TRAVE VIERENDEEL - MENSOLA

METODO DELLE RIGIDEZZE – MENSOLA

 

 

Questa è una trave Vierendeel ed ha lo stesso comportamento di un telaio shear-type ( travi infinitamente rigide e quindi resistenti a flessione). Mentre i pilastri sono soggetti a traslazioni provenienti da azioni esterne.

 

Questo telaio si deformerebbe così

Questo solaio può essere visto come uno shear-type ruotato di 90°.

Consideriamo i tratti verticali come travi doppiamente appoggiate.

 

Questa trave è iperstatica ed è soggetta ad un cedimento vincolare δ, da cui si ricavano i seguenti valori del taglio e del momento:

 

M = 6 EI/l² * δ T = 12 EI/l³ * δ

 

TRATTO 1

 

-F + 2T = 0

F = 2T

Applicando i valori notevoli

F = 2 (12 EI/l³ * δ1) = 24 EI/ l³ * δ1

 

δ1 = F l³/24 EI

 

T = 12 EI/ l³ * δ1 = F/2

 

M = 6 EI/ l² * δ1 = Fl/4

 

TRATTO 2

 

T + T – F – F/2 – F/2 = 0

2F = 2T

Applicando i valori notevoli

F = 12EI/ l³ * δ2

 

δ2 = F l³/12 EI

 

T = 12 EI/ l³ * δ2 = F

 

M = 6 EI/ l² * δ2 = FL/2

 

 

TRATTO 3

 

T + T – F -F – F = 0

3F = 2T

Applicando i valori notevoli

3F = 24 EI/l³ * δ3

 

δ3 = Fl/8 EI

 

T = 12 EI/ l³ * δ3 = 3/2 F

 

M = 6 EI/ l² * δ3 =3/4Fl

 

TRATTO 4

 

T + T – F – 3/2 F – 3/2 F = 0

4F = 2T

Applicando i valori notevoli

4 F = 24EI/ l³ * δ4

 

δ4 = F l³/6EI

 

T = 12 EI/ l³ * δ4 = 2F

 

M = 6 EI/ l² * δ4 = Fl

 

TRATTO 5

 

T + T – F – 2F – 2F = 0

5F = 2T

Applicando i valori notevoli

5F = 24 EI/ l³ * δ5

 

δ5 = 5 F l³/24 EI

 

T = 12 EI/ l³ * δ5 = 5/2 F

 

M = 6 EI/ l² * δ5 = 5/4 Fl

 

TRATTO 6

 

T + T – F – 5/2 F – 5/2 F = 0

6F = 2T

Applicando i valori notevoli

6F = 24 EI/ l³ * δ6

 

δ6 = F l³/4 EI

 

T = 12 EI/ l³ * δ6 = 3F

 

M = 6 EI/ l² * δ6 = 3/2 Fl 

 

 

DIAGRAMMA DEL TAGLIO

 

 

DIAGRAMMA DEL MOMENTO

 

 

Ora bisogna calcolare il taglio e i momenti delle shear-type facendo l'equilibrio ai nodi

 

MOMENTI

 

TRATTO 1 VERTICALE

 

 

MV1 – Fl/4 = 0

MV1 = Fl/4

 

TRATTO 2 VERTICALE

 

MV2 – Fl/4 – Fl/2 = 0

MV2 = 3/4Fl

 

TRATTO 3 VERTICALE

 

MV3 – 3/4Fl – Fl/2 = 0

MV3 = 5/4 Fl

 

TRATTO 4 VERTICALE

 

MV4 – Fl – 3/4Fl = 0

MV4 = 7/4 Fl

 

TRATTO 5 VERTICALE

 

MV5 – Fl – 5/4 Fl = 0

MV5 = 9/4 Fl

 

TRATTO 6 VERTICALE

 

MV6 - 5/4 Fl – 3/2 Fl = 0

MV6 = 11/4 Fl

 

DIAGRAMMA MOMENTI VERTICALI

 

Per ricavarci i valori del taglio a questo punto ci basterà fare la somma dei momenti agenti sull'asta dividendoli per la luce e mettendo il taglio in equilibrio

 

TAGLIO

TRATTO 1 VERTICALE

 

Tv1 = (Fl/4 + Fl/4) 1/l = F/2

 

TRATTO 2 VERTICALE

 

