIφ/(2l/3)2= 0

EQL ALLA ROTAZIONE

6EIδ/(2l/3)2 - 6EIδ/(l/3)2 + 4EIφ/(l/3) +4EIφ/(2l/3) + GItφ/(l/2) + GItφ/(l/2) = 0

Razionaliziamo quest'ultima equazione:

φ(12EI/l + 6EI/l + 4GItφ/l ) + δ(-54EI/l2 - 27/2 . EI/l2) = 0
φ(18EI + 4GItφ ).(EI/EI)/ l δEI/l2(-81/2) = 0
φ(18+ 4GItφ/EI )EI δEI/l(-81/2) = 0, α GIt/EI ⇒ φ(18+ 4α ) = 81/2 . δ/l

δ/l=φ(36+8α)/81

Mentre la prima:

F - 192 EIδ/l3 - 324 EIδ/l3 - 81/2 EI δ/l3 - 27/2 . EI φ/l2 + 54 EI φ/l2= 0
Fl2/EI192 δ/l - 324 δ/l - 81/2 δ/l - 27/2 . φ + 54 φ= 0
Fl2/EI1113/2 δ/l - 81/2 . φ = 0 Fl2/EI1113/2 φ(36+8α)/81 - 81/2 . φ = 0

Fl2/EI = 371/27 (18+4α)φ - 81/2 . φ = φ (371.18/26 81/2 + 371.4/27α )

 φ (1241/6 + 1486/27 GItφ/EI )= Fl2/EI
⇒ φ Fl2 / (1241/6 EI + 1486/27 GIt )

Mentre:

δ= (Fl3 (36+8GIt/EI ) ) / (1241/6 EI + 1486/27 GIt )

con un profilo IPE200 e F=10KN, l=1m

h=0,2 m b=0,1 m
a=0,0056 m e=0,0085 m
I= 1,42 10-6 m4
It=5,164
 10-8 m4
E=2,1 108 KN/m2
G=8 107 KN/m2

δ= 7.2 10-5 m, φ =1.6 10-4

Dalla deformata e i dati esportati da SAP2000 è così convalidata la bontà dei risultati:

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