Tv2 = (3/4Fl + 3/4Fl) 1/l = 3/2F

 

TRATTO 3 VERTICALE

 

Tv3 = (5/4Fl + 5/4Fl) 1/l = 5/2 F

 

TRATTO 4 VERTICALE

 

Tv4 = 7/4Fl + 7/4Fl) 1/l = 7/2 F

 

TRATTO 5 VERTICALE

 

Tv5 = (9/4 Fl + 9/4Fl) 1/l = 9/2 F

 

TRATTO 6 VERTICALE

 

Tv6 = (11/4 Fl + 11/4 Fl) 1/l =11/2 F

 

DIAGRAMMA TAGLIO VERTICALE

 

Gli sforzi di taglio in un tratto diventano sforzi normali per i tratti ortogonali adiacenti, quindi possiamo disegnare il diagramma dello sforzo normale

 

DIAGRAMMA SFORZO NORMALE

11_GRATICCIO DI TRAVI_26-05-2013

Possiamo parlare di graticcio quando vi è collaborazione tra due sistemi ortogonali di travi. Va distinto dalla gerarchia di travi, nella quale c’è sempre un’orditura principale e una secondaria.

Ne graticcio non vi sono differenze nelle sezioni degli elementi, a prescindere dalla loro orditura e per questo motivo abbiamo momenti d’inerzia pressoché identici nei due assi x e y.

 

Un parametro che assume notevole importanza nel graticcio è la rigidezza torsionale, dal momento che avendo flessione in una direzione, inevitabilmente avremo torsione nell’altra. Il problema della Torsione è legata principalmente alla sezione dell’elemento strutturale poiché nella formula della rigidezza compare il Momento d’inerzia Polare (Ip), diverso a seconda della sezione in esame. Per questo motivo analizziamo un graticcio semplice, comparando i valori delle rotazioni indotte da una forza concentrata a travi di sezioni differenti. Va ricordato, infatti, che la rotazione è indirettamente proporzionale alla rigidezza.

RISOLUZIONE DI UN GRATICCIO

Il nodo ha 6 gradi di libertà: esso può avere 3 differenti traslazioni, secondo i 3 assi x, y e z; inoltre, può essere soggetto a rotazioni intorno ai 3 assi. In questo caso specifico, però, la condizione di carico non genera traslazioni lungo x e lungo y, così come non vi sono rotazioni in x e in z. Le incognite, dunque, sono soltanto due, ossia lo spostamento e la rotazione.

Analizziamo le deformate delle due travi separatamente:

Sulla trave BD la forza F agisce esattamente al centro, quindi la deformata è simmetrica e in quel punto abbiamo uno spostamento δ, ma nessuna rotazione della sezione essendo un punto di tangenza orizzontale. Sulla trave AC, invece, F agisce ad un terzo della lunghezza e, sebbene il punto trasli della stessa quantità lungo z, stavolta non ci troviamo nel punto a tangenza orizzontale della deformata, quindi avremo anche una rotazione della sezione intorno all’asse y.

Per questo motivo separiamo idealmente le due incognite, facendole agire separatamente e sovrapponendo poi i loro effetti.

Analizziamo innanzitutto le due deformate prodotte dalla spostamento δ:

  • deformazione dovuta solo allo spostamento δ per la trave AC:

come detto in precedenza il punto soggetto alla forza F deve abbassarsi senza ruotare. Conoscendo già i valori della rigidezza in una trave doppiamente incastrata possiamo quantificare gli sforzi di Taglio e Momento flettente, concentrandoci in particolare su quelli che agiscono sul nodo:

  • deformazione dovuta solo allo spostamento δ per la trave BD:

anche nell’asta BD soggetta alla sola traslazione il nodo si abbassa senza ruotare, quindi analogamente a quanto fatto in precedenza procediamo rapidamente al calcolo degli sforzi di Taglio e Momento Flettente, i quali per via della simmetria dello schema stavolta saranno identici:

(questi due moment oltre ad elidersi perché uguali in valore assoluto e opposti nel verso, si riferiscono ad una rotazione attorno all’asse x, quindi non verranno presi in considerazione nell’equazione di equilibrio dei momenti)        

A questo punto analizziamo le deformate provocate dalla sola rotazione:

  • deformazione dovuta solo alla rotazione  per la trave AC:

la rotazione imposta al nodo prova un’inflessione nella trave AC e il punto stesso ruota intorno all’asse y. Anche in questo caso, come in precedenza, ci affidiamo a schemi notevoli dal momento che abbiamo già affrontato la questione della rigidezza flessionale e conosciamo i valori dei momenti agli estremi in una trave doppiamente incastrata:

noto il diagramma dei Momenti, possiamo calcolare anche gli sforzi di Taglio:

La flessione della trave AC intorno all’asse y corrisponde inevitabilmente alla torsione di quella BD:

  • deformazione dovuta solo alla rotazione per la trave BD (TORSIONE):

il Momento Torcente agente sulla trave genera due momenti reagenti di verso opposto, cosa non trascurabile per determinare poi il segno di questi due contributi nell’equazione di equilibrio dei momenti:

A questo punto conosciamo tutti i contributi degli sforzi di Taglio e Momento Flettente agenti sul nodo e generati sia dalla traslazione che dalla rotazione. Possiamo, quindi, scrivere le due equazioni di equilibrio:

Risoluzione delle equazione distinte:

Sostituzione di δ/L  all’interno della prima equazione e ricerca dell’incognita rotazione:

 

VERIFICA DEL GRATICCIO SU SAP

Scopo di questo esercizio è quantificare le variazioni degli abbassamenti e delle rotazioni relativi al nodo, punto d’incontro delle 2 travi doppiamente incastrate, al variare delle proporzioni di lunghezza e delle sezioni assegnate agli elementi strutturali. Infatti, come già sottolineato in precedenza, la rigidezza torsionale è direttamente proporzionale al Momento d’inerzia Polare, il quale dipende dal tipo di sezione.

  • Immagine dello schema di partenza

  • la forza F agente sul nodo provoca le deformate qualitativamente descritte precedentemente nella risoluzione a mano:

  • Questi sono i rispettivi diagrammi di Taglio, Momento flettente e Momento torcente:

Ad una delle due travi, quella con la forza applicata ad un terzo della luce, è stata associata una sezione costante in acciaio di tipo scatolare, con spessori ridotti in modo da consentire abbassamenti sensibili che mettessero in evidenza il contributo dell’altra trave. Inoltre, così facendo essa mantiene costante la sua rigidezza flessionale, quindi le differenze nei valori delle rotazioni finali tra i diversi casi studio saranno dovute soltanto al contributo della rigidezza torsionale.

A quest’ultima  state assegnate 3 sezioni differenti con due condizioni di luce distinte, in modo da avere una gamma di risultati relativamente ampia che consentisse un qualunque discorso comparativo.

  • La prima è una sezione scatolare in acciaio:

 

  • La seconda è una sezione rettangolare con la base molto minore dell’altezza:

  • La terza e ultima è una sezione tubolare:

Le stesse sezioni sono state applicate dopo aver dimezzato la luce della trave. Di seguito lo schema iniziale e la deformata:

  • Questi sono i rispettivi diagrammi di Taglio, Momento flettente e Momento torcente:

In queste tabelle sono riassunti i dati esportati da SAP relativi  all’abbassamento  e alla rotazione jdel punto in comune alle 2 travi, nel quale viene applicata la forza agente F.

Le tabelle di sinistra fanno riferimento al caso di luce pari a 6 m, mentre quelle di destra al caso con luce pari a 3 m.

Come prevedibile, nei casi in cui alla trave soggetta a torsione sono stati associati profili chiusi (gli scatolari e i tubolari) essa ha garantito una maggiore rigidezza torsionale, limitando la rotazione del punto d’incontro delle travi.

Ricordiamo che la rotazione è inversamente proporzionale alla rigidezza del sistema, la quale in questo caso è data dalla somma della rigidezza flessionale della trave AC (mantenuta costante) e di quella torsionale della trave BD che abbiamo fatto variare per quantificare il suo contributo ai fini della rigidezza totale.

  •  

10_RIGIDEZZA TORSIONALE_26-05-2013

Affrontiamo il tema della rigidezza torsionale analizzando un sistema tridimensionale, nel quale la perpendicolarità degli elementi presuppone flessione per un piano e inevitabilmente torsione per l’altro.

La struttura tridimensionale è stata modellata sulla base di una 3D Grid. Le travi e i pilastri hanno la stessa lunghezza, ossia 3 m e i 3 elementi rappresentano un corpo unico, caratterizzato da 6 gradi di libertà trovandoci nello spazio tridimensionale. I tre incastri dunque vincolano 3 spostamenti e 3 rotazioni ciascuno, rendendo la struttura 12 volte iperstatica.

È possibile semplificare il sistema sostituendo la trave a sbalzo soggetta ad un carico distribuito con il momento che agisce direttamente sul nodo, ossia il valore del momento flettente sviluppato in corrispondenza dell’incastro dalla trave a sbalzo appena sostituita.

Gli elementi strutturali, come già anticipato, in queste condizioni di vincolo e di carico si comportano in maniera differente: il momento applicato nel nodo genera flessione sulla trave e sul pilastro appartenenti al piano yz, mentre torce la trave che corre lungo l’asse x.

Queste considerazioni qualitative vengono confermate dalla deformata e dai grafici delle sollecitazioni.

  • deformata

  •  Taglio

  • Momento flettente

  • Torsione

Il contributo della trave perpendicolare e della relativa torsione risiede nell’aumentare la rigidezza rotazionale del nodo, in quanto la sua rigidezza torsionale si somma alle due rigidezze flessionali della trave e del pilastro appartenenti al piano xy. Di conseguenza, il Momento agente viene ripartito nelle tre aste in proporzione alla loro rigidezza.

Per quantificare questo contributo sono state assegnate diverse sezioni con la stessa area (170 cm2) alla trave sottoposta a torsione e sono stati raffrontati i dati forniti dal software relativi alla rotazione del punto d’intersezione attorno all’asse della trave stessa.

  • sezioni adottate:

  • tabella relativa ai valori della rotazione:

Nonostante l’area della sezione e il materiale di cui è composta siano costanti, le varie prove hanno dato diversi esiti. Questo perché, come abbiamo più volte sottolineato, a differenti sezioni corrispondono diverse rigidezze torsionali.

 In particolare, le sezioni aperte (la T o la L) sono quelle che comportano le rotazioni maggiori, dal momento che, pur avendo una buona resistenza flessionale (a cui consegue un minore abbassamento, qui non tabellato, del giunto), si comportano in maniera meno performante nei confronti della torsione.

Le tensioni tangenziali (τ) incrementano il loro valore con l’aumentare della distanza dall’asse di torsione; analogamente le tensioni normali, nel caso della flessione, sono massime nei lembi superiori e minime o nulle quando la distanza è vicina allo zero.

Il profilo che ha la miglior resistenza torsionale e, quindi, presenta la rotazione minore, è quello cilindrico, in quanto l’acciaio è distribuito ad una distanza media dall’asse di torsione maggiore rispetto a quella delle altre sezioni.

La scatolare quadrata presenta le tensioni più alte in corrispondenza dei vertici, quella rettangolare in corrispondenza dei lati corti. Invece, il tubolare consente di distribuire uniformemente le tensioni tangenziali su tutta la sua area, ammesso che l’asse di torsione coincida con il centro delle sue sezioni e che il materiale venga sfruttato in maniera più uniforme.

Il modo in cui l’area di materiale è distribuita attorno all’asse di torsione è rappresentata numericamente dal momento d’inerzia polare (Ip), che è inversamente proporzionale alla tensione τ.

RIPARTIZIONE FORZA SISMICA

Un impalcato è infinitamente rigido nel suo piano, ma se sottoposto a forze orizzontali, quali sisma e vento, può subire spostamenti. L’esercitazione vuole farci analizzare come tale impalcato reagisce tramite l’azione dei controventi.

I controventi  vengono rappresentati come molle, dato il loro comportamento elastico che ci permette di considerarli vincoli cedevoli. Ogni molla reagisce alle forze esterne in proporzione alla propria rigidezza che varia a seconda  della sezione e dal numero di pilastri presenti su quel telaio.

Ipotizziamo un impalcato in calcestruzzo armato con pilastri 30x40 cm e altezza 3,20 m diversamente orientati a seconda dell’orditura del solaio. Esso è composto da 10 telai ognuno collegato ad una molla, dove Kv sono i telai verticali e Ko quelli orizzontali.

Stabilito il materiale con il relativo modulo di Young (E=21000 N/mm), la sezione dei pilastri con il loro momento d’inerzia in base all’orientamento, e conoscendo la distanza delle molle dal punto d’origine dell’impalcato, possiamo compilare il foglio di calcolo.

1 CALCOLO DELLE RIGIDEZZE TRASLANTI DEI CONTROVENTI DELL’EDIFICIO

Si prendono in esame uno per volta i telai relativi ad ogni controvento per determinarne la rigidezza , ovvero la forza con la quale si oppongono alla traslazione lungo l’asse

2 TABELLA SINOTTICA CONTROVENTI E DISTANZE

3 CALCOLO DEL CENTRO DELLE MASSE

In strutture non propriamente simmetriche la ricerca del centro delle masse non è intuitiva.

Si semplifica l’impalcato in forme semplici, nel nostro caso 3 aree di cui è facile trovare il baricentro, conoscendo le coordinate di ciascun baricentro e l’area delle forme semplici possiamo trovare il centro dell’intero impalcato

                           

4 CALCOLO DEL CENTRO DI RIGIDEZZE E DELLA RIGIDEZZA GLOBALE

Il centro delle rigidezze (C) è il punto dove viene applicata la risultante delle rigidezze traslanti dei controventi sia lungo l’asse x che lungo l’asse y.

Per trovarlo si sommano le rigidezze verticali Kv-tote quelle orizzontali Ko-tot, e le coordinate saranno:

                             

Trovato il centro di rigidezza ci calcoliamo la distanza di ogni telaio da questo puto (dd), e di conseguenza ci troviamo la rigidezza complessiva a rotazione delle molle

5 ANALISI DEI CARICHI SISMICI

Definiamo la forza sismica applicata nel centro delle masse, come prodotto tra la massa dell’impalcato (W) e il coefficiente di intensità sismica (c)

6 RIPARTIZIONE DELLA  FORZA SISMICA LUNGO L’ASSE X

Il centro delle masse (dove agisce la forza sismica) non coincide con il centro della rigidezza (dove agisce la risultante delle rigidezze del nostro sistema di forze) quindi si genera una traslazione ed una rotazione dell’impalcato.

Troviamo il momento torcente

    

Traslazione orizzontale

    

Rotazione

    

Ora possiamo quantificare come la forza si ripartisce nei controventi

   

  

Analogamente per l'asse y

In conclusione i telai con una rigidezza maggiore assorbono una maggiore forza sismica.

TRAVE DI VIERENDEEL

ESERCITAZIONE 6_RIPARTIZIONE FORZE SISMICHE

Con la seguente esercitazione si vuole analizzare come un IMPALCATO STRUTTURALE, considerato come un CORPO INFINITAMENTE RIGIDIO alle azioni che agiscono lungo il suo piano, si comporti sotto l’effetto di FORZE ESTERNE ORIZZONTALI come ad esempio in questo caso il SISMA; il suo comportamento dipende:

- dai CONTROVENTI considerati VINCOLI ELASTICI CEDEVOLI, assimilabili a molle che reagiscono alle forze agenti lungo il loro stesso piano in proporzione della loro rigidezza;

- dalla distanza tra il CENTRO DELLE MASSE, baricentro geometrico dell’impalcato, e il CENTRO DELLE RIGIDEZZE, dato dalla risultante di tutte le rigidezze.

Questi due aspetti determinano infatti la RIGIDEZZA TRASLANTE Kδ e di conseguenza la TRASLAZIONE δ lungo la direzione della FORZA AGENTE e la RIGIDEZZA ROTAZIONALE Kφe di conseguenza la ROTAZIONE φintorno al CENTRO DELLE RIGIDEZZE.

 

Si è scelto di analizzare il seguente impalcato:

 

Esso è costituito da diversi telai indicati con delle molle KV per quelli VERTICALI e KO per quelli ORIZZONTALI.

Ciascun telaio e formato da PILASTRI in CALCESTRUZZO (E=21000 N/mm2) 20x40cm di base e alti 3,2m i cui MOMENTI D’INERZIA Ix = (B x H3)/12 e Iy = (H x B3)/12 sono rappresentati in figura:

 

STEP 1

Una volta noto il MODULO DI YOUNG (E), l’ALTEZZA DEL PILASTRO, i MOMENTI D’INERZIA (facendo attenzione di utilizzare quello reagente, ad esempio se analizziamo un telaio verticale cioè reagente lungo y dovremmo usare Ix) possiamo calcolare la RIGIDEZZA TRASLANTE Kδ del telaio dato dalla somma delle rigidezze di ciascun pilastro ovvero:

K = 12EI/h3                       Kδ= ∑ Ki

 

STEP 2

Possiamo ora raccogliere ciascuna rigidezza traslante e la rispettiva distanza dal centro O in una tabella.

 

STEP 3

Dobbiamo ora individuare il CENTRO DELLE MASSE, per farlo è consigliabile suddividere la pianta in aree geometriche semplici come ad esempio RETTANGOLI di cui siamo in grado di determinare il BARICENTRO; otteniamo così le coordinate del baricentro di ogni area, ora ci rimane di ottenere le coordinate del centro delle masse attraverso una MEDIA PONDERATA poiché nel nostro caso la superficie totale è stata divisa in 3 aree più piccole abbiamo:

x_G= [(x1* A1) + (x2* A2) + (x3* A3)] / Atot                    

y_G= [(y1* A1) + (y2* A2) + (y3* A3)] / Atot

 

STEP 4

Si passa ora alla determinazione del CENTRO DELLE RIGIDEZZE (C).

Per prima cosa dobbiamo sommare tutte le rigidezze verticali e poi quelle orizzontali; dopodiché dobbiamo fare una media ponderata dove abbiamo:

xC = (∑i Kiv * div) / Kv_tot                       yC = (∑i Kio * dio) / Ko_tot

Ora che il centro delle rigidezze è noto possiamo calcolare la distanza di ogni telaio da C; non rimane ora che calcolare la RIGIDEZZA ROTAZIONALE Kφche è data dalla sommatoria dei prodotti delle rigidezze traslanti di ciascun telaio per la distanza al quadrato di ognuno di essi rispetto a C.

Kφ = i Ki * ddi2

 

STEP 5

Dobbiamo ora eseguire l’analisi dei carichi (allo stato limite di esercizio poiché non si tiene conto di γ), per farlo dobbiamo ottenere il CARICO TOTALE PERMANTE G (somma del carico strutturale e quello permanente, moltiplicata per l’area dell’impalcato) ed il CARICO TOTALE ACCIDENTALE Q (prodotto del carico accidentale per l’area); successivamente ci possiamo ricavare i PESI SISMICI W dalla seguente formula:

W = G + (Q * y)               dove y indica il COEFFICIENTE DI CONTEMPORANEITA’.

L’ultima forza da ricavare è la FORZA SISMICA ORIZZONTALE F data dal rapporto tra i pesi sismici e il COEFFICIENTE DI INTENSITA’ SISMICA c (dipende dalla zona sismica).

 

STEP 6-7

Arriviamo infine a quantificare la ripartizione della FORZA SISMICA ORIZZONTALE Flungo l’asse x e lungo l’asse y per ognuno dei controventi.

Poiché il nostro centro delle masse (dove si applica la forza sismica) non coincide con il centro delle rigidezze il sisma genera sia una TRASLAZIONE δ (una volta u_x lungo l’assex e una voltau_y lungo l’asse y in base alla direzione del sisma) ed unaROTAZIONE φ (anche questa diversa in base alla direzione del sisma).

Dobbiamo quindi calcolare il MOMENTO TORCENTE M, per l’asse x abbiamo M = F *(Y_c – Y_G) mentre per l’asse y abbiamo M = F *(X_c – X_G).

Successivamente possiamo ricavarci la TRASLAZIONE ORIZZONTALE u_x = F / Ko_tot , TRASLAZIONE VERTICALE u_Y = F / KV_tot e la ROTAZIONE φ una volta per il sisma in direzione x e una volta per quello in direzione y (φ = M / Kφ facendo attenzione nell’utilizzare il rispettivo momento torcente).

In conclusione possiamo conoscere la ripartizione della forza sismica sia quando agisce lungo x sia quando agisce lungo y per ciascun controvento.

ASSE X:

        Foi = Koi (u_x + ddoi * φ)

        Fvi = Kvi (ddvi * φ)

ASSE Y:

        Foi = Koi (ddoi * φ)

        Fvi = Kvi (u_y  + ddvi * φ)

Pagine

Abbonamento a Portale di Meccanica RSS